Quanto arrivò in albergo salì subito nella sua stanza, ma seguendo un impulso impugnò la sua Penny. Aprendo la porta della sua stanza si accorse subito che era stata forzata. Lo scenario che gli si parò davanti era desolante ed una rabbia cieca gli montò dentro. Tutt'intorno c'erano segni di colluttazione e la camera era un caos. Due cose mancavano: Francesca e l'opera presa all'asta. Diamine! Cercò di tornare in sé, ora doveva usare la logica. Solo quella. La rabbia gli sarebbe servita dopo. Chiuse nuovamente la porta, meno persone erano a conoscenza di quello che era accaduto, meglio era. Sapeva che presto o tardi qualcuno avrebbe cercato di mettere mano al lotto che si era aggiudicato e vi aveva nascosto un rilevatore di posizione. Pregò il cielo con tutto il cuore che non se ne fossero accorti ed attivò il suo orologio.
Dieci minuti più tardi era già all'inseguimento.
Le sue ricerche lo condussero ad un vecchio casolare abbandonato. Dannazione! Lo avevano mandato fuori strada! O forse non era così? Risalì in macchina, fece finta di allontanarsi e poi tornò da una stradina secondaria. Il cuore gli batteva a ritmo serrato e la vena sul collo gli pulsava violentemente, il respiro era corto e lo sguardo rabbioso, ma fortunatamente la mente era ancora lucida, abbastanza da fargli capire che per quello che poteva doveva contare sull'effetto sorpresa. Entrò nel casolare dall'entrata posteriore. Era vuoto. Stava per andarsene quando i raggi del sole pomeridiano filtrando dalle finestre mezzo diroccate, gli lasciarono scorgere tra le assi scoscese del pavimento una botola d'acciaio. Era chiusa da un sofisticato sistema elettronico ma non aveva tempo per quelle diavolerie. Estrasse Becky e si aprì un varco. Senza pensare scese, e si ritrovò davanti due uomini del comitato di benvenuto, vestiti di nero, con una piccola spilla bianca a forma di fiore, un giglio per l'esattezza. Lo smarrimento durò pochi istanti, in fondo era un agente operativo ben addestrato. I suoi avversari sembravano fatti d'acciaio, ma lui aveva covato una rabbia cieca e violenta che non gli permetteva né di abbassare la guardia né di risparmiare energie. Cercava di colpire uno, cercando di schivare l'altro. Ogni volta che cadeva cercava di rialzarsi atterrando il suo avversario. Colpiva ogni volta che poteva, calci o pugni, anche rischiando di perdere l'equilibrio. Il suo corpo era teso sino allo spasmo. Era uno scontro iniquo e lui era fortemente svantaggiato, ma cercava di farsi onore quanto più poteva, il suo unico pensiero era Francesca. Per parare un colpo non badò all'altro uomo e finì a terra. Si ritrovò sotto una pioggia di calci che non lo lasciavano respirare, sentiva una costrizione al petto e un dolore fitto alla schiena, e per quanti sforzi facesse non riusciva a rialzarsi. Era pieno di rabbia, ma ogni sforzo lo faceva cadere inesorabilmente giù e i colpi erano sempre più violenti, ormai faceva fatica a respirare ma i suoi pensieri correvano ancora a Francesca. Fece un'ulteriore ultimo sforzo, ma per quanto riuscì a rialzarsi, incerto sulle gambe, una nuova raffica di colpi lo costrinse di nuovo a terra. In quel momento gli vennero in mente le parole che Mallhoy aveva pronunciato qualche giorno prima, durante una delle loro litigate. “Lei è già coinvolto”. Era vero. Dannazione a Mallhoy e a lui. I colpi che riceveva erano sempre più violenti e veloci e nella sua mente risuonavano come una cupa musica in crescendo e tutto era avvolto dalla nebbia. Poi due colpi secchi squarciarono tutto quello, creando uno spettrale silenzio, interrotto dalla caduta dei corpi senza vita dei suoi aggressori. Per la mente Annebbiata di Nick era come guardare la scena a rallentatore di un film. Si alzò a fatica, voltandosi nella direzione dalla quale erano venuti i colpi. Mallhoy uscì dall'ombra e Nick si sentì uno stupido a pensarlo, ma era come se i suoi pensieri lo avessero evocato.
