Ho seguito l’esempio dei grandi imprenditori; anch’io, come loro, ho delocalizzato dove il salario è più a buon mercato.
Dapprima sono stato in Romania, di seguito, seguendo l’ispirazione ho battuto tutto l’est europeo. Non del tutto soddisfatto del rapporto “prezzo prestazioni” ho scavalcato l’oceano facendo rotta verso Cuba e poi il Brasile.
La brama del minor prezzo abbinato alle migliori prestazioni mi spinse a visitare anche le mitiche “Tigri Asiatiche”.
E, finalmente, in una di queste trovai il paradiso del piacere abbinato ad un costo della manodopera bassissimo.
La Thailandia è la fabbrica del godimento a buon mercato. Qui, dove ho potuto soddisfare la mia brama di sesso a tutto tondo, decisi di delocalizzare quel che resta della mia vita: in verità ben poco.
Alla spietata e cieca ricerca del piacere spinto sin oltre l’estremo limite, osai l’inosabile; gettando alle ortiche paure e raccomandazioni, oltre alle elementari protezioni, assaporai il brivido del piacere socialmente criminale.
Un ripugnante doppio interiore governava ogni mia azione. Senza alcuna remora violavo con voluttà lato A e lato B di ragazzine ancora in bocciolo; il desiderio di provare sempre nuove e più pregnanti forme di piacere, era diventato il mio quotidiano nutrimento, la droga di cui non potevo più fare a meno: transessuali, ragazzini, giovinette, vecchie bagasce; la caccia a ogni corpo penetrabile dal mio schifoso arnese sessuale, questa era la mia agghiacciante missione. L’ossessione immorale che ha innescato il disastro fisico totale.
Ed ora son qua, disteso in un letto di questo scalcinato e lercio ospedale di una citta della quale non so nemmeno pronunciare il nome, in attesa che l’AIDS completi il suo sporco e per nulla gradito lavoro.
Ho delocalizzato tutto… anche la morte!
FINE
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