Robert saliva saliva e saliva. Ovunque si voltasse vedeva cartelloni pubblicitari.
Man mano che ascendeva al cielo, le pubblicità venivano meno. Il cielo era limpido, si stava decontaminando. Arrivò al capolinea: si ritrovò sulle rive del mar divino, davanti a lui un casolare abbandonato. Era intrappolato nell'edera rossa, mentre le piante verdi nascevano dal terreno. Dal capo fumava un grande camino. L'atmosfera era parecchio pesante, il luogo era raccomandabile per violentatori provetti, serial killer o semplicemente grandi curiosi. E Robert rientrava proprio in questa ultima categoria. Ad ogni passo, Robert poteva vedere la morte del cielo e la scomparsa dei suoi colori. La sera e il giorno stavano svanendo attimo dopo attimo. Dominava il bianco.
Sopra la testa di Robert un'infinità di sfumature di bianco dipingevano il cielo. Senza far rumore Robert aprì la porta ed entrò. Un lunghissimo corridoio, con ai lati delle porte, gli si presentò davanti. Robert non riusciva a vederne la fine. Centinaia, migliaia, milioni, addirittura miliardi di porte. "Eppure da fuori non sembrava così grande" pensò fra sè e sè. Provò ad entrare in una stanza,
ma niente, era chiusa. Allora tentò con un'altra, ma niente, era chiuse pure quella. Udì dei passi provenire dal fondo del corridoio. Curioso com'era attese. I passi si facevano sempre più vicini. L'aria attorno a lui si stava facendo sempre nera."Accidenti è bloccata!". La porta d'ingresso era bloccata, non poteva fuggire. I passi erano praticamente davanti a lui. Era in trappola. Poteva ormai scorgerne l'origine: una sagoma nera. Una silhouette scura, senza volto, senza scarpe, senza vestiti, senza capelli, senza forcone e senza aureola. "Chi sei tu?" chiese la sagoma. Robert sconvolto dalla vista dell'essere, non spiccicò parola alcuna. "Benvenuto nel mio laboratorio" proseguì.
"Vieni, voglio mostrarti qualcosa di interessante". Robert non aveva scelta, e quindi seguì la sagoma. Il corridoio sembrava non finire mai. Le pareti bianche si confondevano con il soffitto. Era totalmente in vetro, e quindi lasciava agli occhi di Robert la difficoltà di distinguere il cielo dalle pareti del corridoio. La "mostra delle porte" continuava e ancora nessun punto di arrivo. Passarono secondi e ancora niente. Finalmente la coppia arrivò alla fine. Un enorme portone interamente in legno gli si parò davanti. Strani segni, disposti in modo disordinato, coloravano la porta. Provenivano da un altro pianeta, non era di certo un linguaggio terrestre.
La sagoma spalancò il portone. L'arredamento era molto semplice: tante vasche cilindriche disposte una accanto all'altra. Vasche piene di acqua e bolle di sapone. Da fuori sembravano tutte uguali, ma invece.. Da una parte c'erano dei macchinari, stile lavatrici per fare il bucato.
In un angolo erano accatastati un sacco di prodotti per il lavaggio: saponette, detersivi, saponi d'ogni tipo, ecc. Una piccola scrivania, con sopra una pila altissima di scartoffie, troneggiava al centro della grande sala. L'atmosfera che Robert avvertiva in quella stanza era un po' cupa. Non era una stanza molto illuminata, solo una piccola luce soffusa riusciva a dar vita a quel disordine.
Un picco luminoso veniva da un vecchio computer, posizionato strategicamente sopra la scrivania.
