Quel giorno Stephane arrivò puntuale all’appuntamento a casa del signor Jacques De Bois: le 18:00 esatte.
Non era solito arrivare in orario agli appuntamenti: generalmente tardava volutamente concedendosi il cosiddetto quarto d’ora accademico; altre volte, invece, era semplicemente ritardatario. Ultimamente, tuttavia, stava riuscendo sempre più spesso ad essere più puntuale.
Suonò al citofono due volte velocemente, come per essere certo che il segnale elettrico fosse arrivato e il citofono all’interno della casa di Jacques De Bois suonasse.
Fuori pioveva piuttosto forte, ma per fortuna Stephane riuscì a non bagnarsi troppo grazie all’ombrello.
Attese qualche secondo.
-Sì?- chiese una voce umana dal suono metallico reso tale dal citofono.
-Sono, Stephane, monsieur De Bois- rispose Stephane.
-Ah, sì- fece di ricambio Jacques e aprì.
Stephane entrò nel condominio e dopo aver chiuso l’ombrello e averlo scotolato per far cadere l’acqua che vi era ancora impregnata, salì al secondo piano e trovò la porta già aperta, anche se socchiusa: capì che poteva entrare tranquillamente.
Entrato, non trovò nessuno.
-Monsieur De Bois, buonasera- disse Stephane con un tono di voce leggermente alto per farsi sentire non appena entrò .
-Sono in cucina, Stephane, sto spegnendo il the, arrivo subito- disse con tono calmo Jacques come per scusarsi.
Mentre aspettava, si sistemò togliendosi il cappotto e lo appese nell’apposito appendiabiti vicino la porta d’ingresso e poggiò pure l’ombrello in un apposito cestino lungo e di rame che fungeva da porta ombrelli.
Dopo qualche secondo, alla destra di Stephane, giunse Jacques De Bois.
-Stephane, buonasera, come sta?- chiese andando da Stephane salutandolo affettuosamente.
Jacques De Bois aveva quasi 69 anni, quasi settanta. Era un ormai ex professore di lettere in pensione da diversi anni . Aveva conosciuto Stephane un giorno in un parco in cui era solito andare a passeggiare, una domenica pomeriggio di qualche mese fa. Da allora cominciarono a stringere un rapporto di quella che poteva definirsi un’amicizia tra un settantenne ed un ragazzo, che forse ragazzo più non era, di 27 anni scarsi. Nonostante tra lui e Stephane ci fosse un divario di più di 40 anni, gli dava del “lei”.
-Tutto bene, monsieur De Bois- rispose quasi automaticamente. In effetti si dice “tutto bene” anche quando non va tutto bene. Era una sorte di formula stilistica. Per fortuna, però, in fondo, quel giorno la risposta “tutto bene” coincideva con la verità.
-Se vuole accomodarsi in soggiorno, io porto il the e tutto il resto.
-Non vuole una mano?
-Assolutamente, la ringrazio. E poi, è mio ospite.
Jacques si allontanò lasciando Stephane solo.
Si recò nell’elegante soggiorno e si avvicinò al tavolo della sala da pranzo.
Era ormai solito venire a trovare Jacques De Bois a casa sua. Inizialmente si incontravano solamente al parco, la domenica pomeriggio. Di recente, invece, Stephane strinse un rapporto più intenso, e dato che le piogge o l’inverno impedivano spesso di uscire di casa, Jacques gli diede il suo indirizzo e gli disse che se ogni tanto voleva, poteva venire a trovarlo a casa sua.
Tra i due era nato un rapporto che poteva convenzionalmente dirsi di amicizia. Eppure Stephane non poteva considerare il signor De Bois un classico amico. Nei suoi confronti provava un senso di ammirazione e di affetto. Come quello che si può provare verso un saggio nonno nei cui confronti si può parlare liberamente.
Nell’attesa, si diresse verso la lunga libreria di Jacques e cominciò al suo solito a leggere i titoli dei vari libri che la componevano.
Era incredibile quanti libri avesse letto il signor De Bois nella sua vita. Stephane ne restava sempre sorpreso e affascinato. Per certi aspetti, avrebbe voluto anche lui avere in futuro una libreria del genere in una sua futura casa.
