Il caso Guidetti
L’ispettore Giulio Rossi, su una segnalazione anonima, si recò sul luogo del delitto, in via dei miracoli, al numero civico diciassette; arrivato sul posto trovò la signora Rosa Guidetti sul letto, completamente nuda e con il volto rivolto su una parte. Da pochissimo separata a Vincenzo Bianco il più noto banchiere della città, nonché sua ex compagna del liceo e la rivedeva in quella situazione scabrosa dopo vent’anni. Se non fosse stato per la patente lasciata sul comodino, l’ispettore Rossi di sicuro non l’avrebbe riconosciuta. Da una rapida e pietosa occhiata i cambiamenti erano notevoli. Quel corpo che aveva davanti, ancora bello, era tuttavia molto più sofisticato della compagna di scuola che ricordava, i capelli erano biondissimi e ricci, quando lui la ricordava con i capelli lunghi, lisci e castani. Gli occhi spalancati erano azzurri, se li ricordava verdi smeraldo; lenti a contatto? Boh, forse aveva scarsa memoria. Il Dottor Mattia Esposito avanzò con passo lento verso l’ispettore e la sua voce alta, lo scosse dai ricordi: “Brutto affare, la signora é morta soffocata col cuscino” e non c’é segno di violenza sessuale, ma era consenziente, ed é morta al termine dell’amplesso, direi quasi in contemporanea. Diciamo che l’assassino, mentre era nel pieno del piacere, ha sommato anche quello di una mente contorta e sapeva benissimo come voleva terminare il suo gioco di sadismo. L’ispettore Rossi lo guardò togliendosi gli occhiali e disse: “Eravamo stati al liceo assieme, per cinque anni; ricordo che aveva una passione fortissima per la matematica, faceva tutti gli esercizi con la facilità con cui si passava il rossetto sulle labbra. Beh, Dottor Esposito, mi ha fatto una certa impressione rivederla così, dopo tutti questi anni! Poi, si affrettò a coprirla col lenzuolo. Gli ritornano in testa, immagini lontane che affiorano progressivamente, di quando era pieno di capelli neri e ricci, magro e non con la pancetta come adesso a quaranta anni; tutta colpa dell’alimentazione ai fast food, panini pieni di schifezze, di giorno e di sera, senza mai fare un pasto decente, come dio comanda. Inoltre, anche quando rientrava a casa tardi, apriva il frigorifero e giù, quello che trovava, mangiava. Forse era anche colpa di quei ripensamenti con Giulia, se l’avesse sposata, in fondo l’amava, e invece, al momento rifiutava addirittura la sola convivenza, ma, prima o poi, lei l’avrebbe mollato, voleva una famiglia, ma ora bisognava occuparsi del caso Guidetti, non fosse altro che per tutti i biglietti con le soluzioni matematiche che nei cinque anni gli aveva passato. Intanto gli agenti della scientifica, hanno analizzato tutte le tracce sul luogo del delitto e raccolte tutte le prove, mettendole in un sacchetto; infine hanno filmato la camera da letto, dove si è consumato l’efferato omicidio, per rivederlo alla moviola, nel caso sia scappato qualche indizio e di non lasciare nulla al caso. Nel suo ufficio l‘ispettore Rossi iniziò a studiare tutti gli elementi che aveva a sua disposizione e iniziò la costruzione del suo puzzle, ma ce ne erano quattro che non combaciavano con il resto; il primo tassello: Era stata sposata per dieci anni e separata da appena sei mesi. Secondo tassello: il marito aveva un’altra giovanissima donna di trent’anni, polacca, che attualmente abitava con lui da subito dopo la separazione. Rosa l’aveva presa molto male, poi aveva iniziato, forse per vendicarsi, a fare una battaglia prettamente economica, dal momento che avevano la comunione dei beni e il patrimonio attuale, l’avevano realizzato insieme. Lei aveva lavorato in un atelier occupandosi di amministrazione. Quando Vincenzo, il marito, le aveva comunicato le sue intenzioni circa la separazione, dopo i litigi, Rosa si era precipitata da un avvocato di fiducia, un certo De Lucia Ludovico e aveva iniziato la sua battaglia di parte offesa. Abitava in un attico con tanto di giardino pensile, in via dei miracoli; non era una ruba mariti, le ci teneva all’integrità matrimoniale e per ripicca incominciò a frequentare giovani scapoli ed uno era suo assiduo frequentatore, l’ ottico Manna Federico, trentacinquenne di bella presenza, con lavoro attualmente precario e siamo arrivati al terzo tassello. L’ottico Manna fu interrogato, ma per quella sera aveva un alibi di ferro, era a casa di sua cugina Eleonora che aveva avuto le doglie proprio mentre era lì ed è corso ad accompagnarla in sala parto, mentre il marito era fuori città per affari,, subito informato saliva sull’aereo dalla moglie e futura mamma. Così che il buon Federico aveva iniziato in anticipo la sua funzione di zio, assistendo la cugina e andando su e giù per il corridoio della maternità in grande agitazione e responsabilità, tutti lo avevano visto in ospedale e lo ricordavano in maniera buffa e simpatica. Il giorno dopo fece il terzo grado al Sig. Vincenzo Bianco e l’ispettore Rossi si accorse che il banchiere aveva la sua stessa età, ma era tutt’altra persona, fisicamente s’intende. Molto palestrato, molto curato, sia