Nel mondo delle chiacchiere e degli sberleffi il non senso valeva più del senso. Ognuno si esprimeva in maniera assai personale. Si andava in giro nudi oppure troppo coperti. Non v'era alcuna censura nella terra fantastica di: "non siamo cio' che dovremmo essere, ma ci esprimiamo come vogliamo..." Si leggeva, si giocava e soprattutto ci si amava. Ognuno in piena libertà sceglieva il lavoro che più gli si confaceva e ciò di si cui aveva bisogno lo si trovava in giro. Inoltre, si poteva conversare con gli animali e qualcuno se gli andava si esprimeva al contrario. Gli uccelli cinguettavano, parlavano e gli umani avevano la facoltà di miagolare, abbaiare, nitrire: solo pochi ruggivano e belavano. Era tutto semplice e comprensibile. Qualcuno leggeva il pensiero, (anche se non ce n'era bisogno perchè vi era una tale empatia nel popolo,che comprendere i bisogni e i desideri degli altri era un piacere.) Le persone avevano la liberta' di scegliere quando e come ridere, urlare o amare. Tutto era di tutti e nessuno era meno di un altro e tutti erano di tutti e per tutti. Il mondo che vorrei, pensavo e intanto mi allontanavo da una realtà che non mi piaceva. Naufraga, alla ricerca di un suolo incontaminato e vergine, mi riscopro funambola e sotto trovo un vuoto: un incolmabile nulla esistenziale. Quel niente che vorrei sopprimere. Un giusto compromesso fra passato e futuro. Rifletto su quello che mi abbrutisce. Ricerco anche un piccolo inutile e sbeffeggiante neo che possa spiegarmi cosa effettivamente provo e voglio. Ora nulla è lasciato al caso e tutto pare che vada per il suo verso. Eppure mi sento imprigionata in inutili gabbie, ma non sono molto convinta che sbarre e catene mi rendano un essere pensante e libero. Improvvisamente comincio a volermi bene e a piacermi. Anelo a ciò che mi migliora e cerco il brutto da valorizzare. Mi accorgo che nulla può essere più ridicolo di un sole con le tendine o di una luna colorata di giallo. Allora si, inneggio all'imperfezione e le rendo lode. Osanno i miei difetti. Aiuto lo storpio a privarsi della propria immobilità. Brucio fiocchi, merletti e luoghi comuni, che in comune hanno solo le solite cose, poi mescolo oblio, confusione e rinasco dalle ceneri, come un'araba fenice dal fulgido piumaggio. Sento un forte odore spandersi nell'aria. Sono i miei sogni che prendono volto e si materializzano. Non credo in chi afferma che il senso non abbia senso senza un senso. Più ci penso e più comprendo che per vivere bene non bisogna necessariamente fare cose sensate. Agendo senza un comune senso, scuoto il mio sesto senso assopito. Lo desto dal torpore e assieme ad esso entro nel mondo delle chiacchiere e degli sberleffi. Lì ci trovo il mio non senso, che mi pare tanto più sensato del comune buonsenso...
Racconto scritto il 27/09/2017 - 16:25
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Commenti
Mi piace molto lo sviluppo del tuo racconto, diciamo intimistico; ma non solo. Si legge tutto di un fiato, e il tutto assume per me molti significati, e importanti spunti di riflessione. Brava
Francesco Gentile 28/09/2017 - 23:20
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Ho dimenticato il voto!
Grazia Giuliani 28/09/2017 - 16:32
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Mi è molto molto piaciuto...
una riflessione dietro l'altra e sopra a tutte " che ognuno sia quel che è "...
Brava... complimenti
una riflessione dietro l'altra e sopra a tutte " che ognuno sia quel che è "...
Brava... complimenti
Grazia Giuliani 28/09/2017 - 14:37
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