L'AMORE DRAMMATICO PER L'ITALIANO di Ivan Petryshyn
di Ivan Petryshyn
Non si può sapere il futuro, ma lo si può indovinare.
La capricciosa Fortuna ti suggerisce, e quello è il tuo compito d'indovinare, cosa si vuol dire.
Dunque, quando io ero uno studente delle lingue in un' Università nell'Europa dell'Est, una volta,
sono andato in una libreria della città, ed ho incontrato un manuale della lingua italiana.
Già sapevo alcune lingue: l'ucraino, il russo e il polacco. Anche - un po' - del tedesco.
Mi piaceva molto quella lingua, vicina al latino, che anche abbiamo studiato.
Di sera, quando avevo del tempo, facevo un po' d'italiano. Studiavo i testi del manuale a memoria, siccome non c'erano altri libri in italiano. Ho giurato a me stesso d'imparare la lingua, quando diverrò un maestro.
Mi sono laureato, sono andato a una regione, dove abitavano la mia mamma e i miei parenti, e mi sono fatto un maestro della lingua inglese in una scuola media superiore.
Un anno dopo, mi sono iscritto ai corsi della lingua italiana, e... stavo studiando per 3 anni mandando i miei lavori e gli esami scritti alla capitale. Dopo il corso, mi sono recato alla capitale per fare un esame orale. L'ho passato con un gran successo, perché anche leggevo delle riviste locali in italiano, ed ascoltavo la radio, anche - in italiano.
Quando ho fatto l'esame, mi hanno chiesto, se avevo già la laurea, e, siccome- sì, che la già avevo, mi hanno spiegato che è un'educazione continua, e ho ricevuto il grado, che mi permetteva di insegnare la lingua italiana o anche di tradurre, siccome, la traduzione era una delle materie, che avevamo imparato. Mi domandava, se ho qualche possibilità di lavorare con la lingua. No- non l'avevo. Mi dispiace, - ha detto la professoressa. E- tutto.
Solo, molti anni dopo, quando lavoravo come un docente formatore della lingua inglese, negli anni novanta del secolo passato, avevo ricevuto la possibilità di rinnovare la mia pratica della lingua italiana tramite le interpretazioni per le ditte, che avevano stabilito le relazioni con le ditte italiane.
Grazie a Dio, ho avuto la possibilità di vivere e di studiare in Italia. Dopo un certo periodo, dovevo ritornare al mio paese, però le mie relazioni con l'italiano e con l'Italia non sono state finite. Non posso neanche esprimere, come io amo quella lingua, le canzoni, le poesie... Al mio amore infinito della lingua italiana hanno fatto uno stop gli altri, la gente, che non la amava o che mi odiava. Guardate, che cos'è successo.
Alla nostra università, una volta era arrivato un professore dalla capitale del nostro paese. Avevamo parlato un po' delle lingue e delle prospettive, e mi hanno fatto un'offerta del lavoro: insegnare l'italiano e la traduzione. Mi piaceva il lavoro, anche se avevo molti problemi nella vita: dovevo lasciare l'università per motivo della mia moglie: i viaggi non sono molto utili alle donne- incontrano delle tentazioni, falliscono materialmente e poi- moralmente, avendo dimenticato il solenne giuramento all' altare, che, tra un poco, diventa solo un ricordo incomodo. Dovevo studiare, dare degli esami per un titolo accademico del candidato delle scienze, scrivere e stampare dei piani delle varie discipline (fino alle 11 della notte), verificare i lavori degli studenti, dare dei voti, pensare alla mia vita quotidiana (le pulizie, preparazione delle pietanze ecc.).
Era difficile: dovevo vivere in una casa dello studente, in una stanza. Non si neanche pensava all'aria condizionata. Si doveva fare il bucato a mano, in un bacino. La doccia, si faceva giù, nel pianterreno. Non c'erano neanche delle tendine. A volte, non bastavano dei soldi: i prezzi erano abbastanza alti: la capitale- Lei lo sa. Tutto era, come in un sonno semi-reale. Delle difficoltà, delle fatiche, delle speranze... Ma c'erano anche dei periodi bellissimi: si facevano delle conoscenze, anche sui livelli molto alti. Però, mi sembrava, che non fossi stato accettato dall'élite della capitale. Ero buono, siccome riuscivo a tradurre facilmente in ucraino, che era una lingua artificiale per la maggior parte del popolo e degli studenti.
Era arrivato un periodo, quando dovevo condividere la stanza con uno studente della facoltà dei traduttori. Diventava un po' pesante: lui pensava, che io avrei potuto aiutarlo con la lingua inglese, mentre, io dovevo prepararmi per le lezioni, scrivere dei piani, scrivere degli articoli e studiare... Non potevo comprare nessun appartamento, la moglie non voleva trasferirsi alla capitale.. Ho fatto un' amicizia del secolo- con un specialista italiano, che, oggi, lavora i quella città. È già un dottore di ricerca. Studiava in Germania. È molto capace, di tanti talenti: ha imparato bene ucraino, russo bianco, sa il russo. È uno slavista. Mi invitava nell'Europa, però, avendo perso tutte le speranze, avendomi separato dalla ex-moglie per motivi morali e culturali, avendo ascoltato delle cose spiacevoli per me dalle bocche dei conoscenti, che mi promettevano l'appoggio, avendo meditato sulle parole "la lingua si è cambiata" (cioè, non potrai comunicare più), e - "abbiamo dei specialisti megli" ( anche, quando non li avevano, avendo voluto assumermi) ecc, ecc, ecc... e, avendo meditato le parole della mia ex-moglie "non sei nessuno qua", o da qualcun'altro - "sei un rotter"... - non ho nessuna voglia né d'incontrare quelle persone né di parlare con loro: "i ponti sono stati bruciati" per l'arroganza degli altri, per le sgarbazie, per l'orgolio, l'odio,per le scortesie, che, tutti insiemi, mi fanno svenire e detestare l'umanità, o una parte dell'umanità, che mi faceva soffrire.
Non tutto dell'italiano si è perso: ho insegnato l'italiano all'università, facevo delle interpretazioni, sto facendo delle traduzioni delle poesie italiane in ucraino, e, a volte- dall'italiano- all'ucraino, leggo, scrivo delle poesie, prego in italiano, come un certo chierico. Amo la lingua italiana, essendo uno slavo d'origine con una cittadinanza del campione per i diritti umani, i miei inclusi.
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