nell’abbigliamento che nel fisico, oltre ad essere un uomo garbato, ed era anche troppo facile capire perché Rosa si fosse innamorata di lui. Bianco disse che non vedeva né sentiva la sua ex moglie da mesi, perché i loro rispettivi avvocati si occupavano dei loro beni e che quella famosa sera era stato tutto il giorno in banca e la sera in compagnia della sua nuova compagna Katarzyna che abitava in casa sua da subito dopo che Rosa era stata costretta ad abbandonare le mura domestiche; con un certo orgoglio aggiunse che lo avrebbe reso, per la prima volta, padre. All’ispettore non piacque affatto l’aria di sufficienza del bel Vincenzo, sicuro di sé, del suo portamento e del suo fascino. Che diamine uno che sposa una donna, ci vive per dieci anni insieme e, anche se poi s’innamora di un’altra, dovrebbe essere almeno dispiaciuto, costernato per l’omicidio di sua moglie. E invece si limitò a dire: “Cerchi fra i suoi giovani amanti, e troverà l’assassino”. L’ispettore Rossi rivide più volte il filmato della stanza da letto, era ordinatissima, tutto era al suo posto, non era mancato nessun gioiello, nessun quadro o altro oggetto di valore. Sotto i suoi occhi si presentarono tantissimi vestiti, lunghi, corti, di colori di cui non conosceva neanche l’esistenza e non avrebbe saputo come definirli, per non parlare delle scarpe. Pensò a Giulia e ai suoi quattro vestiti. Comunque Rosa aveva avuto sempre buon gusto nel vestire ed era molto ambiziosa, la ricordava così. Tassello numero quattro nel sacchetto delle prove, ci trovò quaderni con contabilità, fatta a mano, riconobbe la sua scrittura numerica, precisissima, senza neppure un baffo con la penna; numeri, numeri e solo numeri. Un diario rosa, come il suo nome, quasi infantile, in una scrittura quasi incerta, a volte tondeggiante e grande, a volte piccola ed iniziò a leggerlo. Era di Rosa non aveva dubbi. Raccontava la sua vita degli ultimi sei mesi. Rammentava l’amore per il marito come se fosse stato il primo giorno. Narrava del rapporto stupendo con Federico dopo la separazione e in quell’ultimo mese ancora con il marito Vincenzo, a detta di lei stupendo, forse perché possedeva il profumo dell’incontro clandestino. Ancora non avevano ricevuto notizia dagli avvocati, ma Vincenzo ci aveva ripensato, l’amava ancora e voleva tornare con lei. Katarzyna, anche se era incinta, non rappresentava niente per lui, poteva essere solo una questione di danaro, avrebbero tenuto quel bambino che assieme non avevano avuto e Katarzyna sarebbe stata liquidata con una bella somma. Infatti chiese a Rosa di tornare con lui e togliere di mezzo gli avvocati e le pratiche di separazione. Se le cose non andavano per il verso giusto Vincenzo aveva un piano b: quello di eliminare Rosa e avrebbe avuto la polacca, il bimbo, e le sue finanze si sarebbero ulteriormente rimpinguate con la parte della ex moglie, senza contare che non avrebbe più dovuto passarle il cospicuo vitalizio. Bastava solo fare le cose per bene, era sicuro che Rosa fosse presa ancora da lui e in più contava sul proprio fascino per riconquistarla. Dopo aver letto il diario rosa l’ispettore Rossi sorrise e con aria soddisfatta disse ad alta voce: Rosa, lo hai incastrato col diario, mi dovrà spiegare perché mi ha detto che interloquivano solo gli avvocati, quando invece, lui faceva l’amore qui sul tuo letto e che quel giorno era venuto anche per ricevere la risposta della sua richiesta. Che tu intendevi rifiutare, a tuo dire, “ormai abituata ad essere una donna libera” e amavi quel rapporto di clandestinità che dopotutto era molto eccitante. Glielo avresti detto mentre facevate l’amore, come riportava la fine del diario. Dovevo scoprire il tuo assassinio, per tutti i foglietti che mi hai passato, te lo dovevo proprio e mi dispiace, nella scelta della tua vita, non hai avuto il tuo solito fiuto, hai scelto le mani sbagliate. Sappi che il tuo caro marito non mi é piaciuto per niente da subito, troppo perfetto per essere vero, se ci fossimo rivisti prima, di sicuro ti avrei messo in guardia, ti ricordo come una bella persona e non meritavi questa fine. A quel punto decise che era arrivato il momento di fare qualcosa per se stesso; quella stessa sera avrebbe cenato a casa di Giulia e le avrebbe chiesto di venire a vivere da lui.
Racconto scritto il 25/08/2016 - 12:11
Da Savino Spina
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Commenti
Mi rendo conto, che la storia non ha tutti i crismi del genere giallo; il mio è stato un bonario tentativo all'approccio di un genere, che ho trattato la prima volta. Naturalmente è lo scotto iniziale da pagare, per inesperienza in questa categoria. Mi sento un principiante, dove ho letto i maradona di questo settore letterario. Avrei potuto fare meglio, si può sempre fare meglio! L'essenziale è provarci, poi l'esperienza ci viene in soccorso per darci una mano.
Savino Spina 26/08/2016 - 20:04
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Bel racconto
Sildom Minunni 25/08/2016 - 14:10
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