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Il ragazzo pieno di cielo.

Incipit: Non m’era mai capitato di restare senza un soldo in tasca. Non potevo comprare niente e non avevo più niente da vendere. Finché ero in treno mi piaceva rimirare il tramonto sulla pianura, ma adesso mi lasciava indifferente e faceva tanto caldo che aspettavo con ansia il calare della sera per stendermi a dormire sotto un ponte...


Sotto un ponte, avrei guardato le stelle, avrei sentito fresco sulla pelle, avrei pensato a mia madre, mio padre, mio fratello. Avrei cercato la pace nel silenzio. Non avevo paura di nulla. Avevo solo me stesso, e questo era tutto, ed era tanto. Non mi sarei perso di nuovo, non avrei permesso a nessuno, mai più, di dirmi come avrei dovuto essere, cosa avrei dovuto fare, per rientrare nella categoria dei comuni "normali". Chi stabilisce cosa lo sia? Chi può esser tanto presuntuoso da giudicare chi lo sia? Se mi avessero parlato di convenzionalità, non mi sarei sentito ferito. Avrei annuito... avrei riso, e confermato che no, non sono un uomo convenzionale. Ma io, che non mi interesso delle vicende altrui a tal punto da sentirmi in diritto di affermare qualcosa di netto, preciso...non posso accettarlo. Avevo deciso di vendere persino gli obiettivi della mia macchina fotografica. I soldi mi servivano per viaggiare, mangiare qualcosa di tanto in tanto. Avevo incontrato persone gentili, persone sensibili, ma anche bastardi col muso duro, disgraziati, ubriachi senza spirito, prostitute grottesche.Solo lei, la chiamerò per sempre la ragazza più bella del mondo, mi aveva lasciato qualcosa dentro che non sapevo come definire. Una ragazza, che mentre me ne stavo seduto a terra con la schiena appoggiata al muro, mentre guardavo passare i treni chiedendomi quale sarebbe stato il mio, mentre cercavo di catturare poesia con gli occhi e i minuti trascorrevano con una lentezza esasperante.. si era messa a fissarmi. Se ne stava dall'altro lato della strada, con in mano un giornale spiegazzato e una sigaretta accesa tra le labbra, e Dio, che labbra meravigliose, mai viste labbra tanto ben disegnate, mai prima in vita mia. Giuro. Il suo sguardo mi faceva sentire improvvisamente importante, troppo, considerando il mio aspetto, ciò che ero e rappresentavo. Barba, capelli lunghi, occhi taglienti, jeans larghi e sporchi di terra, cenere, e chissà cos'altro. Fingevo di non essermi accorto di lei, la guardavo con fare distratto. Sul muro, sulla sua testa, l'orologio segnava le quindi e quindi. D'un tratto mi venne incontro, si chinò su di me, mi mise una sigaretta accesa in bocca, si accostò al mio orecchio sinistro, e sussurrò con una voce che non dimenticherò facilmente, "buona fortuna ragazzo pieno di cielo". Il suo alito era vinoso, ma dolce, talmente dolce da farmi sentire un brivido lungo la schiena. Si alzò, e iniziò a camminare velocemente. Mi accorgevo solo in quel momento che zoppicava leggermente, e che anche i suoi pantaloni erano sporchi, quasi quanto i miei. Si voltò a guardarmi, ma non sorrise. Avrei voluto seguirla, chiederle dove se ne stesse andando, cosa le fosse successo. Avrei davvero voluto saperlo, ma i miei pensieri furono più lenti di lei, e la persi tra la folla di spaesati viaggiatori sudati e stanchi del primo pomeriggio. Lei, la ragazza più bella del mondo, forse la più triste di tutte, mi aveva fatto capire in pochi secondi, che non ero solo. Finché ci sarebbe stata lei, in giro per questo mondo, ci sarebbe stato qualcuno in grado di amarmi sinceramente, senza chiedermi niente, senza pensare al prima o al poi. Qualcuno come me.. in cerca di sé senza catene, libero e spogliato dell'inutile e tanto anelata borghesia mentale di tanti, troppi esseri umani. Passeggiavo senza fretta lungo gli argini del fiume Po. Il ponte era là, maestoso, enorme ed elegante persino, ed era buffo ed esilarante pensare che avrei dormito lì, facendomi un giaciglio improvvisato con qualcosa di impensabile, sentendo le voci della gente o i campanelli delle biciclette, fino ad addormentarmi sfinito. Avevo con me una coperta, una scatoletta di tonno e un libro. Avrei aperto lo zaino e avrei mangiato, con le mani, mi sarei pulito le dita sulla coperta, e avrei pianto nascendo il viso tra le pagine del libro. Non di tristezza, no. Di nostalgia, di commozione e gioia, di gratitudine verso Dio, per quel cielo stellato. E ancora, avrei risentito la voce della ragazza più bella del mondo affermare che io, sono un ragazzo pieno di cielo.. immensamente libero, e azzurro, o nero come la notte, dentro. Sono rimasto quel ragazzo. Ora che ho cinquant'anni, almeno credo, e vivo nella mia reggia, una capanna che ho costruito con le mie stesse mani in mezzo a un bosco, e sento i lupi ululare alla luna, i caprioli e i cervi passeggiare e correre tra gli alberi.. ora che scrivo poesie e racconti su quaderni e fogli che mi donano quelli del villaggio giù a valle e mangio ciò che coltivo, vorrei tanto accanto a me, quella ragazza, la ragazza più bella del mondo.


M.M.M




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Opera scritta il 12/04/2017 - 23:53
Da Lylas Lena
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