la completezza del mio essere.
Non basta semplicemente che io mi avvicini al mare, sento il bisogno di immergermi in lui, è come un martello pneumatico che batte forte alla mente.
Un giorno scendendo nelle sue profondità, sentii strani suoni, sembravano tante arpe suonate da sirene, ma erano solo rumori del silenzio che accompagnava la mia immaginazione.
Guardai il mio profondimetro: quaranta metri.
Mi persi davanti ad un scenario mai visto, un infinità di colori su una superficie rocciosa, con tanti fiori di ogni tipo; al mio avvicinarmi alcuni si chiudevano, altri si sbriciolavano tra le mani.
Quanta meraviglia, vorrei poter scrivere queste sensazioni così, come le provai insieme a tante creature curiose più di me, che si mostravano nella loro bellezza.
All'improvviso davanti a me scorsi due grandi occhi che mi guardavano.
Furono attimi di terrore perché non individuando la creatura, il mio pensiero corse a uno squalo. La paura mi assalì, il cuore sembrava voler uscire fuori dal petto.
Pensai al peggio.
Ma non era uno squalo, quegli occhi sorridenti appartenevano ad un delfino che cominciò a girarmi intorno curioso.
Mi avvicinai per toccarlo, carezzarlo, e lui si lasciò toccare, mi invitava al gioco spingendomi col muso.
Per me si trattava di un gioco pericoloso perché la sua forza incontrollata mi spingeva forte verso la superficie, mentre io avevo bisogno di tempo per procedere alle mie compensazioni.
Le sue intenzioni erano pacifiche, ma per me era pur sempre un pericolo.
Costretto, lo spaventai con le bolle d'aria dell'erogatore.
Mi pianse il cuore ma fu la mia salvezza, per poco quel gioco non si è trasformò in tragedia.
Da questa esperienza è iniziata la mia malattia.
Non c'è cura se non quella di immergermi nelle profondità del mare, scaricare tutte le tensioni parlando col silenzio.
Qui trovo la mia serenità, la completezza del mio essere.

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