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Olimpia.

"D'accordo, ti racconterò la storia della mia vita, come tu desideri...
Ma credimi, non capirai subito tutto quello che ascolterai. So fin d'ora che ripenserai alle mie parole quando sarai solo, che ti farai domande alle quali non potrai rispondere. Siedi, intanto ti preparo un caffè." Francesco si accomodò sulla poltrona accanto al camino. Noto' che la parete di fronte a lui era stata spogliata dai quadri, dalle fotografie, dai disegni che prima raccontavano qualcosa di lei. Noto' che lei si muoveva per la stanza con inconsueta lentezza. Gli pareva quasi di non conoscerla, e forse era proprio così. Per la prima volta si rendeva conto che non si era mai soffermato ad osservarla fare le cose, capiva che la passione gli aveva impedito di notare le sue sfumature, i suoi particolari. Aveva sempre creduto di non amarla, ma di non poter fare a meno della sua pelle liscia, della sua voce calda, delle sue mani sul petto e sul viso, del sapore della sua bocca. Tornava da lei come si torna a casa, ma l' unico desiderio che aveva era quello di vederla nuda sul letto, con i capelli sciolti e sparsi sul cuscino, con la bocca umida e dischiusa in attesa di un suo bacio. Intanto lei gli sorrideva in silenzio, aspettando che il sibilo della caffettiera annunciasse che il caffè era pronto e invadesse la stanza del suo aroma. Se ne stava appoggiata alla credenza, dall'altra parte della stanza. Gli sorrideva, ma aveva negli occhi una solenne serietà. Francesco avrebbe voluto alzarsi da quella poltrona, avvicinarsi a lei, e baciarla. Quella poltrona di velluto verde che la prima volta che era entrato in quella stanza gli aveva ispirato una specie di poesia. "Sai che non so se prendi il caffè con o senza zucchero?" Disse lei all' improvviso, distraendolo dai suoi pensieri. "Non lo sai perché non mi hai mai preparato un caffè. Lo prendo senza zucchero, grazie." Allora lei prese un vassoio d'argento, il suo preferito, quello che le aveva regalato la nonna, e vi pose le tazzine colorate. Verso' il caffè per entrambi e lo raggiunse. Si sedette sul sofà, appoggiò il vassoio sul tavolino che lei stessa aveva fabbricato dal tronco di un albero, e gli sorride. Francesco notava soltanto ora che non aveva trucco sul viso, che era armoniosamente spettinata, che non indossava anelli e orecchini e che la sua camicia era sgualcita. Mentre sorseggiava il caffè pensava che forse si era fatta trovare così di proposito, che forse non voleva sedurlo, che quando le aveva chiesto se poteva passare a trovarla, sperava di poter chiacchiere con lui, senza fare l'amore, senza che lui la ricoprisse di baci prima ancora di proferire parole. Ed era riuscita nel suo intento, perché lui le aveva chiesto di parlarle di lei, della sua vita. Voleva sapere, voleva conoscere la sua storia. Olimpia, un nome adatto a lei, penso', una creatura quasi divina, ultraterrena, diversa da tutte le donne, "amiche", con cui soleva incontrarsi. La prima volta che l'aveva vista, aveva pensato di lei che fosse strana, e glielo aveva detto, simpaticamente. Lei gli aveva risposto che strano e' sinonimo di particolare, e quindi riteneva il suo commento un complimento. "Non si è speciali, per quelli che ci considerano normali!!". Speciale lo era di certo. Olimpia aveva negli occhi una scintilla che lo faceva impazzire di desiderio. È questo per lui era già qualcosa di assolutamente speciale. "Allora.. La storia della mia vita. Sono cresciuta in campagna. Quando ero bambina i miei genitori erano sempre assenti. Non perché lavorassero, ma perché erano infelici. Non sorridevano mai. Mia madre era l'amore per me, mio padre era un'estraneo di cui non riuscivo a fidarmi. Mia nonna materna mi ha coccolata più di chiunque altro. Avevo un gatto, e dormiva con me. Disegnavo sempre, è più disegnavo, più