«Cosa ci fa qui?» Parlare gli costava un grande sforzo.
«Le guardo le spalle.» l'altro sembrava perfettamente padrone di sé. Nick annuì cercando di raccogliere energie. Quella storia non era ancora finita.
Scivolarono nell'ombra cercando di non farsi vedere, Mallhoy dava sfoggio di avere grande dimestichezza in quel genere di operazioni, cosa di cui Nick fu davvero molto sorpreso. Il luogo non era molto grande, eppure rintracciare Francesca non era affatto semplice. Arrivati ad un bivio Mallhoy fece segno a Nick e gli porse un paio di occhiali. Nick lo guardò interrogativo.
«Sono un indicatore di calore. Passano anche l'acciaio e sono molto accurati»
«A cosa dovrebbero servirmi?»
«Le saranno utili per rintracciare la ragazza. Non le sarò difficile individuare una figura femminile, credo.»
«Grazie.» Nick stava per muoversi quando Mallhoy gli fece segno di nascondersi, un uomo veniva nella loro direzione e per quanto fosse arrugginito riuscì a stenderlo con un colpo.
«Ci vediamo qui, tra un'ora. Ah D420 non dia un nome anche a quelli.» Indicò gli occhiali l'attimo prima di sparire. Nick scosse la testa, il suo capo era uno strano tipo.
Svoltò in due corridoi prima di trovarla, era dietro una porta d'acciaio. Due gorilla erano di guardia e due all'interno, aveva ancora il fiato corto e il corpo era un fascio di dolore. Si appiattì quando più poté dietro una colonna e mise il silenziatore a Penny. Due colpi secchi. Grazie alla sua penna laser riuscì ad entrare giocando sul fattore sorpresa. Stese i due gorilla nella stanza, ammazzandone uno. Il dolore non lo avvertiva, non ne aveva il tempo. La rabbia era ancora ad alto livello, ma riusciva, seppur faticosamente a controllarla. Si accorse che Francesca stava per urlare, la raggiunse con un balzo e le tappò la bocca con un bacio. Era scossa, ma all'apparenza stava bene. Insieme raggiunsero il punto stabilito da Mallhoy ma al suo posto trovarono Delisi. Anche in missione era sexy, non poté impedirsi di notare Nick.
«Dov'è Mallhoy?» Chiese.
«È andato avanti.» Nick annuì.
«Si occupi di Francesca.»
«Certo. Venga, cara.» Francesca seguì la donna, ma si sentiva perplessa e confusa, e non potava fare a meno di chiedersi in che razza di guaio si fosse cacciata.
Nick, non impiegò molto a trovare Mallhoy. Stava cercando d'impedire di fuggire ad un uomo, che a giudicare dall'aspetto doveva essere Manni, il capo di quella dannata organizzazione detta del giglio.
«Alla buon'ora!» Esclamò Mallhoy chinandosi per schivare un colpo.
«Avevo un appuntamento.»
L'uomo estrasse una pistola, puntandola contro Mallhoy ma Nick fu più veloce, a disarmarlo sparandogli al polso. Questo diversivo diede modo a Mallhoy d'immobilizzarlo, proprio mentre arrivava l'elicottero coi rinforzi.
Francesca era seduta nell'ufficio di Delisi, e aveva l'aria smarrita, tutta persa nei suoi pensieri e rannicchiata in una delle poltrone. Pensò Nick entrando. Lei gli si fece subito incontro.
«John...» Lui la zittì baciandola, e poi la fece sedere, sedendosi a sua volta a poca distanza da lei.
«John non è mai esistito. Era solo la mia copertura.» Lei lo guardò allibita.