All'ingresso un accogliente appendi-abiti, con attaccati dei camici bianchi, un paio di occhialoni e un sacchetto con dei guanti in plastica. "Questo è il mio laboratorio! Questo è il mio lavoro" disse la sagoma. Robert non capiva, eppure dentro quelle vasche c'era soltanto acqua con qualche bolla di sapone. Si fece coraggio e, con voce tremante, chiese: "m-m-mi s-s-scusi.. ma di cosa si occupa?" . "Mi occupo dei ricordi, Robert! Ricordi di bambini, ricordi dei malvagi, ricordi delle donne, ricordi degli alberi, ricordi dei pesci e degli uccelli del cielo. I ricordi degli angeli e i ricordi dei demoni. I ricordi degli dei. I ricordi della storia, i ricordi della matematica, i ricordi dell'arte. I ricordi della musica e i ricordi degli stessi ricordi" disse la sagoma con voce possente. Robert rimase impietrito da quel che aveva appena sentito. Quindi quelle non erano semplici vasche piene d'acqua e bolle di sapone. "Io mi occupo di curare i ricordi, di lavarli e di custodirli" continuò la sagoma. "Questa è la mia cucina, la mia lavanderia e il mio laboratorio medico. I miei pazienti sono nelle miliardi di stanze che hai visto nel venire fin qui". Un suono di una pernacchia spuntò fuori dal computer. "Accidenti ogni giorni mi arrivano sempre mille uccelli arrampicatori" disse la sagoma sbuffando. "Quindi in un certo senso ti occupi del tempo" gli disse Robert. "Si, ma del tempo che fu" gli rispose la silhouette nera. "Allora potresti aiutarmi a controllare i miei ricordi, perché non so come son finito qui. Non so neanche che giorno sia oggi. Sento lo scorrere del tempo, ma non riesco a tracciarlo" rispose Robert. L'orologio di Robert era appannato, non riusciva più a leggere l'ora. "L'orologio in questi luoghi mi sembra inutile, ma per alcuni invece è essenziale" continuò Robert. "Ti prego dammi delle spiegazioni! Perché son finito qui? Ma soprattutto.. qui dove?".
La sagoma era pensierosa e lo fissava. Robert stava aspettando una risposta. Questa non arrivava. Dopo aver atteso millenni, arrivò. La sagoma gli disse: "Ti porto alla tua vasca, vieni Robert". Il sorriso ritornò sul volto di Robert. L'atmosfera cupa, si stava pian pianino diradando, si sentiva sollevato. Abbandonarono il laboratorio e ripercorsero il lungo corridoio. Camminarono, camminarono e camminarono. Dopo qualche minuto la sagoma si fermò davanti ad una porta. Sopra non c'erano insegne, nessun colore, nessuna etichetta. Era una porta in legno, semplice semplice, con il pomello in oro, così come tutte le altre. La sagoma aprì. In quella sala d'attesa v'erano tantissime vasche d'acqua, all'apparenza tutte uguali. "Ecco, questo è il ricordo legato alla tua scomparsa" gli confidò la sagoma. Era una vasca come le altre, soltanto con molte meno bolle. "Bisogna curarlo, perché non è molto nitido". Con l'aiuto di uno strano macchinario, la sagoma, prelevò il ricordo e lo mise in una provetta cilindrica, così da portarlo più comodamente in laboratorio. La sagoma misteriosa si mise subito a lavoro. Si infilò i guanti di plastica e curò il ricordo di Robert. Robert si sentiva strano, percepiva qualcosa. Vide una grande luce nei suoi ricordi, e come per magia ne riaffiorò uno in particolare: quello desiderato. Ma neanche il tempo di leggerlo, che istantaneamente scomparve. "Mi hai ingannato?!" urlò Robert. "Mi dispiace Robert. Ci sono cose che non ti è concesso conoscere". Proprio in quel momento si alzò una parete di bolle fra lui e la sagoma. Robert, vedeva la soluzione a portata di mano. Vedeva la risposta davanti a lui. Avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di ottenerla, ed è quello che fece. In un ultimo disperato tentativo, Robert si fece strada nella muraglia di bolle che lo separava dalla sagoma. Pian pianino le bolle, venivano meno, esplodevano, lasciando Robert senza ricordi. "Fermati Robert, così annienterai le tue memorie!" gli suggerì la sagoma. Robert si sentiva colpito dall'interno, ma la sua determinazione non venne meno e, con estrema caparbietà, continuò a buttar giù il suo muro. La sagoma misteriosa fu presa in contropiede, non avrebbe mai