<<È possibile localizzarla?>>
<<Secondo Le Cartier, è possibile localizzare lo Z720y.>>
<<Ma dubito che abbiano commesso lo stesso errore di Sharley.>> Così Le Cartier fece il suo ingresso. Era un uomo alto e magro sulla cinquantina, i lineamenti del volto erano severi e spigolosi. <<Queste sono le carte di cui avrà bisogno. J75 potrà decifrarle.>> Disse ancora Le Cartier, col suo forte accento francese e la voce lievemente gutturale.
D420 si concesse qualche secondo per riflettere. Arrivare al comando beta, la sede di Parigi dell'I.G.C.A, non era stato affatto semplice. Poi c'erano le notizie apprese su questa nuova organizzazione criminale, che si stava rivelando una vera spina nel fianco. Per di più l'ultima serie di eventi, si era svolta sul suolo Francese e Velloi, il doppio di Mallhoy si era arrogato il diritto di dirigere e operazioni e di affiancarli un agente operativo. Quest'ultimo aspetto, però poteva rivelarsi anche un bene, perché K11 sembrava davvero in gamba e poi aveva già avuto a che fare con la GIS.
Il primo agente incontrato all'interno del comando beta, nonché il primo a cui si erano rivolti, era stato Le Cartier, per la particolarità dei dati coinvolti nella missione e Le Cartier ed in seguito il suo doppio, erano diventati i referenti suoi e di J75. Le brutte notizie, per Nick dovevano ancora arrivare. Fino a quel momento, infatti per lui sembrava tutto nella norma, avrebbe dovuto rivolgersi a Velloi, in quanto nuovo referente dell'operazione e lavorare con K11, e aspettava ulteriori istruzioni da Mallhoy, che restava sempre il suo capo.
Nel pomeriggio arrivò un comunicato da Mallhoy, il quale approvava in pieno la strategia di Velloi, e le modifiche che questi aveva apportato. Nick apprese la notizia con rabbia, poiché secondo le nuove disposizioni di Velloi, una volta intercettato il microfilm, quello vero, sarebbe stata K11 a recuperarlo. La cosa che più lo fava infuriare, era il fatto che Velloi avesse fatto sentire la sua voce solo sulla carta e neanche si era degnato di farsi vedere. Fino all'ultimo aveva sperato nell'intervento di Mallhoy, ed invece niente. Nick odiava essere tagliato fuori da una missione, comunque a lui spettava ancora un compito, localizzare e distruggere lo Z720y.
Facile a dirsi, ragionò ma per il momento non poteva fare altro che aspettare, aspettare che la sezione ET627, Del comando beta, localizzasse il file e che K11 recuperasse il microfilm.
Ci vollero due giorni, prima che potesse entrare in azione.
Aveva perso i contatti con K11 da circa un paio d'ore, da quando cioè erano entrati in quel vecchio magazzino. L'idea era quella di giocare sull'effetto sorpresa, ma qualcosa era andato storto. Dov'era finita Jacqueline? La domanda gli attraversò la mente come un lampo, mentre si voltava. Il suo avversario era lì davanti a lui, i suoi occhi erano freddi come il marmo e il suo sorriso beffardo, tagliente come la lama di un coltello. Si guardò intorno cercando delle vie di fuga. Il suo avversario fece un passo avanti e cercò di colpirlo. Si mosse cercando di evitarlo, ma la sorpresa rendeva i suoi movimenti meno fluidi del solito. Se ci fosse stato più spazio! Rispose al colpo e cercò di evitarne un altro. La stanza era fin troppo buia, per i suoi gusti e il suo avversario ben più veloce di lui. Sudava freddo. Ad ogni colpo poteva sentire l'aria che si spostava. Tutti i suoi sensi erano in allerta. Secondo il rivelatore di Le Cartier, era da quella stanza che venivano i segnali dello Z720y, ma per lui, ora quella stanza aveva perso di significato. Come se fosse stata inghiottita nella nebbia, in quella nebbia, fatta di sudore ed ansia, così densa da poter essere percepita con la vista e col tatto, così pesante da respirare che ad ogni movimento sentiva una fitta al torace. Gli mancava l'aria, ma l'altro sembrava pienamente in sé. Si muoveva a scatti, colpiva, si spostava, colpiva di nuovo, cercava di dare un ritmo a quella danza improvvisata e violente. Il