«Mi hai mentito!»
«Solo sul nome e la professione. Non potevo fare altrimenti. Ma il resto era tutto vero, tesoro.» Cercò di toccarla, ma lei si scostò. Nick trasse un sospiro, prima di cercare un modo per spiegarle la cosa che potesse andare a genio anche ai suoi capi.
«Mi chiamo Nick. Nick Wender, e lavoro per L'I.G.C.A. Sono un'agente operativo.»
«In parole povere?» Chiese Francesca e dal tono era chiaro che la paura stesse trasformandosi in ira.
«In parole povere sono una spia.»
«E quell'uomo suppongo non fosse tuo zio.»
«No. Era...è il mio capo, Mallhoy.» Nick le si avvicinò di nuovo, ma questa volta non si fece respingere.
«Come posso crederti?»
«Puoi fidarti di me, o chiedere ai miei superiori.»
Lei restò in silenzio.
«Da oggi ho due settimane di licenza. Domani torno a Londra...»
«Certo, certo...» Lo interruppe cercando di allontanarsi, ma Nick non glielo premise.
«Dannazione! Ti stavo chiedendo se volevi venire con me!» Esplose.
Lei sussultò per la sorpresa.
«Scusami. Non volevo urlare, ma ho passato l'inferno nelle ultime ore.» Lei lo guardò.
«Ed io, no?» Nick sorrise.
«Non voglio sparare parole a caso, ma tu per me sei importante. Vieni a Londra con me. Potremmo ricominciare.»
«Non lo so.» Era combattuta tra quello che aveva visto e vissuto nelle ultime ore e l'amore che provava per quell'uomo, suo malgrado.
«Francesca, lo so che per te tutto questo è incomprensibile, ed io di più non posso spiegarti. Però non voglio perderti, non così è troppo presto!»
«Non posso.» Lasciò la stanza sconvolta.
Mentre usciva si scontrò con Mallhoy, questi aveva un graffio sulla fronte e vari lividi che per quanto coperti dai vestiti lo rallentavano nei gesti, eppure non aveva perso né il suo carisma né il suo fascino.
«Venga le offro un caffè.»
Lei annuì.
«So che D420 non è un tipo facile, ma non si lasci ingannare dalle apparenze.»
«D420?»
«È il nome in codice di Nick, così come Mallhoy è il mio.»
«Spie, nomi in codice, missioni, rapimenti. Non è il mio mondo.»
«Veda, io ho una compagna e due figlie, e non appartengono a questo mondo, come dice lei. Gli dia una possibilità. Lui è incapace di ammetterlo, ma sono certo che l'ama.»
«E lei come fa a saperlo?»
«Un tempo ero come lui.» Sorrise, si congedò con un gesto frettoloso e sparì dietro una delle porte che davano sul corridoio.
«Lo detesto, ma ha ragione.» Nick era alle sue spalle. Lei si girò di scatto.
«Nick...» Faceva un po' fatica ad abituarsi al cambio di nome. «Vuoi dire?» Chiese.
«Lo sai cosa voglio dire.» la baciò.«Ti amo.» Sussurrò piano, tanto piano che fece fatica ad udirlo ed effettivamente non era sicura di averlo udito. Gli sfiorò il volto con una mano e lo abbracciò. Lui trattenne un gemito di dolore, ma a Francesca con sfuggì la sua espressione.
«Scusa.»
«Non è niente. Una sigaretta e una buona dormita, e tornerò come nuovo.»
«Se lo dici tu.» Era dubbiosa.
«Verrai a Londra con me?»
«Sì. Verrò, ma il mio è solo un tentativo, ho paura di fidarmi di te.» Gli costò dire quelle parole, ma voleva mettere le cose in chiaro e non illudersi quella volta.
«Ti dimostrerò che puoi fidarti.»
Insieme lasciarono la sezione gamma, diretti al nuovo albergo che Nick aveva prenotato.
FINE
Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice, per cui ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.
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Brava
Ciao
Nadia
5*