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Elì, Elì, lamà sabactàni?

Picchia senza ritegno la notte
scandendo ore immortali
nel suo rammendare assenze.
Nodi di lacrime echeggiano
come tuoni nell'eclissarsi
del sole al crepuscolo,
quando adagio il dolore
inghiotte l'orizzonte nel vino.
E marcisce il cuore,
urtando sul bordo
d'un bicchiere avvelenato
che non lascia attimi
né respiri tra menti dementi
imbrattate di fumo e alcool.
Sanguina il respiro
nell'affannoso pietoso celarsi
al cospetto della luna
che arresta mari e venti.
E sui binari giri in tondo
illudendo la ragione,
sniffando ghiaccio infelice
in polmoni di cartone.
Stanco cedi alla notte stuprata,
e sulle rive d'un pianto,
trafitto nelle ossa,
s'innalza al cielo
il grido del perdono.



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Opera scritta il 12/12/2013 - 01:31
Da Salvo Romano
Letta n.1194 volte.
Voto:
su 6 votanti


Commenti


Un dolore che scarnifica l'anima il tuo il dolore di chi consapevolmente si fa del male e si annulla,un dolore che alla fine non può che rivolgere il suo urlo stremato al cielo,e domandare (Dio mio perché mi hai abbandonato?) Intensa!!

Claretta Frau 14/12/2013 - 15:38

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