Il profumo della domenica
Non solo perché non si andava a scuola, non solo perché io ed i miei fratelli ci alzavamo più tardi, e comunque la lite e la corsa per l’accesso al bagno era la stessa di tutti i giorni. No. La domenica era diversa solo per il fatto che fosse domenica, con tutto ciò che questo comportava.
Nostra madre ci lasciava campo libero perché lei era già andata alla prima messa, quella delle sette, dalla quale tornava con qualche notizia, bella o funesta, che il parroco aveva comunicato dall’altare.
Per lei alzarsi presto non era e non è mai stato un problema, tuttora si alza alle cinque e mezza, dopo che mio padre, nonostante abbia perso parecchie forze, le porta il caffè al letto, una consuetudine che dura da quasi cinquantacinque anni.
Una volta che si alza, mia madre indossa, come sempre, le vesti di una montagna e va incontro alla giornata con una forza invidiabile. Nonostante gli acciacchi la trovo sempre lì, quando voglio, con la sua corazza di granito.
La domenica era un giorno speciale in cui anche l'aria sembrava sapere che doveva essere più leggera, meno severa e rigorosa, sapeva che doveva trasportare petali e voci con armonia ma soprattutto senza fretta.
L'aria era colorata, addobbata dalle voci di noi ragazzi e degli amici del vicinato con cui passavamo la mattinata ed il pomeriggio; c'erano poi le voci delle mamme di questi nostri amici, che chiamavamo zie, come in fondo facciamo ancora, con chi ha la fortuna di esserci ancora e con quelle che sono passate nostalgicamente al settore ricordi.
Nonostante fossero tutte impegnate nel pranzo domenicale non rinunciavano ad un caffè, magari con la scusa di un mazzetto di prezzemolo, perché allora c'era il tempo anche per quello: non passava giorno che non si incontrassero con una scusa o per proposito. E’ in quel modo che io sono cresciuta credendo che le mie compagne di giochi fossero mie cugine.
L'aria della domenica la potevi toccare, perché era lenta e visibile, la potevi abbracciare con tutti i sensi, e ti inebriava con i suoi profumi, quelli dei cibi migliori degni di una grande festa.
Il paese, animato di passi e di colori e con tutti gli usci aperti accoglieva i profumi, li mescolava e li riversava per i vicoli facendo sentire pressante e gustoso il rientro a casa.
E casa mia naturalmente non era diversa dalle altre: paste fatte da mia madre con i prodotti che mio padre portava dall’orto e dall'ovile, ed altri, doni provenienti dagli orti di parenti e conoscenti, secondo uno scambio che persiste nella nostra cultura.
Non è raro che mi faccia l’insalata con la vera lattuga o che mangi vera frutta: tutte le marmellate che faccio sono prettamente biologiche e genuine, come i rapporti che mi legano alle persone che me ne fanno dono.
Il ragù cotto otto ore, l'arrosto nel caminetto d'inverno o nel forno d'estate emanavano profumi così densi, tanto quasi da poter esser inscatolati e conservati nel tempo.
La domenica era festa, e tutti si impegnavano a celebrarla a tavola, al di là di ogni credo.
Prima di andare al lavoro oggi son passata a casa dei miei genitori, attraversando vicoli con case chiuse e disabitate, a cui l’erba velenosa del degrado si è avvinghiata nel suo morso letale, ho salutato mio padre seduto sulla panchina con altri suoi coetanei, che io chiamo i ragazzi del muretto; ognuno di loro avrà poi raggiunto lentamente la propria casa aiutato da un bastone. Per alcuni la casa è vuota e aspettano di liberarsi di questo dolore occupando finalmente un loculo al cimitero, e questo mi provoca una profonda pena.
Ho aperto il portone con la mia chiave e son rimasta per un impercettibile attimo ostaggio dei profumi che provenivano dalla cucina, quei profumi della domenica che mi hanno riportata indietro di parecchi anni e che mia madre porta ancora a tavola, insieme alla decina di pasticche che lei e mio padre son costretti a prendere.
Ma io ormai vado di corsa, non importa che sia domenica, e la mia aria festiva è sbiadita, orfana di voci e colori ma soprattutto di quei sani profumi ai quali la vita odierna mi costringe a rinunciare.
Perché io devo correre per realizzare il nulla, devo correre anche se le mie azioni saranno scritte sul ghiaccio e tutto un giorno sarà dimenticato.
Devo correre, ma è bello essere costretta a fermarmi a causa di un semplice profumo che racchiude in sè anni di vita, è bello sapere che mia madre e mio padre celebrano ancora la domenica, ma soprattutto è un dono immenso sapere che qualsiasi giorno della mia arida settimana può essere trasformata in una festa. Da chi ancora ci crede, da chi ancora mi ama.
Millina Spina, 15 Maggio 2016
Nella foto, la cucina di Sa domu antiga, vecchia abitazione rurale a Santadi, oggi museo.
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Grazie!
E' incredibile quel che ieri mattina, entrando a casa dei miei, ho avvertito ma è ancor più straordinario riconoscere il potere nascosto in un semplice profumo, la magia che riesce a realizzare facendoci viaggiare indietro nel tempo e rendendoci, anche se per poco, ancora ragazzini.
Oggi le nostre corse anestetizzano i nostri sensi, ma alla fine basta sempre poco per indurci a sostare un attimo e ricordare.
Ciao!
Un abbraccio e grazie per i tuoi delicati racconti
Nadia
5*
LIETA SETTMANA.
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