pensato ad un simile risvolto della situazione. Così corse velocemente verso un imponente macchinario. La console conteneva soltanto un pulsante rosso, con su scritto "premere soltanto in caso di emergenza". Senza pensarci due volte, la sagoma azionò il meccanismo. Tutto istantaneamente si fermò. Il tempo si fermò. Le bolle smisero di esplodere. Con cura, la sagoma recuperò le bolle rimaste. Erano molto danneggiate. La sagoma le curò e successivamente le depose accuratamente nelle loro piccole vasche. Ci mise qualche secondo, ma finalmente tutto era tornato alla normalità. Solo a quel punto che la sagoma premette di nuovo il pulsante rosso. Il tempo ritornò a scorrere, e Robert tornò a farsi strada in un muro che ormai non c'era più. Improvvisamente si accese una potente luce nei suoi ricordi: "Aaah adesso ricordo tutto". La sagoma stava in silenzio. "Devo andare in città a cercare Johanna. Grazie sagoma per tutto quello che hai fatto per me, non lo dimenticherò mai!" disse Robert. "Certo che non lo dimenticherai, perché io sarò sempre qui a ricordartelo" rispose sarcasticamente la sagoma
misteriosa. L'orologio di Robert era ancora appannato, non riusciva ancora leggere l'ora. La sagoma accompagnò Robert fuori dal laboratorio. "Ma adesso come raggiungo la terra?" chiese Robert. "Ma sei sulla terra, Robert!" gli suggerì la sagoma misteriosa. Robert si guardò intorno, e in effetti notò che non era più in cielo, sulle rive del mar divino. All'udire tale domanda, la sagoma rimase un po' perplessa. "Va bene allora arrivederci, e grazie ancora!". La silhouette scura salutò il forestiero e poi corse immediatamente a controllare che cosa potesse essere andato storto. Robert se ne andò, il suo viaggio proseguì. Si voltò a vedere quel che aveva appena lasciato: dal camino del laboratorio stavano fuggendo delle bolle. La luce del sole si specchiava in quei bellissimi ricordi e, come per
magia, colorava tutto il cielo. Robert poté vedere il suo passato, quei ricordi che fino a qualche attimo prima stava distruggendo. Vide le lacrime di sua madre, il suo primo giorno di scuola, la sua prima cotta. Le delusioni e i traguardi. Le vittorie e le sconfitte. Con le lacrime agli occhi, Robert proseguì per la sua strada, mentre alle sue spalle:
"Wuaaaah Wuaaaah Wuaaaah".
"signora, è un maschio"
"Lo chiamerò Robert".
Man mano che ascendeva al cielo, le pubblicità venivano meno. Il cielo era limpido, si stava decontaminando. Arrivò al capolinea: si ritrovò sulle rive del mar divino, davanti a lui un casolare abbandonato. Era intrappolato nell'edera rossa, mentre le piante verdi nascevano dal terreno. Dal capo fumava un grande camino. L'atmosfera era parecchio pesante, il luogo era raccomandabile per violentatori provetti, serial killer o semplicemente grandi curiosi. E Robert rientrava proprio in questa ultima categoria. Ad ogni passo, Robert poteva vedere la morte del cielo e la scomparsa dei suoi colori. La sera e il giorno stavano svanendo attimo dopo attimo. Dominava il bianco.
Sopra la testa di Robert un'infinità di sfumature di bianco dipingevano il cielo. Senza far rumore Robert aprì la porta ed entrò. Un lunghissimo corridoio, con ai lati delle porte, gli si presentò davanti. Robert non riusciva a vederne la fine. Centinaia, migliaia, milioni, addirittura miliardi di porte. "Eppure da fuori non sembrava così grande" pensò fra sè e sè. Provò ad entrare in una stanza,
ma niente, era chiusa. Allora tentò con un'altra, ma niente, era chiuse pure quella. Udì dei passi provenire dal fondo del corridoio. Curioso com'era attese. I passi si facevano sempre più vicini. L'aria attorno a lui si stava facendo sempre nera."Accidenti è bloccata!". La porta d'ingresso era bloccata, non poteva fuggire. I passi erano praticamente davanti a lui. Era in trappola. Poteva ormai scorgerne l'origine: una sagoma nera. Una silhouette scura, senza volto, senza scarpe, senza vestiti, senza capelli, senza forcone e senza aureola. "Chi sei tu?" chiese la sagoma. Robert sconvolto dalla vista dell'essere, non spiccicò parola alcuna. "Benvenuto nel mio laboratorio" proseguì.