Ma all’età di 27 anni era ancora presto e considerato che lavorava da poco e viveva ancora coi suoi, questa restò una sua fantasia.
Jacques entrò in soggiorno tenendo un vassoio dove c’erano un servizio da the elegante con due tazze, una zuccheriera e qualche biscotto.
In quella casa si poteva respirare tranquillità.
-Eccoci qui- esordì Jacques.
Presero posto.
-Quanto di zucchero?- chiese Jacques.
-Tre cucchiaini, anzi facciamo 4- rispose Stephane.
-Lei è uno di quelli che prende lo zucchero col the al posto del the con lo zucchero.
-Beh, monsieur Jacques- disse Stephane- non sono mai stato amante del the. Se ultimamente lo bevo di più è grazie a lei. Il gusto prima mi dava anche fastidio, ma, con lo zucchero, ultimamente, diviene piacevole.
-Non si preoccupi, Stephane- fece Jacques- il fatto che lei stia prendendo l’abitudine è già un’ottima cosa. Vedrà che col tempo lo apprezzerà sempre di più. Ha poco più di 25 anni ancora: c’è ancora tempo.
Evidentemente per gli occhi di Jacques, Stephane era ancora un ragazzo che doveva crescere e divenire adulto.
-Questo mi consola- rispose Stephane con un pizzico di ironia.
Stephane cominciò a mescolare il suo the col cucchiaino che gli aveva servito Jacques e ne bevve un sorso. Jacques lo imitò.
-È buono?
-Non potrei dirle che non mi piace neanche se fosse la verità. Ma in questo caso mi viene facile dire che è veramente buono. Non è il solito the che fa lei. C’è qualche spezia in particolare?
Jacques lo guardò sorridendo.
-Vaniglia: un amico mio mi ha suggerito questo perché piace un po’ a tutti. Diciamo che non si può sbagliare.
-Beh, il suo amico ci vede giusto.
Bevvero il the con calma discorrendo di quanto avvenuto nelle vite di ciascuno di loro nei giorni scorsi mentre fuori la pioggia cadeva sempre più fitta.
Per certi aspetti, la pioggia rese il the ancora più piacevole. Forse era dovuto al fatto che dentro la casa, al sicuro, gustarsi quella bevanda calda mentre fuori la pioggia continuava a battere forte e il vento cominciava ad innalzarsi, dava un senso di tepore.
-E con il lavoro? Come va con il lavoro?
-Oh, solita vita, monsieur De Bois. Clienti di qua, clienti di là. Ritmi piuttosto frenetici ma non mi lamento. Domani per fortuna non lavoro. Quindi avrò tutto il tempo che voglio per dedicarmi ad altro.
-L’importante che le cose lì vadano bene. Lavorare in un giusto ambiente è necessario. Se si lavora in un brutto ambiente c’è il rischio di diventare matti dopo qualche giorno di lavoro.
-Non pensavo che un ex professore di lettere ormai in pensione da anni sapesse come fosse il mondo della gestione dei crediti. Ne ha a che fare spesso?
-Mai, veramente. Ma durante la mia vita lavorativa ho capito che l’ambiente lavorativo conta più della mansione lavorativa. Nonostante uno sia addetto ai lavori in cui si richiede molta forza, se ci si trova bene coi compagni di lavoro, la fatica è secondaria.
-Attualmente mi trovo bene. Riesco anche a conciliare il tutto con Charlotte.
-Ah, Charlotte. Mi dica, come va con lei? Finora me ne ha accennato ma non mi ha detto se la situazione è migliorata.
-Ultimamente va meglio. Però vedo che c’è sempre qualcosa che non va.
-Stessa situazione di prima?
-Più o meno, moniseur De Bois. Diciamo che mi sto rendendo conto che quella complicità sta venendo meno.
-E le cause, Stephane? Quali pensano possano essere le cause?
-Non saprei. Direi tutte e nessuna. Prima bastava poco per trovarsi bene. Ultimamente, invece, noto che litighiamo spesso. Poi ci riappacifichiamo, salvo poi tornare a litigare.
Però ho trovato un modo per rimediare a questo problema.
-In cosa consiste?