suo avversario sembrava una macchina, assolutamente immune alla fatica. Si mosse per evitare un colpo e alzò una mano, per afferrare il braccio dell'avversario, ma quello fu più veloce di lui e Nick cadde. Era a terra. Quello fu il suo ultimo pensiero coerente. Poi fu la disperazione ad agire per lui. Afferrò la caviglia del suo avversario con tutta la sua forza residua, fino a farlo cadere a sua volta. La stanza, coi suoi computer e il suo scarno mobilio, tornò ad interessargli. Aveva qualche secondo di vantaggio. Si alzò rapidamente, doveva nascondersi, ma un altro colpo lo riportò a terra. E poi un altro. Il suo avversario era irriducibile. Nick ormai allo stremo annaspava. Pensieri coerenti non ne aveva più, e malgrado non fosse lusinghiero, per un agente operativo, sotto quella pioggia di colpi, dal ritmo serrato la paura aumentava. Rotolò da un lato e cercò di rimettersi in piedi. Barcollava, ma non si sarebbe dato per vinto, non ancora. Si avventò con tutte le sue energie e la sua disperazione sul suo nemico. Quella era una lotta impari e avrebbe dovuto giocare d'astuzia, ma la sua mente era annebbiata. Colpì e colpì ancora, colpiva alla cieca, senza fermarsi, in una tetra sequenza di calci e pugni. Continuò fino a quando non vide il suo nemico vacillare. A quel punto si buttò a terra e rotolò su di un fianco. Balzò in piedi cercando riparo dietro ad un armadio. La costrizione al petto aumentava, mentre estraeva la sua Penny dalla fondina. Era ammaccato, contuso e poco lucido, ma sebbene non potesse vederlo sapeva che lo stava cercando. In quel silenzio irreale, anche lo sguardo faceva rumore. Ogni muscolo di Nick era teso allo spasmo e il suo udito era acutissimo. Sentiva il respiro dell'altro, sentiva i suoi passi che si avvicinavano, era in trappola e aveva una sola via di fuga. Il suo nemico era sempre più vicino. 1...2...contò mentalmente, poi uscì allo scoperto, la sua pistola stretta nel pugno, esplose un colpo.
Un rumore secco ed un tonfo squarciarono il silenzio.
Si avvicinò al computer. Aveva poco tempo. Sparare era stata una mozza azzardata. Ma era anche l'unica carta che poteva giocarsi. Furono attimi di tensione mentre riusciva ad estrarre il dischetto e a cancellare i dati. Aveva imparato le istruzioni di Le Cartier a memoria ma non servì a rendergli meno difficoltoso il compito.
Aveva un nuovo orologio al polso. Uno normale. Uno sguardo al quadrante gli confermò che non aveva più tempo. Doveva trovare Jacqueline e subito. Afferrò il dischetto e uscì dalla stanza. Un rumore concitato di passi lo mise in allarme, ma ormai la sua mente era tornata lucida, sfruttò una rientranza nel corridoio e vi rimase finché gli uomini che lo stavano cercando non furono passati oltre. Ma restare lì, schiacciato tra il muro e quella pila di casse, gli fece perdere secondi preziosi. Guardò l'orologio, meno di due minuti e la bomba che avevano piazzato per coprirsi le spalle sarebbe esplosa e loro con lei. I suoi sensi erano di nuovo in allerta, ma non sapeva dove cercarla. Arrivato alla fine del corridoio girò a destra. Doveva essere quella la direzione giusta, altrimenti sarebbe stata la fine, non avrebbe fatto in tempo a tornare indietro e cambiare strada per cercarla altrove. Mai.
Il corridoio si faceva stretto e buio. Aveva sbagliato strada. Lì non c'erano né porte né vie d'uscita. Dannazione! Cercò di tornare indietro. Inutile era inutile, ma restare lì lo era di più. Avrebbe fallito, ma almeno avrebbe tentato. Girò su sé stesso e cominciò a correre, ma un rumore lo bloccò. Restò immobile, i muscoli tesi, pronto a captare il più piccolo segnale. Il colpo si ripeté. Cercò di localizzarlo. Sembrava provenire da uno spesso pannello in acciaio. Si avvicinò, ora il rumore era più forte. Jacqueline! Pensò. Cercò di aprirlo, ma non vi riuscì. Il tempo scorreva sempre più in fretta e lui sentiva ogni dannato secondo martellargli in testa. Maledizione! Così non andava. Il tempo si faceva sempre più tiranno.
