Con il fumo delle ciminiere
Dentro,
Labbra secche d’inverni rigidi,
E dedali di ricordi sofferti.
Dove la sabbia
Era tinta dai colori più cuprei
Ed era più voraginosa,
Tu te ne stavi lì,
Genuflessa,
Con le braccia protese
Verso le onde lievi
Che lambivano le tue dita arcuate.
Discese il fulgore del tramonto
Sulle tue gote
E sull’ampiezza del tuo ventre,
Allorché silenziosa,
Stringesti un fuscello d’alloro
E i frantumi di una conchiglia
Marmorea.
All’imbrunire,
Dagli ormeggi dei navigli,
I flutti s’inasprirono
Nella spinta del libeccio
E benché incombesse
La risacca,
Venisti veduta,
Immota,
All’estremità del molo,
Nell’utopica attesa
Che lui tornasse
Dal porto di Sant’Elpidio
(In questo scritto ho voluto narrare il regresso di un individuo dinanzi ad una sciagura.La giusta concezione della realtà è tutt’altro che percorribile.Mi sono focalizzato sulla follia,la meccanica quotidianità e sull’arruffio dei ricordi.Rielaborare un lutto è una questione di tempo per alcuni,una mera chimera per altri)
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