-È un gesto forte. Direi un gesto eclatante. Si tratta di un viaggio. Ultimamente ho messo qualche cosa da parte e mi piacerebbe regalarle un bel viaggio. Pagherò tutto io. È un modo per dimostrarle quanto ci tenga a lei. Penso potrebbe risolvere il tutto. A lavoro ho già accennato alla possibilità che io possa partire e, purché dia il solito congruo preavviso, posso prendermi qualche giorno di ferie.
Stephane disse il tutto in maniera convinta e decisa. Come se quella frase fosse il risultato di una attenta ponderazione durata giorni.
Jacques lo guardò a lungo attento, ma si vedeva che il suo volto non era l’emblema della convinzione.
-Ho detto qualcosa che non va?
-No, Stephane non si preoccupi. O meglio: non mi convince molto quello che ha detto, ma non è colpa sua in fondo. È normale che lei abbia pensato che un viaggio potesse risolvere i vostri problemi.
-Non la seguo, mi scusi. Lei non pensa che possa essere una buona soluzione questa? Si tratta di un gesto molto grande e significativo.
-Non nego che lo sia. Però, non è con ciò che riuscirete a risolvere i vostri problemi.
-Perché lo pensa?
-Stephane, quello che lei sta compiendo per Charlotte è sicuramente un “gesto eclatante”. Ma i gesti eclatanti non salvano le relazioni.
Certo, magari possono impedire che una relazione sull’orlo del precipizio, possa cadere dal precipizio stesso. Tuttavia non risolvono i problemi.
I gesti eclatanti, come regalare un viaggio, fare un gesto sempre promesso e mai compiuto, realizzare una dichiarazione di amore sempre voluta e mai fatta, e via discorrendo, non mantengono salda una relazione. Una volto che il loro effetto si è dissolto, i problemi ritorneranno.
Stephane ascoltava attentamente le parole di Jacques. Erano parole di un uomo vissuto. Sembrava quasi che quelle parole fossero il frutto di esperienze vissute sulla stessa pelle di Jacques.
-Mi scusi, monsieur De Bois, allora che cosa mi permetterà di salvare questa relazione?
Per la prima volta ci fu qualche momento di silenzio, colmato soltanto dalla pioggia di fuori.
Jacques distolse lo sguardo da Stephane e lo volse verso un tavolino in fondo al soggiorno, accanto ai divani, sopra il quale c’erano delle foto tra cui una che ritraeva lui e sua moglie da giovani. Poi rivolse lo sguardo a Stephane e, pacatamente, ripose.
-Penso che un elemento per capire se la persona che si ha accanto sia la persona giusta sia vedere se con lei si possa vivere una “piacevole e armoniosa quotidianità”.
-mmm… penso di seguirvi ma non troppo.
-I gesti eclatanti non mantengono a lungo una relazione. Quello che può farlo è vivere in maniera piacevole e armoniosa la propria quotidianità con quella persona.
Se lei riesce a vivere con Charlotte piacevolmente la sua quotidianità, allora e solo allora capirà che sta con la persona giusta e allora e solo allora i problemi si potranno risolvere (tra l’altro, aggiungerei, che allora e solo allora dovrebbe regalarle il viaggio).
Quotidianità non deve significare ripetizione costante delle stesse azioni, quasi come fosse una noiosa routine; quanto piuttosto un piacevole trascorrere le proprie giornate in compagnia di quella persona avendo piacere nel fare le cose più piccole e quotidiane: dormire con lei; svegliarsi e preparare la colazione; uscire a fare la spesa; parlare di quello che è successo a lavoro; stare assieme a casa a guardare la televisione; il semplice cenare e andare a letto subito dopo perché stanchi dalla giornata e via discorrendo.
Quotidianità però, le ripeto, non vuol dire routine. Ecco perché per essa deve intendersi un piacevole trascorrere le proprie giornate assieme a quella persona in senso lato. Ecco perché in tale quotidianità sono compresi pure i viaggi fatti assieme; le giornate passate a visitar musei e le mostre del periodo; l’andare al cinema o a teatro; le ubriacature fatte assieme; le gita fuori porta in cui si visita un borgo tipico; le domeniche passate ai centri commerciali; le giornate passate a letto a fare l’amore; quelle improvvise voglie di uscire di casa senza avere programmi o mete precise; il costruire assieme un qualcosa; quelle piccole cose improvvise ma costanti come una carezza improvvisa, un ultimo bacio prima di dormire, una piccola sorpresa e così via.