capivo che non mi piacevano le chiacchiere. Ero una bambina calma e silenziosa, e poi sono diventata un'adolescente piena di pensieri e idee da dipingere. In casa mia regnava il silenzio, a qualsiasi ora del giorno, e quando il mio gatto mori', mi mancava così tanto il suo miao, che piansi per mesi e mesi, sul cuscino prima di addormentarmi. Ho studiato molto. Ero curiosa di tutto, mi innamoravo di filosofi e poeti, di pittori e scrittori. Non badavo ai commenti di mio padre, che quando ascoltavo la Chopin erano sempre poco simpatici. Diceva che ero strana, perché ascoltavo musica da funerale. A me non interessava, chiudevo la porta. Chopin era il mio compagno mentre dipingevo. Solo ascoltando lui riuscivo a trovare le sfumature che volevo. Ti sto annoiando?" Francesco l'ascolto a con attenzione, così tanta attenzione da non accorgersi di star fissando la tazzina da caffè da svariati minuti. "Annoiando? No che dici? Assolutamente no, ti ascolto!!". "Dicevo... Che amavo Chopin. Ma anche Beethoven, Mozart, Debussy, Listz, Mendelssohn, e molti altri. Dipingevo e studiavo. Sono andata via presto dalla casa dei miei genitori. Ero triste in quella casa. Scelsi di studiare lontano, e andai via. Ecco tutto!". Francesco le sorrise. Capiva molte cose di lei, ora. La immaginava, sola, creare mondi paralleli. Lei, così bella. Lei, così inconsapevole di esserlo. "Voglio sapere.. Del tuo primo amore". Olimpia sorrise, " il mio primo amore.. Ah! Mi innamorai perdutamente del mio professore. Non glielo dissi mai. Credo lo sapesse, perché evitava di guardarmi negli occhi, arrossiva se ci si incontrava per strada, e se mi parlava, a volte balbettava. Era meraviglioso. Amavo la sua barba, amavo il suo modo di camminare. L'ho dipinto infinite volte. Gli ho scritto mille poesie." " Ma io parlo di amore vissuto, Olimpia!".
Non ho vissuto mai, un amòre che mi abbia fatto battere il cuore allo stesso modo, mai un amore che mi abbia ispirata tanto è fatta sospirare tanto!" "Perché non vi siete mai spinti oltre?" " Non lo so." Francesco era perplesso. " non hai mai più provato sentimenti simili? Mai ?" " Nessun amore somiglia a un altro. Non ti dirò quello che vuoi sentirti dire!" Francesco si inginocchiò a terra, di fronte a lei. Si guardarono a lungo negli occhi. "Tu mi ami?" Disse lui. Lei gli prese il viso tra le mani, e gli diede un bacio leggero. Si alzò dal sofà, e si diresse verso la finestra. " se ti dicessi che ti amo, tu non verresti più da me. Andresti da qualche altra tua amica più leggera, e mi dimenticheresti. " Francesco aveva voglia di piangere. Per la prima volta capiva quanto l'amava. Si sentiva pazzo di lei. Per la prima volta aveva paura di perderla. Lei accettava che lui vedesse altre. Accettava che la chiamasse quando gli pareva. Lo amava, ma aveva imparato a prepararsi a fare a meno di lui, da un momento all'altro. Quanto era stato cieco, e sordo. Lei era tutto per lui. Si rendeva conto che se si sentiva sempre felice, allegro e spensierato, era perché lei era nella sua vita, e lo amava. Se si sentiva così forte, era perché quando faceva l'amore con lei, si ricongiungeva alla parte di se stesso che teneva nascosta come un segreto. Solo lei sapeva vederla, e amarla, nonostante tutto. " Voglio sapere tutto di te. Tutto." Lei si voltò a guardarlo, andò verso di lui, lo prese per mano, e lo condusse sul letto. "Amami, e resta con me".


M.M.




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Opera scritta il 13/01/2017 - 10:43
Da Lylas Lena
Letta n.1124 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


stupendo racconto davvero!!

black shadow 14/01/2017 - 21:34

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avvincente racconto e un finale che non lascia dubbi 5*

GIANCARLO LUPO POETA DELL'AMO 13/01/2017 - 16:27

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