che il velo della luna
a far luce
sul vetro cavo
e poi il motivo lento
della pioggia.
Mi affido al ritmo 
dell'acqua perchè
sa ricomporre
le dentellature nei tuoi zigomi
e i vertici acuti 
delle tue vocali;
mi attengo al limitare del bosco
che porta scritto
sui nodi legnosi e su dorsi di foglia
le volte che
son rimasto seduto
ad attendere una tua chiamata;
ho lasciato il folto della città
lo lascio il più che posso, quando posso,
me ne voglio tornare
dove penso di appartenere:
nei pollini delle mimose,
nel grumo del sottobosco,
nelle radici che scorticano il soffitto,
sotto il balcone di casa tua.
Penso di sapermi accordare
al saliscendi delle tue giornate
e al trillare che produce il tuo cuore
se ad assaltarlo non sono le mie premure;
credi si saperti modellare
all'imbrunire che mi fagocita di giorno
e alle albe che mi sorprendono tra le stelle?
Non c'è che un bagliore
nel campo di fronte ai miei timori,
condensa un pensiero
che di tanto in tanto
riaffiora sul ciglio dove so
che si nascondo le certezze a cui non so dare
un corpo di voce:
apparterrò pure alle crune del lago
all' incespicare e al ricomporsi delle acque,
al volteggiare di ali in alto e all' addensarsi 
di germogli molto più in basso;
apparterrò pure ai canti nel monastero
e al rimbombo delle risa nell'androne della scuola,
all'inchiostro che macera la carta
e alle vie che innervano la mia città,
ma mai ai battiti di un cuore,
che sia di chi sia,
e mi dovrà andar bene per sempre.
Poesia scritta il 27/02/2018 - 21:23Voto:  |  su 2 votanti  | 
	
Roberto L  
 01/03/2018 - 07:20 
Grazia Giuliani  
 28/02/2018 - 20:41 
laisa azzurra  
 28/02/2018 - 10:41 
Michaela Patricie Zaludova  
 28/02/2018 - 10:29 
Mimmi Due  
 28/02/2018 - 08:08 
                        


