SASSO
figlio inerme
della terra.
Freddo spirito
senza colpa,
sacrificato al talamo
d’un pozzo di pietra.
Martire
d’un piacere perverso,
strappato dal seno
della Madre,
confinato nel buio
fra le fauci dell’ignoto
schiacciato nel gelo
d’un triste abbandono.
Immobile,
confuso scherno inerte
al gaudio d’aria,
fra le braccia del tempo
fedel tuo compagno.
Riaffiora la memoria
d’una luce ormai lontana.
E taccion le voci.
Tempo spento
nel silenzio.
Attesa.
S’ode un tonfo
d’improvviso.
Nulla più.
Un sordo riverbero
nella quieta solitudine.
29/10/2014
Paolo Muccio
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Aurelio Zocchi: credo che la poesia in sé sia una forma d'arte che, come la musica, riesca a tirar fuori il meglio dell'animo umano. ll tema della solitudine è un tema quantomai ricorrente, oggi soprattutto, ed in generale essa rappresenta la piaga più maligna in grado d annientare un uomo. L'esperienza del sasso è racchiusa i realtà nei pochi secondi che lo separano dalla caduta. Credo non ci sia figura più debole ed indifesa in questa peculiare situazione. Da li l'idea di premiare questo suo atto di coraggio. Il sasso per me è un martire della solitudine. Grazie mille per avermi letto.
Genoveffa: sei sempre presente ad ogni mio componimento. Ho finito la scorta di grazie. Persone sensibili come te in grado di farsi catturare così ne ho conosciute davvero poche :)
Ciao
Aurelio