Non che in tutto ciò bisogna sprizzare di amore come quello del primo giorno o si debba immaginare chissà quale scena di film romantico. È un piacere intimo, leggero, quasi invisibile ma percepibile, non necessariamente di tante e molte parole. In una parola è armonia.
Se con la persona con cui stiamo tutto ciò viene fatto piacevolmente, senza pesi, in maniera armoniosa, allora siamo con la persona giusta.
Una semplice ma piacevole quotidianità. E’ questo il trucco; è questo che mantiene salda una relazione.
Stephane, se con Charlotte riuscirà a vivere tutto questo, allora Charlotte è la persona giusta per lei.
Stephane aveva ascoltato con attenzione quanto aveva detto Jacques.
-E i problemi, monsieur De Bois? I problemi non penso possano comunque svanire per sempre. Voglio dire, tra due persone, in una relazione, i problemi prima o poi, piccoli o grandi, ci saranno sempre.
-Anche i problemi fanno parte della quotidianità. Ci sono giorni senza problemi; giorni con qualche problema e periodi bui pieni di problemi. I problemi fanno da sempre parte delle relazioni. Anzitutto quelle umane. La convivenza con gli uomini e tra gli uomini ha sempre creato problemi. Ma finché questi momenti non superano i momenti della piacevole quotidianità, allora quella quotidianità potrà ancora conservare la sua natura positiva. Ha fatto bene comunque a farlo notare.
Seguirono giusto un paio di secondi di ulteriore silenzio.
-Forse ha ragione, sa, monsieur De Bois?
-In questo momento lei diciamo è offuscato dai fumi della infatuazione. Si prenda un po’ di tempo.
Quelle parole di Jacques lasciarono qualcosa dentro Stephane, come se quelle parole avessero svegliato qualcosa in lui; come se quelle parole gli avessero svelato una verità che Stephane non voleva o non riusciva a vedere e ad accettare.
Finirono di prendere il the con calma, continuando a discorrere a lungo finché la pioggia non cessò del tutto.
-Adesso è meglio che vada, monsieur De Bois. La pioggia è scampata. Ma potrebbe tornare a piovere nuovamente tra un po’. Spero di venirla a trovare nuovamente presto.
-Quando vuole, Stephane. La aspetto.
Si alzarono praticamente assieme, lasciando tutto sul tavolo.
Si recarono alla porta di ingresso e Stephane prese con sé il cappotto e l’ombrello. Poi, fermandosi, poco prima di aprire ma con la mano già sulla maniglia , chiese a Jacques.
-Monsieur Jacques?
L’aveva chiamato quasi per nome. Per la prima volta. Quasi come se avessero raggiunto un grado di intimità maggiore. Jacques non se ne accorse neanche, o forse sì, ma non disse nulla. Evidentemente Jacques aveva a cuore Stephane come fosse un nipote.
-Sì?
-Quella piacevole quotidianità di cui mi parlava prima. Lei l’ha sperimentata mai davvero?
-Fin quando non se ne andò mia moglie- rispose lapidario Jacques.
Non era solito arrivare in orario agli appuntamenti: generalmente tardava volutamente concedendosi il cosiddetto quarto d’ora accademico; altre volte, invece, era semplicemente ritardatario. Ultimamente, tuttavia, stava riuscendo sempre più spesso ad essere più puntuale.
Suonò al citofono due volte velocemente, come per essere certo che il segnale elettrico fosse arrivato e il citofono all’interno della casa di Jacques De Bois suonasse.
Fuori pioveva piuttosto forte, ma per fortuna Stephane riuscì a non bagnarsi troppo grazie all’ombrello.
Attese qualche secondo.
-Sì?- chiese una voce umana dal suono metallico reso tale dal citofono.
-Sono, Stephane, monsieur De Bois- rispose Stephane.
-Ah, sì- fece di ricambio Jacques e aprì.
Stephane entrò nel condominio e dopo aver chiuso l’ombrello e averlo scotolato per far cadere l’acqua che vi era ancora impregnata, salì al secondo piano e trovò la porta già aperta, anche se socchiusa: capì che poteva entrare tranquillamente.
Entrato, non trovò nessuno.
