mentre strisce di fuoco segnavano la strada come catarifrangenti,
e noi ci dirigevamo al lago su questa strada di montagna.
Eravamo pesanti e stanchi, sotto il peso delle nostre colpe.
Il cielo si era sgravato delle nubi nerastre come una vecchia da un fagotto,
e i tuoi occhi giravano ancora nelle loro orbite speranzose,
mentre la nostra fuga continuava imperterrita.
Ancora un tornante e saremo a casa così dicevo.
Piantagrane appiedati dalla strada sassosa vendevano la propria ignominia come uno strillone,
mentre cumuli di ombra stellate vagavano carponi,
grosse spighe saracene crescevano nei campi.
E lì che ti ho vista con il tuo sguardo vitreo fissare il nulla.
Eppure eravamo distanti nonostante il fatto che fossimo seduti vicini,
tra noi scorrevano rocce e montagne e fiumi,
una cordigliera ci separava dividendo in due lo spazio,
e ancora un tornante di questa maledetta strada.
Nessuno si sarebbe accorto della nostra fuga per giorni.
E certo nessuno di noi due si sarebbe preso la briga di informarli.
Cento e cento di questi giorni e di questo malsano vivere.
Cento e più cento giorni di questo vivere negletto.
Una fosca serata ci condusse nell’oscurità;
fu come entrare in un altro mondo, dove i cani non latravano più
e la flora e la fauna avevano espulso il loro candore,
seppellito per sempre sotto un metro di terra.
Pigiavo il pedale ma più per una farsa del destino che non per un vero desiderio,
ormai recitavamo una pantomima in un teatro di terz’ordine,
le maschere calate sul volto, una bottiglia di gin nella mano,
due cravatte di ricambio e del capretto arroventato e arrostito.
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oppure semplicemente folle
lasci spazio a tutte le interpretazioni plausibii e non...
la tua mano è semplicemente, unica
Ciao Micol
5 stellette per te
Lieto meriggio.
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Piena di suggestive sensazioni ed emozioni!