Il passaggio si era aperto ed egli l'aveva passato, il cuore gonfio di trepidante attesa. Cercò per le stanze, e i giardini, chiamò a gran voce, ma nulla. La casa era vuota. Chiuse gli occhi, non poteva essersi sbagliato. Non poteva! Colpì il muro col pugno. Non poteva. Era troppo nervoso, doveva calmarsi. Andò nel salottino rosso, lei lo amava tanto...accese il fuoco e si versò del whisky, solo due dita, per cominciare, ma presto si trasformarono in un bicchiere, poi due, poi tre, ed infine ne perse il conto. Un solo pensiero in mente, gli faceva pulsare le tempie.
Louise era contenta mentre apriva il portone. La cena con l'avvocato era scorsa piacevolmente. Sospirò ricordando i bei momenti trascorsi. Automaticamente si diresse verso il salottino, ancora sorridendo. Quando però varcò la soglia il sorriso le morì sulle labbra. Quell'uomo era di nuovo lì. Gli occhi, gli luccicavano in modo stano, e il suo aspetto le mise paura. Aveva i capelli spettinati, i vestiti gli cadevano male, in un generale aspetto di disordine e qualcosa le fece pensare che avesse...pianto. Cercò di andarsene, ma in quel momento egli la vide. Scagliò il bicchiere ormai vuoto e si alzò.
«Cathy» Sussurrò. Era l' finalmente, ma perché quello strano vestito? Ma era lei, doveva essere lei, la luce del fuoco illuminava il suo volto. Le si avvicinò e la strinse in un abbraccio appassionato e le impresse sulle labbra un bacio di fuoco e disperato nel contempo. Era come un assetato che finalmente avesse trovato la fonte alla quale abbeverarsi.
Louise si divincolò da quell'abbraccio e si sottrasse bruscamente ai suoi baci, ma chi diavolo era quell'uomo? Quando finalmente riuscì a liberarsi, scappò nella sua stanza, chiudendosi a chiave.
In un primo momento, Edward provò l'impulso di seguirla, ma un briciolo di lucidità, gli rischiarò i pensieri e desistette.
Louise, tremava, mentre cercava di svestirsi e andare a letto. Tremava di paura e qualcos'altro che non sapeva definire. Doveva assolutamente scoprire chi diamine era quell'uomo, come faceva ad entrare e perché somigliasse in modo così sconcertante all'uomo del quadro, non poteva credere che fosse davvero il duca, come aveva affermato egli. Forse era solo un pazzo e lei doveva chiamare la polizia. Eppure sentiva che c'era qualcosa di strano, che aleggiava su tutta quella storia.
Quella notte il suo sonno fu molto agitato.
Edward era rammaricato e avvilito, sapeva bene di aver tenuto un contegno terrificante, e avrebbe voluto poter fare ammenda. Le tempie gli dolevano, a causa di una forte emicrania e si sentiva molto confuso, circa il passaggio e i suoi sentimenti. Alla luce del sole, nel conforto del suo studio, e del suo tempo si avvedeva di aver baciato la donna sbagliata, ed era consapevole che quel bacio, gli era piaciuto, così come lo era del dolore che gli attanagliava il petto, al solo pensiero che si era ingannato su tutta quella storia, e che doveva smettere di cercare, la sua adorata Cathy.
Louise aveva cercato per tutta la mattina e tutto il pomeriggio, tra i volumi della biblioteca. Ne aveva ricavato soltanto confusione, e in più aveva saltato tanto la colazione, quanto il pranzo, ed ormai era sera. Si scrollò la polvere dalle mani. Ogni immagine dell'ultimo duca che aveva trovato, era identica al quadro nel salottino e a quell'uomo odioso, che l'aveva baciata. Tremava se pensava a quel bacio...tremendo. Andò in cucina e si preparò una cena veloce, che consumò in fretta. Dopo aver controllato ogni possibile entrata, salì in camera, aveva bisogno di riposare.