-Monsieur De Bois, buonasera- disse Stephane con un tono di voce leggermente alto per farsi sentire non appena entrò .
-Sono in cucina, Stephane, sto spegnendo il the, arrivo subito- disse con tono calmo Jacques come per scusarsi.
Mentre aspettava, si sistemò togliendosi il cappotto e lo appese nell’apposito appendiabiti vicino la porta d’ingresso e poggiò pure l’ombrello in un apposito cestino lungo e di rame che fungeva da porta ombrelli.
Dopo qualche secondo, alla destra di Stephane, giunse Jacques De Bois.
-Stephane, buonasera, come sta?- chiese andando da Stephane salutandolo affettuosamente.
Jacques De Bois aveva quasi 69 anni, quasi settanta. Era un ormai ex professore di lettere in pensione da diversi anni . Aveva conosciuto Stephane un giorno in un parco in cui era solito andare a passeggiare, una domenica pomeriggio di qualche mese fa. Da allora cominciarono a stringere un rapporto di quella che poteva definirsi un’amicizia tra un settantenne ed un ragazzo, che forse ragazzo più non era, di 27 anni scarsi. Nonostante tra lui e Stephane ci fosse un divario di più di 40 anni, gli dava del “lei”.
-Tutto bene, monsieur De Bois- rispose quasi automaticamente. In effetti si dice “tutto bene” anche quando non va tutto bene. Era una sorte di formula stilistica. Per fortuna, però, in fondo, quel giorno la risposta “tutto bene” coincideva con la verità.
-Se vuole accomodarsi in soggiorno, io porto il the e tutto il resto.
-Non vuole una mano?
-Assolutamente, la ringrazio. E poi, è mio ospite.
Jacques si allontanò lasciando Stephane solo.
Si recò nell’elegante soggiorno e si avvicinò al tavolo della sala da pranzo.
Era ormai solito venire a trovare Jacques De Bois a casa sua. Inizialmente si incontravano solamente al parco, la domenica pomeriggio. Di recente, invece, Stephane strinse un rapporto più intenso, e dato che le piogge o l’inverno impedivano spesso di uscire di casa, Jacques gli diede il suo indirizzo e gli disse che se ogni tanto voleva, poteva venire a trovarlo a casa sua.
Tra i due era nato un rapporto che poteva convenzionalmente dirsi di amicizia. Eppure Stephane non poteva considerare il signor De Bois un classico amico. Nei suoi confronti provava un senso di ammirazione e di affetto. Come quello che si può provare verso un saggio nonno nei cui confronti si può parlare liberamente.
Nell’attesa, si diresse verso la lunga libreria di Jacques e cominciò al suo solito a leggere i titoli dei vari libri che la componevano.
Era incredibile quanti libri avesse letto il signor De Bois nella sua vita. Stephane ne restava sempre sorpreso e affascinato. Per certi aspetti, avrebbe voluto anche lui avere in futuro una libreria del genere in una sua futura casa.
Ma all’età di 27 anni era ancora presto e considerato che lavorava da poco e viveva ancora coi suoi, questa restò una sua fantasia.
Jacques entrò in soggiorno tenendo un vassoio dove c’erano un servizio da the elegante con due tazze, una zuccheriera e qualche biscotto.
In quella casa si poteva respirare tranquillità.
-Eccoci qui- esordì Jacques.
Presero posto.
-Quanto di zucchero?- chiese Jacques.
-Tre cucchiaini, anzi facciamo 4- rispose Stephane.
-Lei è uno di quelli che prende lo zucchero col the al posto del the con lo zucchero.
-Beh, monsieur Jacques- disse Stephane- non sono mai stato amante del the. Se ultimamente lo bevo di più è grazie a lei. Il gusto prima mi dava anche fastidio, ma, con lo zucchero, ultimamente, diviene piacevole.
-Non si preoccupi, Stephane- fece Jacques- il fatto che lei stia prendendo l’abitudine è già un’ottima cosa. Vedrà che col tempo lo apprezzerà sempre di più. Ha poco più di 25 anni ancora: c’è ancora tempo.
Evidentemente per gli occhi di Jacques, Stephane era ancora un ragazzo che doveva crescere e divenire adulto.
-Questo mi consola- rispose Stephane con un pizzico di ironia.
