Accadde tutto in silenzio. Il suo silenzio o perlomeno per lui era silenzio.
La scena era chiassosa e sembrava felice, un quadro di ordinaria festosa quotidianità: c'era buon vino e cibo in quantità e c'era l'apparente amore di molte persone. Un amore scontato che si prende e si dà come se fosse normale. Un amore frastornato che è solo la dura scorza, il guscio scivoloso su cui normalmente si muovono le cose d'amore dei ciechi.
C'erano maschere di frasi non dette e risate, c'era la superficie e null'altro. Poi tutto tracollò come era normale che prima o poi accadesse.
Il chiasso si trasformò in rottura.
La rottura divenne sensazione di verità.
Si era formato un varco nella scorza.
Un osservatore attento è sempre coinvolto anche se non vorrebbe, anche se non è la sua strada, la sua vita o il suo varco.
La sua cecità l'aveva persa oltre dieci anni prima.
Sotto la scorza dell'amore dovuto c'era la rabbia. Sotto la rabbia l'angoscia,
sotto l'angoscia c'era la delusione e sotto ancora la solitudine.
Decine di strati di solitudine e poi dolore. Molto dolore.
La luce iniziava proprio sotto il dolore, confine oltre il quale non si era più ciechi e si poteva iniziare a vedere quel meccanismo smisurato e immenso che, chi vi era arrivato, giurava si chiamasse amore.
Risalendo da quel varco si diventava anime di confine, solitarie e silenziose padrone del proprio amore e guide di chi ne sentisse necessità.
Alcuni li chiamavano angeli ma erano soltanto anime che cieche non erano più.
Prese la mano di chi volesse seguirlo in quella discesa che conosceva benissimo in quanto, solo, vi si era perduto almeno mille volte.
Il silenzio.
Rivisse tutto anche se non era il suo varco, soffrí come fosse la prima volta.
Fu un lungo viaggio dentro di sé.
Di nuovo.
Tempo dopo uscirono tutti.
Pianse a lungo, sdraiato sul suo letto e ancora mentre vagava per strada. Pianse a lungo consapevole che la felicità degli angeli assomiglia enormemente al dolore.
La scena era chiassosa e sembrava felice, un quadro di ordinaria festosa quotidianità: c'era buon vino e cibo in quantità e c'era l'apparente amore di molte persone. Un amore scontato che si prende e si dà come se fosse normale. Un amore frastornato che è solo la dura scorza, il guscio scivoloso su cui normalmente si muovono le cose d'amore dei ciechi.
C'erano maschere di frasi non dette e risate, c'era la superficie e null'altro. Poi tutto tracollò come era normale che prima o poi accadesse.
Il chiasso si trasformò in rottura.
La rottura divenne sensazione di verità.
Si era formato un varco nella scorza.
Un osservatore attento è sempre coinvolto anche se non vorrebbe, anche se non è la sua strada, la sua vita o il suo varco.
La sua cecità l'aveva persa oltre dieci anni prima.
Sotto la scorza dell'amore dovuto c'era la rabbia. Sotto la rabbia l'angoscia,
sotto l'angoscia c'era la delusione e sotto ancora la solitudine.
Decine di strati di solitudine e poi dolore. Molto dolore.
La luce iniziava proprio sotto il dolore, confine oltre il quale non si era più ciechi e si poteva iniziare a vedere quel meccanismo smisurato e immenso che, chi vi era arrivato, giurava si chiamasse amore.
Risalendo da quel varco si diventava anime di confine, solitarie e silenziose padrone del proprio amore e guide di chi ne sentisse necessità.
Alcuni li chiamavano angeli ma erano soltanto anime che cieche non erano più.
Prese la mano di chi volesse seguirlo in quella discesa che conosceva benissimo in quanto, solo, vi si era perduto almeno mille volte.
Il silenzio.
Rivisse tutto anche se non era il suo varco, soffrí come fosse la prima volta.
Fu un lungo viaggio dentro di sé.
Di nuovo.
Tempo dopo uscirono tutti.
Pianse a lungo, sdraiato sul suo letto e ancora mentre vagava per strada. Pianse a lungo consapevole che la felicità degli angeli assomiglia enormemente al dolore.
Mf
Racconto scritto il 27/11/2024 - 10:54
Letta n.78 volte.
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Commenti
Non ho parole, anzi sì una...formidabile!! Complimenti per l'analisi fatta su sentimenti, definirei questo, un racconto molto poetico. Complimenti
Anna Cenni 27/11/2024 - 13:05
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