"Vieni, voglio mostrarti qualcosa di interessante". Robert non aveva scelta, e quindi seguì la sagoma. Il corridoio sembrava non finire mai. Le pareti bianche si confondevano con il soffitto. Era totalmente in vetro, e quindi lasciava agli occhi di Robert la difficoltà di distinguere il cielo dalle pareti del corridoio. La "mostra delle porte" continuava e ancora nessun punto di arrivo. Passarono secondi e ancora niente. Finalmente la coppia arrivò alla fine. Un enorme portone interamente in legno gli si parò davanti. Strani segni, disposti in modo disordinato, coloravano la porta. Provenivano da un altro pianeta, non era di certo un linguaggio terrestre.
La sagoma spalancò il portone. L'arredamento era molto semplice: tante vasche cilindriche disposte una accanto all'altra. Vasche piene di acqua e bolle di sapone. Da fuori sembravano tutte uguali, ma invece.. Da una parte c'erano dei macchinari, stile lavatrici per fare il bucato.
In un angolo erano accatastati un sacco di prodotti per il lavaggio: saponette, detersivi, saponi d'ogni tipo, ecc. Una piccola scrivania, con sopra una pila altissima di scartoffie, troneggiava al centro della grande sala. L'atmosfera che Robert avvertiva in quella stanza era un po' cupa. Non era una stanza molto illuminata, solo una piccola luce soffusa riusciva a dar vita a quel disordine.
Un picco luminoso veniva da un vecchio computer, posizionato strategicamente sopra la scrivania.
All'ingresso un accogliente appendi-abiti, con attaccati dei camici bianchi, un paio di occhialoni e un sacchetto con dei guanti in plastica. "Questo è il mio laboratorio! Questo è il mio lavoro" disse la sagoma. Robert non capiva, eppure dentro quelle vasche c'era soltanto acqua con qualche bolla di sapone. Si fece coraggio e, con voce tremante, chiese: "m-m-mi s-s-scusi.. ma di cosa si occupa?" . "Mi occupo dei ricordi, Robert! Ricordi di bambini, ricordi dei malvagi, ricordi delle donne, ricordi degli alberi, ricordi dei pesci e degli uccelli del cielo. I ricordi degli angeli e i ricordi dei demoni. I ricordi degli dei. I ricordi della storia, i ricordi della matematica, i ricordi dell'arte. I ricordi della musica e i ricordi degli stessi ricordi" disse la sagoma con voce possente. Robert rimase impietrito da quel che aveva appena sentito. Quindi quelle non erano semplici vasche piene d'acqua e bolle di sapone. "Io mi occupo di curare i ricordi, di lavarli e di custodirli" continuò la sagoma. "Questa è la mia cucina, la mia lavanderia e il mio laboratorio medico. I miei pazienti sono nelle miliardi di stanze che hai visto nel venire fin qui". Un suono di una pernacchia spuntò fuori dal computer. "Accidenti ogni giorni mi arrivano sempre mille uccelli arrampicatori" disse la sagoma sbuffando. "Quindi in un certo senso ti occupi del tempo" gli disse Robert. "Si, ma del tempo che fu" gli rispose la silhouette nera. "Allora potresti aiutarmi a controllare i miei ricordi, perché non so come son finito qui. Non so neanche che giorno sia oggi. Sento lo scorrere del tempo, ma non riesco a tracciarlo" rispose Robert. L'orologio di Robert era appannato, non riusciva più a leggere l'ora. "L'orologio in questi luoghi mi sembra inutile, ma per alcuni invece è essenziale" continuò Robert. "Ti prego dammi delle spiegazioni! Perché son finito qui? Ma soprattutto.. qui dove?".