Stephane cominciò a mescolare il suo the col cucchiaino che gli aveva servito Jacques e ne bevve un sorso. Jacques lo imitò.
-È buono?
-Non potrei dirle che non mi piace neanche se fosse la verità. Ma in questo caso mi viene facile dire che è veramente buono. Non è il solito the che fa lei. C’è qualche spezia in particolare?
Jacques lo guardò sorridendo.
-Vaniglia: un amico mio mi ha suggerito questo perché piace un po’ a tutti. Diciamo che non si può sbagliare.
-Beh, il suo amico ci vede giusto.
Bevvero il the con calma discorrendo di quanto avvenuto nelle vite di ciascuno di loro nei giorni scorsi mentre fuori la pioggia cadeva sempre più fitta.
Per certi aspetti, la pioggia rese il the ancora più piacevole. Forse era dovuto al fatto che dentro la casa, al sicuro, gustarsi quella bevanda calda mentre fuori la pioggia continuava a battere forte e il vento cominciava ad innalzarsi, dava un senso di tepore.
-E con il lavoro? Come va con il lavoro?
-Oh, solita vita, monsieur De Bois. Clienti di qua, clienti di là. Ritmi piuttosto frenetici ma non mi lamento. Domani per fortuna non lavoro. Quindi avrò tutto il tempo che voglio per dedicarmi ad altro.
-L’importante che le cose lì vadano bene. Lavorare in un giusto ambiente è necessario. Se si lavora in un brutto ambiente c’è il rischio di diventare matti dopo qualche giorno di lavoro.
-Non pensavo che un ex professore di lettere ormai in pensione da anni sapesse come fosse il mondo della gestione dei crediti. Ne ha a che fare spesso?
-Mai, veramente. Ma durante la mia vita lavorativa ho capito che l’ambiente lavorativo conta più della mansione lavorativa. Nonostante uno sia addetto ai lavori in cui si richiede molta forza, se ci si trova bene coi compagni di lavoro, la fatica è secondaria.
-Attualmente mi trovo bene. Riesco anche a conciliare il tutto con Charlotte.
-Ah, Charlotte. Mi dica, come va con lei? Finora me ne ha accennato ma non mi ha detto se la situazione è migliorata.
-Ultimamente va meglio. Però vedo che c’è sempre qualcosa che non va.
-Stessa situazione di prima?
-Più o meno, moniseur De Bois. Diciamo che mi sto rendendo conto che quella complicità sta venendo meno.
-E le cause, Stephane? Quali pensano possano essere le cause?
-Non saprei. Direi tutte e nessuna. Prima bastava poco per trovarsi bene. Ultimamente, invece, noto che litighiamo spesso. Poi ci riappacifichiamo, salvo poi tornare a litigare.
Però ho trovato un modo per rimediare a questo problema.
-In cosa consiste?
-È un gesto forte. Direi un gesto eclatante. Si tratta di un viaggio. Ultimamente ho messo qualche cosa da parte e mi piacerebbe regalarle un bel viaggio. Pagherò tutto io. È un modo per dimostrarle quanto ci tenga a lei. Penso potrebbe risolvere il tutto. A lavoro ho già accennato alla possibilità che io possa partire e, purché dia il solito congruo preavviso, posso prendermi qualche giorno di ferie.
Stephane disse il tutto in maniera convinta e decisa. Come se quella frase fosse il risultato di una attenta ponderazione durata giorni.
Jacques lo guardò a lungo attento, ma si vedeva che il suo volto non era l’emblema della convinzione.
-Ho detto qualcosa che non va?
-No, Stephane non si preoccupi. O meglio: non mi convince molto quello che ha detto, ma non è colpa sua in fondo. È normale che lei abbia pensato che un viaggio potesse risolvere i vostri problemi.
-Non la seguo, mi scusi. Lei non pensa che possa essere una buona soluzione questa? Si tratta di un gesto molto grande e significativo.
-Non nego che lo sia. Però, non è con ciò che riuscirete a risolvere i vostri problemi.
-Perché lo pensa?
-Stephane, quello che lei sta compiendo per Charlotte è sicuramente un “gesto eclatante”. Ma i gesti eclatanti non salvano le relazioni.
Certo, magari possono impedire che una relazione sull’orlo del precipizio, possa cadere dal precipizio stesso. Tuttavia non risolvono i problemi.
