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Fatina

Per caso t’incontrai in quel paese
ove mai pensato avrei m’innamorassi
quando saltavo tra quei fossi e sassi
e, lesto, preparai il mio maggese.


Trascorso abbiamo già cinque cinquine,
di cinquina la sesta già cammina
e tu rimasta sei quella Fatina
ch’io intravidi quel dì tra le tendine.


In questi cinque già passati lustri
migliore non potevi farmi dono:
Gioielli son dal viso dolce e buono
quei cinque che donato m’hai di Astri.


In quest’anni di mutato hai solo gl’anni.
Per il resto sei com’eri: Dolce e buona
com’allora ,dolce sei tuttora e buona
e mutato manco t’hanno i grand’affanni.


In trent’anni andati via divenuta
sei maestra di bontate e di dolcezza,
nell’alma tua c’è sempre giovinezza
e sempre sei colei ch’amor non muta.

Tanta tristezza mi riempie il cuore
il ricordo dei dì passati invano
quando tu, dolce com’ora,piano piano
mi donavi te stessa a tutte l’ore.


Sol mi consola l’accresciuto affetto
e, le mie colpe un poco sminuisce
perchè, per te, l’affetto non svanisce
ma rafforzar lo sento nel mio petto.


Or mio è il tuo male se malata sei,
se piangi tu, nel cuore lacrim’anch’io,
se stanca sei, ahimè, stanco son io,
contento son pur’io se tu contenta sei.


Tanto m’hai dato e tanto poco ho dato!
Ah! se potessi indietro ritornare
amor d’amore tornerei ad amare
e sempre più vicino ti starei,
come al padrone il cagnolin fidato.




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Opera scritta il 04/10/2011 - 20:16
Da nello maruca
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