Infondo alla 30th strada abitava una vecchia signora.
Aveva un bel giardino , pieno di fiori profumati e di avidi lampioni.
Alla porta un'unica barriera per zanzare e uomini e in garage un vecchio tappeto orientale.
Una sagoma nera si aggirava da quelle parti.
Era ben visibile in quelle luminose notti di primavera.
Quelle notti dove la Luna geme dolci suoni come di panna ,
e i grilli danzano alla pioggia attorno ad un falò.
Quelle notti dove i baci sono più dolci e le carezze più amare.
Il gatto nero se ne stava spaparanzato sul grande tappeto verde.
Fissava la Luna , immaginandosela come un pasticcino.
La Luna quella sera passò da lui , da Mignot.
Fissava il felino con occhi da pasticcere.
Un lampo spaventò Mignot , ma era soltanto la mano della Luna.
Era rimasta folgorata dalla bellezza di Mignot.
Si nascose dietro delle folte piante , pensando di essere al sicuro.
Ma lo era davvero. La Luna non era fredda , era calda , luminosa e piena di lettere.
Con la coda dell'occhio vide un grosso tappeto orientale parcheggiato in garage.
Furtivamente lo prese e recitato l'incantesimo ,
che aveva letto in qualche libro d'oriente , il tappeto levitò.
Mignot non era affatto tranquillo , tutta quella luce iniziava a dargli fastidio.
Però l'istinto animale iniziava a farsi sentire : venne fuori la curiosità.
Quatto quatto uscì dal suo rifugio e si avvicinò al tappeto ,
ormai sollevato qualche centimetro da terra.
La Luna sorrideva immobile.
Data un'annusatina veloce veloce , Mignot saltò sul tappeto.
In una frazione di secondo il felino potette vedere tutto.
Vedeva la sua padrona che dolcemente dormiva fra le braccia delle coperte.
Vedeva i lampioni che fissavano interrotamente la strada in attesa della Luna.
Robin Hood che praticava surf e i delfini che tiravano frecce.
Il Grande Paradiso oltre l'orizzonte.
I suoi simili dormire sulle nuvole di panna e la panna dormire sui suoi simili.
Non si era mai reso conto di quanto fosse comodo quel tappeto.
La Luna , dolce e riservata , gli raccontava delle sue prove.
Dell'oriente e del passato. Dell'occidente e del presente.
Delle lettere che aveva scritto e di quelle che avrebbe voluto scrivere.
Senza molto preoccuparsi della qualità , ormai passata , gli cantò canzoni.
Canzoni d'amore , canzoni notturne , canzoni colorate ,
canzoni antiche e canzoni bianche .
Mignot aveva perso la parola , se ne stava lì. Guardava il mondo dall'alto.
Montagne imponenti e ciliegi sulle loro cime.
Stormi di uccelli migratori che portavano qualcosa.
Ognuno aveva una pergamena nel becco , ognuno portava un messaggio.
La Luna si sentì toccare la spalla : era il Sole.
Con la dolcezza che l'aveva sempre contraddistinta , salutò Mignot.
Tornò lassù nel cielo.
Lassù dove il pianto dei bambini è dolce.
Lassù dove tutto è più piccolo.
Lassù dove viaggiano le nuvole e dove corrono i gatti.
Lassù , immersa nel mare di panna.
Lassù .. in attesa che arrivi il messaggio.
Aveva un bel giardino , pieno di fiori profumati e di avidi lampioni.
Alla porta un'unica barriera per zanzare e uomini e in garage un vecchio tappeto orientale.
Una sagoma nera si aggirava da quelle parti.
Era ben visibile in quelle luminose notti di primavera.
Quelle notti dove la Luna geme dolci suoni come di panna ,
e i grilli danzano alla pioggia attorno ad un falò.
Quelle notti dove i baci sono più dolci e le carezze più amare.
Il gatto nero se ne stava spaparanzato sul grande tappeto verde.
Fissava la Luna , immaginandosela come un pasticcino.
La Luna quella sera passò da lui , da Mignot.
Fissava il felino con occhi da pasticcere.
Un lampo spaventò Mignot , ma era soltanto la mano della Luna.
Era rimasta folgorata dalla bellezza di Mignot.
Si nascose dietro delle folte piante , pensando di essere al sicuro.
Ma lo era davvero. La Luna non era fredda , era calda , luminosa e piena di lettere.
Con la coda dell'occhio vide un grosso tappeto orientale parcheggiato in garage.
Furtivamente lo prese e recitato l'incantesimo ,
che aveva letto in qualche libro d'oriente , il tappeto levitò.
Mignot non era affatto tranquillo , tutta quella luce iniziava a dargli fastidio.
Però l'istinto animale iniziava a farsi sentire : venne fuori la curiosità.
Quatto quatto uscì dal suo rifugio e si avvicinò al tappeto ,
ormai sollevato qualche centimetro da terra.
La Luna sorrideva immobile.
Data un'annusatina veloce veloce , Mignot saltò sul tappeto.
In una frazione di secondo il felino potette vedere tutto.
Vedeva la sua padrona che dolcemente dormiva fra le braccia delle coperte.
Vedeva i lampioni che fissavano interrotamente la strada in attesa della Luna.
Robin Hood che praticava surf e i delfini che tiravano frecce.
Il Grande Paradiso oltre l'orizzonte.
I suoi simili dormire sulle nuvole di panna e la panna dormire sui suoi simili.
Non si era mai reso conto di quanto fosse comodo quel tappeto.
La Luna , dolce e riservata , gli raccontava delle sue prove.
Dell'oriente e del passato. Dell'occidente e del presente.
Delle lettere che aveva scritto e di quelle che avrebbe voluto scrivere.
Senza molto preoccuparsi della qualità , ormai passata , gli cantò canzoni.
Canzoni d'amore , canzoni notturne , canzoni colorate ,
canzoni antiche e canzoni bianche .
Mignot aveva perso la parola , se ne stava lì. Guardava il mondo dall'alto.
Montagne imponenti e ciliegi sulle loro cime.
Stormi di uccelli migratori che portavano qualcosa.
Ognuno aveva una pergamena nel becco , ognuno portava un messaggio.
La Luna si sentì toccare la spalla : era il Sole.
Con la dolcezza che l'aveva sempre contraddistinta , salutò Mignot.
Tornò lassù nel cielo.
Lassù dove il pianto dei bambini è dolce.
Lassù dove tutto è più piccolo.
Lassù dove viaggiano le nuvole e dove corrono i gatti.
Lassù , immersa nel mare di panna.
Lassù .. in attesa che arrivi il messaggio.
Opera scritta il 09/06/2017 - 19:00
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Commenti
Particolare e bello, buon sabato
Anna Rossi 10/06/2017 - 04:04
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Mi è piaciuto questo commento tra il fantastico e il sognante. Bello davvero. Giulio Soro
Giulio Soro 09/06/2017 - 20:12
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