La sagoma era pensierosa e lo fissava. Robert stava aspettando una risposta. Questa non arrivava. Dopo aver atteso millenni, arrivò. La sagoma gli disse: "Ti porto alla tua vasca, vieni Robert". Il sorriso ritornò sul volto di Robert. L'atmosfera cupa, si stava pian pianino diradando, si sentiva sollevato. Abbandonarono il laboratorio e ripercorsero il lungo corridoio. Camminarono, camminarono e camminarono. Dopo qualche minuto la sagoma si fermò davanti ad una porta. Sopra non c'erano insegne, nessun colore, nessuna etichetta. Era una porta in legno, semplice semplice, con il pomello in oro, così come tutte le altre. La sagoma aprì. In quella sala d'attesa v'erano tantissime vasche d'acqua, all'apparenza tutte uguali. "Ecco, questo è il ricordo legato alla tua scomparsa" gli confidò la sagoma. Era una vasca come le altre, soltanto con molte meno bolle. "Bisogna curarlo, perché non è molto nitido". Con l'aiuto di uno strano macchinario, la sagoma, prelevò il ricordo e lo mise in una provetta cilindrica, così da portarlo più comodamente in laboratorio. La sagoma misteriosa si mise subito a lavoro. Si infilò i guanti di plastica e curò il ricordo di Robert. Robert si sentiva strano, percepiva qualcosa. Vide una grande luce nei suoi ricordi, e come per magia ne riaffiorò uno in particolare: quello desiderato. Ma neanche il tempo di leggerlo, che istantaneamente scomparve. "Mi hai ingannato?!" urlò Robert. "Mi dispiace Robert. Ci sono cose che non ti è concesso conoscere". Proprio in quel momento si alzò una parete di bolle fra lui e la sagoma. Robert, vedeva la soluzione a portata di mano. Vedeva la risposta davanti a lui. Avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di ottenerla, ed è quello che fece. In un ultimo disperato tentativo, Robert si fece strada nella muraglia di bolle che lo separava dalla sagoma. Pian pianino le bolle, venivano meno, esplodevano, lasciando Robert senza ricordi. "Fermati Robert, così annienterai le tue memorie!" gli suggerì la sagoma. Robert si sentiva colpito dall'interno, ma la sua determinazione non venne meno e, con estrema caparbietà, continuò a buttar giù il suo muro. La sagoma misteriosa fu presa in contropiede, non avrebbe mai pensato ad un simile risvolto della situazione. Così corse velocemente verso un imponente macchinario. La console conteneva soltanto un pulsante rosso, con su scritto "premere soltanto in caso di emergenza". Senza pensarci due volte, la sagoma azionò il meccanismo. Tutto istantaneamente si fermò. Il tempo si fermò. Le bolle smisero di esplodere. Con cura, la sagoma recuperò le bolle rimaste. Erano molto danneggiate. La sagoma le curò e successivamente le depose accuratamente nelle loro piccole vasche. Ci mise qualche secondo, ma finalmente tutto era tornato alla normalità. Solo a quel punto che la sagoma premette di nuovo il pulsante rosso. Il tempo ritornò a scorrere, e Robert tornò a farsi strada in un muro che ormai non c'era più. Improvvisamente si accese una potente luce nei suoi ricordi: "Aaah adesso ricordo tutto". La sagoma stava in silenzio. "Devo andare in città a cercare Johanna. Grazie sagoma per tutto quello che hai fatto per me, non lo dimenticherò mai!" disse Robert. "Certo che non lo dimenticherai, perché io sarò sempre qui a ricordartelo" rispose sarcasticamente la sagoma
misteriosa. L'orologio di Robert era ancora appannato, non riusciva ancora leggere l'ora. La sagoma accompagnò Robert fuori dal laboratorio. "Ma adesso come raggiungo la terra?" chiese Robert. "Ma sei sulla terra, Robert!" gli suggerì la sagoma misteriosa. Robert si guardò intorno, e in effetti notò che non era più in cielo, sulle rive del mar divino. All'udire tale domanda, la sagoma rimase un po' perplessa. "Va bene allora arrivederci, e grazie ancora!". La silhouette scura salutò il forestiero e poi corse immediatamente a controllare che cosa potesse essere andato storto. Robert se ne andò, il suo viaggio proseguì. Si voltò a vedere quel che aveva appena lasciato: dal camino del laboratorio stavano fuggendo delle bolle. La luce del sole si specchiava in quei bellissimi ricordi e, come per
magia, colorava tutto il cielo. Robert poté vedere il suo passato, quei ricordi che fino a qualche attimo prima stava distruggendo. Vide le lacrime di sua madre, il suo primo giorno di scuola, la sua prima cotta. Le delusioni e i traguardi. Le vittorie e le sconfitte. Con le lacrime agli occhi, Robert proseguì per la sua strada, mentre alle sue spalle:
"Wuaaaah Wuaaaah Wuaaaah".
"signora, è un maschio"
"Lo chiamerò Robert".
continua..
Opera scritta il 29/07/2017 - 14:29
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Commenti
Bello questo racconto fantastico, con il protagonista alla ricerca dei ricordi perduti. Giulio Soro
Giulio Soro 30/07/2017 - 11:29
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