la mia parola si intorpidisce davanti alla voce,
davanti all'oscurità vociferante,
davanti alla densa nebbia,
davanti al vento forte,
davanti alla calma...
riservata sulla mia schiena.
Le gocce di pioggia lavano il rancore,
i miei piedi si perdono nella densità del promettente,
le mie parole restano nella grotta,
in quel vuoto infinito;
tra colpa ed esilio.
Le mie mani attraversano il tempo,
si aprono al futuro,
non percepisco più la sagoma della paura,
aggrapparsi alla mia memoria,
sento solo il calore del ricordo,
il riflesso di una mattina bluastra,
l'ombra verdognola di un albero inequivocabile,
la speranza di un colpo forte,
uno scossone di vita,
come vitalità a cascata.
Sono nel mezzo dell'eternità
un essere sul punto di risvegliarsi,
un'ombra nel mezzo del calore,
un po' di miele nell'amara età.
Chiudo le mani guardando di sbieco,
ingoiando saliva,
usando il secondo come una chiave
in una porta con una enorme serratura,
e sospiro ripetendomi:
C'è ancora tempo!
Siamo ancora veri.
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