Nel cuore della notte venne svegliata da strani rumori. Che fosse quello strano tipo? Cosa doveva fare? Affrontarlo? Aspettare che se ne andasse? Ma l'attesa le parve assai angosciosa e si risolse di scendere. Egli era l', appoggiato al camino, lo sguardo severo e mesto, e appariva perfettamente padrone di sé, e terribilmente affascinante. E ora, come diavolo le era venuta in mente una simile idea? Si strinse nella vestaglia.
«Buona sera.» La salutò con un breve inchino.
«Salve.» Disse fredda.
«Credo di dovervi delle spiegazioni.»Esordì incerto.
«Sarebbe ora!» Sbottò. Egli le lesse in viso che non avrebbe dato credito alle sue parole.
«Guardate il quadro.» Ella lo accontentò, ben decisa a non lasciarsi suggestionare, ma quando volse lo sguardo, lanciò un grido. Il dipinto era diventato...non lo sapeva nemmeno, sapeva che l'immagine era sparita e al suo posto c'era qualcosa di strano, simile ai buchi neri, tanto cari ai film di fantascienza. Si sentì svenire, ma egli fu pronto a sorreggerla.
«Calmatevi.» Le disse in tono vagamente autoritario. Lei si riscosse, ed egli tornò presso il camino.
«Chi...siete?» Egli la guardò.
«Credevo di averlo chiarito. Il duca di Rochester.»Louis trasse un sospiro.
«Perché siete qui?» Egli sorrise mesto prima di rispondere.
«Cerco, cercavo mia moglie...»
«Vostra moglie!?!» Lo interruppe stupita. Egli annuì.
«Si ma lasciatemi dire. Catherine è morta due anni or sono, anche se credo sia errato, dal vostro punto di vista.» Ella lo guardò, ma non fiatò ed egli riprese. «Due giorni, dopo il nefasto evento, il quadro che ella mi aveva donato, mutò forma, ed io mi illusi che fosse un invito a ricongiungermi ad ella. Son due anni che la cerco,invano.»Louise scosse la testa incredula.
«Voi siete morto nel 1890. più di un secolo fa.» Scosse ancora la testa.
«Vedete, signora, io oggi ho attraversato il varco, e mi trovavo nel 1870. Ben lontano, dalla data da voi indicata.»Sorrise e per un attimo un lampo di malizia gli passò negli occhi.
«Quindi, la Cathy che cercavate ieri...»
«Era ella. Ed io ero ubriaco, vedete le somigliate. La luce del fuoco mi ha ingannato, io ho voluto ingannarmi e la mia mente annebbiata ha fatto il resto. Non ero in me.»Louise era profondamente scossa, mentre sedeva su una delle poltrone, imitata da lord Rochester.
«Non mi resta che credervi, eppure deve essere un sogno.»
«È reale.» Le disse in tono un po' cupo. «Non verrò più ad importunarvi.» Louise lo fissò.
«In fin dei conti è casa vostra. Ma davvero vivete dietro quel...»Lasciò la frase incompleta.
«Sì. Dietro quello strano passaggio, si cela il mio tempo.» Louise era affascinata dalla sua voce e dai suoi modi.
«Parlatemene.» Egli sorrise.
Rimasero a conversare a lungo, ed egli si mostrò un abile oratore, colto e garbato, e lei cominciò a guardarlo sotto una luce diversa, e malgrado l'assurdità della situazione, le ore che passarono insiemi, fino a quando non lo vide sparire, oltre il quadro, che poi tonò alla normalità, sotto i suoi sbalorditi occhi, scorsero piacevoli.
Eppure quella notte era accaduto qualcosa.
Louise non riusciva a dormire. Ormai era passato un giorno dal suo ultimo incontro con lord Rochester. Si rigirò nel letto. Aveva passato la mattinata a pensare a lui, e anche gran parte del pomeriggio e della sera, dovette riconoscere. Neanche ora le riusciva di concentrarsi u qualcos'altro. Sapeva che non ci sarebbe stato, ma seguendo un impulso, si alzò, infilò la vestaglia e scese, ben sapendo che non l'avrebbe trovato.