Poi gli venne un'idea. Sbagliata? C'era solo un modo per scoprirlo.
<<Fatti indietro!>> Urlò. Ormai non aveva più forze. Da un graffio sulla fronte, un rivolo di sangue scendeva bruciandogli come lava. Aveva parecchie ossa contuse e forse qualcuna rotta. Sentiva di nuovo quella costrizione al petto. Sentiva i secondi diventare sempre più incalzanti, fino a confondersi col suo battito cardiaco. La sua idea doveva funzionare, non aveva alternative. Estrasse la sua penna laser e cercò di aprire un varco nel pannello.
Funzionò. Jacqueline, stava bene, tutto sommato anche se aveva riportato qualche graffio.
<<Dovrei darle un nome>> Buttò lì, indicando la penna.
<<Perché?>> Chiese K11, basita.
<<È la seconda volta che mi salva la vita.>>
<<Veramente avrebbe salvato me.>> com'era surreale quella conversazione.
<<Cosa credi che sarebbe accaduto se Velloi mi avesse visto tornare solo?>> Fece un respiro. <<Andiamo, altrimenti sarà troppo tardi.>>
D'impeto K11 si alzò sulle punte e baciò D420, all'angolo della bocca. Di più non poteva permettersi, quello non era il momento e Nick non era tipo da apprezzare smancerie.
Lui le prese la mano e cominciarono a correre. Era quasi impossibile, dovevano tornare indietro e avevano perso secondi preziosi. Perché non gli era venuta in mente prima l'idea della penna? Perché era un idiota, ecco perché! Si disse mentre correva. Lei era al suo fianco, e si stavano giocando il tutto per tutto. Forse non ce l'avrebbero fatta, ma lui aveva fatto il suo dovere, fino in fondo. Mancava meno di un minuto.
La speranza cominciò a riaccendersi in Nick, aveva visto una possibile via di fuga, un po' rocambolesca, ma fattibile.
Ma la speranza sfiorì quando vide tre uomini armati, dirigersi verso di loro. Era finita, pensò. Ma quello non era il momento di pensare. Afferrò Penny e premette il grilletto. I colpi esplosi richiamarono l'attenzione di altri due uomini, ma ormai anche K11 aveva estratto la pistola. Le fece un gesto e si diresse verso la finestra che aveva scorto prima. K11 gli copriva le spalle. La finestra aveva delle sbarre, ma lui estrasse...Becky...quel nome gli era venuto così, riemerso da un mare di ricordi dolorosi, ma il dolore era meglio di dimenticare, o no? Ma non aveva tempo di pensarci. Tagliò le sbarre col laser e disse a K11 di sbrigarsi. Mancavano 30 secondi o poco meno. Prese Jacqueline per mano e non appena furono fuori cominciarono a correre. Raggiunsero la macchina pochi istanti prima che la bomba esplodesse.
<<È finita.>> Disse Nick, mettendo in moto, ma non poté trattenere una smorfia di dolore.
<<Hai il dischetto?>> Chiese K11.
<<Sì.>> Lo estrasse dalla tasca.
<<Bene.>> Le parole non venivano facili e la conversazione languiva. Ma come poteva essere diversamente, dopo essere scampati all'inferno, con ancora le menti annebbiate?
<<Signore? Ecco il dischetto.>> Nick entrò nello studio di Mallhoy, col suo solito incedere sicuro. Sedette su di una poltrona, poggiò Penny sulla scrivania e si accese una sigaretta. <<A lei, l'onore di distruggerlo.>> Disse ancora, porgendogli il dischetto.
<<Ben fatto, D420.>> Mallhoy si alzò pacatamente, fece il giro della scrivania e s avvicinò allo schedario.
<<La sua nuova missione.>>Nick sorrise, alzandosi a sua volta.
<<Buona giornata Signore.>> Recuperò fascicolo e pistola e fece per uscire.
<<D420? Cos'è quella che tiene nel taschino?>> Da acuto osservatore, aveva notato che a posto del solito fazzoletto, vi era una penna.
<<Questa? Semplicemente Becky.>> Rispose irriverentemente.
<<Perché gliel'ho chiesto?>> Il tono era rassegnato, mentre scuoteva la testa con sconcerto
<<Non saprei, signore.>> Rispose semplicemente ed uscì
FINE
Ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale, in quanto il racconto è frutto della fantasia dell'autrice.
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. Complimenti Marirosa, molto brava!!!