Detesto il dialetto fiorentino.
Nel 1943, mentre con la famiglia ero sfollato sulla montagna pistoiese, arrivarono in paese dei fascisti per un rastrellamento. Parlavano un dialetto con una fortissima accentuazione fiorentina. Il nero delle divise e le grida disperate di quel giorno mi sono rimaste, come marchio d’infamia che per me ha avuto quel linguaggio scurrile e sanguinoso.
La polvere, il sangue, le mosche, l’odore e quell’orribile parlata.
Il fiorentino non è mai stato, per me, la lingua di Dante, ma le orrende grida di quella gentaglia!
Me l’hanno sporcato per sempre!
Mi hanno fatto odiare una parte di me e ora che sono cieco, li odio ancora di più.
Nel 1943, mentre con la famiglia ero sfollato sulla montagna pistoiese, arrivarono in paese dei fascisti per un rastrellamento. Parlavano un dialetto con una fortissima accentuazione fiorentina. Il nero delle divise e le grida disperate di quel giorno mi sono rimaste, come marchio d’infamia che per me ha avuto quel linguaggio scurrile e sanguinoso.
La polvere, il sangue, le mosche, l’odore e quell’orribile parlata.
Il fiorentino non è mai stato, per me, la lingua di Dante, ma le orrende grida di quella gentaglia!
Me l’hanno sporcato per sempre!
Mi hanno fatto odiare una parte di me e ora che sono cieco, li odio ancora di più.
Opera scritta il 27/10/2022 - 18:11
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Commenti
Ringrazio per il riconoscimento e dedico virtualmente il risultato a Sergio Staino (con l'augurio di riprendersi presto) che mi raccontò questo episodio della sua vita, non conoscendomi affatto, in occasione di una cena a Porretta Terme.
Che poi Sergio sia anche il nome di mio padre completa il tutto.
Che poi Sergio sia anche il nome di mio padre completa il tutto.
Glauco Ballantini 08/11/2022 - 21:24
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Splendido testo, complimenti
Mirko D. Mastro 27/10/2022 - 20:10
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