Quell'uomo anziano che chiamano Francesco non è contento della vita che ha vissuto e farebbe chissà cosa per barattarla con quella di chiunque altro.
Lui beve, lo fa per disperazione.
Francesco ha tre figli, chissà se tutti suoi. Si sbaglia chi pensa che non lo sappia.
Ogni volta che gli riaffiora il dubbio si mette a bere.
Consciamente sa di non poter resistere all'evidenza della verità così ha deciso di ucciderla col vino. Si è arreso. Il vino è la medicina che guarisce i brutti pensieri e anestetizza le preoccupazini. Ha un prezzo accettabile e lo si trova ovunque. Per Francesco i problemi non risolti accumulati dagli anni sono troppi. Così il bicchiere di vino viene assunto come una medicina e il gesto meccanico del bere è diventato un riflesso condizionato che scatta senza bisogno di cercarlo, è l'unico gesto che il suo cervello compie automaticamente.
Francesco odia il prossimo e bestemmia Dio. Non va a messa, il bar è il suo ritrovo, ma solo quando è alticcio ha il coraggio di frequentarlo.
E' un brav'uomo, se così si può definire una persona che non ha mai fatto del male a nessuno, e se per male si intendono quei gesti che provocano dolore fisico al prossimo. Certo in questa definizione non viene considerato il dolore che ha prodotto alla famiglia. Da buon padre non gli è riuscito di garantire una vita decente alla famiglia, da buon marito non ne parliamo. La moglie ormai è fuori dal suo controllo e si arrangia come può, i figli bastardi ne sono il frutto, o se vogliamo la disperazione. Ma la vera causa dei suoi mali è la piena coscienza della situazione che non lo fa dormire. Se avesse potuto scegliere lui avrebbe scelto il sorriso, avrebbe donato gioia. Cos'è allora che non ha funzionato? E dov'è cominciato tutto questo? O per meglio dire, come faccio a ricordarmi dove ho sbagliato? Oltre tutto, le sconfitte non gli permettono di lavorare nè guadagnare denaro e come diretta conseguenza è sempre in bolletta.
Così un giorno Francesco accetta il ricatto del prete. Ha sete e un fiasco di vino gratis offerto dal prete che in cambio gli ha solo chiesto di presentarsi in chiesa alla messa, è una vera ricchezza quando si è in bolletta.
Francesco va in chiesa e da bravo credente segue la funzione fino in fondo togliendosi anche il cappello. Al momento della comunione si mette davanti al prete, apre la bocca sdentata e puzzolente e ingoia l'ostia mentre con le mani traccia brevi sgangherati segni che vogliono significare il segno della croce.
Finita la messa, al bar, lucidamente aspetta il prete alla prova della verità. Finalmente è arrivato, con meraviglia di tutti ha pagato il debito e Francesco può prendere in mano il fiasco promesso. Pregustandosi il dolce nettare, prima di portarlo alla bocca si pulisce le labbra e i baffi con la manica, ma viene bloccato dal pensiero del povero Cristo. Soltanto mezz'ora prima, frettolosamente, farfugliando una preghiera, ha inghiottito l'ostia in fretta e furia. Povero Cristo! Allora,con voce chiara, apre la bocca e dice una di quelle frasi che sembrano scaturite dal profondo dei pensieri del più grande poeta e che invece è solo il frutto della sua sete. Con ponderata, tranquilla fermezza, decide che il Cristo va avvertito. Non per fede,ma per rispetto, forse per superstizione. Prima di attaccare le labbra al fiasco lancia un grido nel bar attirando l'attenzione di tutti gli avventori: Cristo stai attento! Cristo scansati! Arriva la piena! E chiudendo gli occhi attacca la bevuta scolandosi mezzo litro senza riprendere fiato.
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