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Presentat'arm

E m’accingevo a provare un’emozione che avevo sepolto
sotto alcuni metri di terra, in una olla,
dopo aver rassodato la terra
sentendo l’arsura divorarmi la pelle.


Come il volo di un gabbiano gira e rigira circospetto,
così ti ho conosciuta, traendo intorno a te le granaglie
e il frumento di un raccolto nuovo.
Ed eri nervosa, lo sentii accostando la mia faccia al tuo petto.


Ieri abbiamo fatto il presentat’arm con i nostri lacci
e i nostri lustrini,
abbiamo marciato per ore, raccogliendo un saluto
e ci siamo inginocchiati a comando.


La città è lontana e fredda, vive di vita propria,
nei grossi viali e negli archi
che assomigliano a un cenotafio
ormai mangiato dal tempo.


E m’accingevo a togliere il terreno di troppo,
scavando con le mani per cercarti,
con le mani imploranti, sanguinanti, graffiate
che sentivano la consistenza della tua pelle.




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Opera scritta il 19/01/2017 - 14:43
Da Giulio Soro
Letta n.987 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


cruda, come tutte le tue
ma bellissima

laisa azzurra 20/01/2017 - 11:58

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Immagini suggestive molto ben curate con grande stile poetico ci raccontano di un cuore che non riesce a darsi pace per un amore che avrebbe ancora molto da dire. Complimenti.

Francesco Scolaro 19/01/2017 - 18:35

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