Ed invece lui era lì. Appoggiato al camino, come la sera precedente.
«Perdonatemi, di aver disatteso la mia promessa, ma dovevo capire.»
«Capire cosa?» Egli abbozzò un sorriso amaro.
«Se davvero, fra noi c'è, come dire, una sintonia intellettuale o l'avevo solo immaginato.» Louise lo guardò pensosa. Poi si mise a sedere. Egli la imitò
«Non saprei dirvelo, ma è un piacere, conversare con voi.» Gli disse sorridendo.
Ancora una volta non si lasciarono prima dell'alba, passando piacevoli ore insieme, poi lo vide sparire nel quadro. Questa parte le faceva ancora senso.
Louise era agitata. L'ultimo mese era volato, ed era stato il più assurdo e felice, della sua vita. Sorrise al ricordo di quando era riuscita a convincere Edward ad uscire con lei, indossando abiti moderni. Rise ripensando alla faccia che lui aveva fatto, davanti i vestiti prima, e davanti alla macchina poi, ma erano ugualmente riusciti a passare una bella serata, si guardò intorno, di recente aveva aperto altre stanze, e cominciava ad amare quella casa. Tutto merito di Edward. Guardò l'orologio. Tra pochi minuti si sarebbe aperto il passaggio, non vedeva l'ora. Poi una lacrima silenziosa le rigò il volto. Cosa avrebbe fatto, se quell'inquietante passaggio si fosse chiuso? Non volle neanche pensarci.
Con la mezzanotte arrivo anche Edward, bello più che mai.
«Buona sera, mia cara.» La salutò.
«Ciao!»Lui fece una smorfia, segno che faticava ancora ad abituarsi al linguaggio diverso.
Sedettero vicini, ma ad una distanza dignitosa, sul divano e subito si persero nei loro discorsi, quella sera ancora più fitti ed appassionati.. ormai il loro legame era cresciuto, e si era consolidato, tra loro vi era una forte complicità, nonché massima comprensione. Come aveva detto una volta, Edward tra loro vi era sintonia, una sintonia speciale che si era mutata in qualcosa di più forte ed intenso, a cui entrambi faticavano a dare un nome, forse per paura, vista l'incertezza della situazione. Spesso rimanevano a guardarsi, consapevoli che quello che c'era tra loro, era reale ed unico, ma nessuno dei due osava dare voce ai propri timori, eppure entrambi non volevano perdersi. Guardarono il passaggio, sembrava che si stesse rimpicciolendo. E se si fosse chiuso? Edward sapeva che doveva andare, era troppo presto per rischiare di restare in un tempo, che non gli apparteneva, ma non voleva lasciarla, lei gli era entrata dentro l'animo.
Louise riportò lo sguardo su Edward. Avvertiva il pericolo, ma come poteva lasciarlo? Egli le si avvicinò, e la prese tra le braccia, baciandola. Lei ricambiò con la stessa passione, e la stessa intensità, che diventava ogni attimo più forte. I baci si moltiplicarono, divenendo sempre più infuocati. Edward la prese in braccio e la condusse di sopra, mentre il desiderio, divampava tra loro, come un incendio. Tra i baci e i sospiri, si sussurrarono di amarsi, promettendosi che il loro amore sarebbe durato in eterno. Stanchi, si addormentarono, stretto in un abbraccio.
Il mattino dopo, il risveglio fu dolce. Ancora si dichiararono il loro amore e rinnovarono le loro promesse, sicuri entrambi della forza dei loro sentimenti. Quando scesero il passaggio era chiuso. E se non si fosse riaperto mai? In un attimo di smarrimento, Louise alzò gli occhi a guardare Edward. Egli le sorrise.
«Qui o di là, non fa differenza, se sono con voi, mia adorata. Vi amo.» La rassicurò.
«Davvero?» Lui rise, una risata bassa e profonda, che si portò via l'angoscia.
«Finalmente ho capito, che il passaggio doveva condurmi da voi.»
Si baciarono con passione.
Fine
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