I gesti eclatanti, come regalare un viaggio, fare un gesto sempre promesso e mai compiuto, realizzare una dichiarazione di amore sempre voluta e mai fatta, e via discorrendo, non mantengono salda una relazione. Una volto che il loro effetto si è dissolto, i problemi ritorneranno.
Stephane ascoltava attentamente le parole di Jacques. Erano parole di un uomo vissuto. Sembrava quasi che quelle parole fossero il frutto di esperienze vissute sulla stessa pelle di Jacques.
-Mi scusi, monsieur De Bois, allora che cosa mi permetterà di salvare questa relazione?
Per la prima volta ci fu qualche momento di silenzio, colmato soltanto dalla pioggia di fuori.
Jacques distolse lo sguardo da Stephane e lo volse verso un tavolino in fondo al soggiorno, accanto ai divani, sopra il quale c’erano delle foto tra cui una che ritraeva lui e sua moglie da giovani. Poi rivolse lo sguardo a Stephane e, pacatamente, ripose.
-Penso che un elemento per capire se la persona che si ha accanto sia la persona giusta sia vedere se con lei si possa vivere una “piacevole e armoniosa quotidianità”.
-mmm… penso di seguirvi ma non troppo.
-I gesti eclatanti non mantengono a lungo una relazione. Quello che può farlo è vivere in maniera piacevole e armoniosa la propria quotidianità con quella persona.
Se lei riesce a vivere con Charlotte piacevolmente la sua quotidianità, allora e solo allora capirà che sta con la persona giusta e allora e solo allora i problemi si potranno risolvere (tra l’altro, aggiungerei, che allora e solo allora dovrebbe regalarle il viaggio).
Quotidianità non deve significare ripetizione costante delle stesse azioni, quasi come fosse una noiosa routine; quanto piuttosto un piacevole trascorrere le proprie giornate in compagnia di quella persona avendo piacere nel fare le cose più piccole e quotidiane: dormire con lei; svegliarsi e preparare la colazione; uscire a fare la spesa; parlare di quello che è successo a lavoro; stare assieme a casa a guardare la televisione; il semplice cenare e andare a letto subito dopo perché stanchi dalla giornata e via discorrendo.
Quotidianità però, le ripeto, non vuol dire routine. Ecco perché per essa deve intendersi un piacevole trascorrere le proprie giornate assieme a quella persona in senso lato. Ecco perché in tale quotidianità sono compresi pure i viaggi fatti assieme; le giornate passate a visitar musei e le mostre del periodo; l’andare al cinema o a teatro; le ubriacature fatte assieme; le gita fuori porta in cui si visita un borgo tipico; le domeniche passate ai centri commerciali; le giornate passate a letto a fare l’amore; quelle improvvise voglie di uscire di casa senza avere programmi o mete precise; il costruire assieme un qualcosa; quelle piccole cose improvvise ma costanti come una carezza improvvisa, un ultimo bacio prima di dormire, una piccola sorpresa e così via.
Non che in tutto ciò bisogna sprizzare di amore come quello del primo giorno o si debba immaginare chissà quale scena di film romantico. È un piacere intimo, leggero, quasi invisibile ma percepibile, non necessariamente di tante e molte parole. In una parola è armonia.
Se con la persona con cui stiamo tutto ciò viene fatto piacevolmente, senza pesi, in maniera armoniosa, allora siamo con la persona giusta.
Una semplice ma piacevole quotidianità. E’ questo il trucco; è questo che mantiene salda una relazione.
Stephane, se con Charlotte riuscirà a vivere tutto questo, allora Charlotte è la persona giusta per lei.
Stephane aveva ascoltato con attenzione quanto aveva detto Jacques.
-E i problemi, monsieur De Bois? I problemi non penso possano comunque svanire per sempre. Voglio dire, tra due persone, in una relazione, i problemi prima o poi, piccoli o grandi, ci saranno sempre.
-Anche i problemi fanno parte della quotidianità. Ci sono giorni senza problemi; giorni con qualche problema e periodi bui pieni di problemi. I problemi fanno da sempre parte delle relazioni. Anzitutto quelle umane. La convivenza con gli uomini e tra gli uomini ha sempre creato problemi. Ma finché questi momenti non superano i momenti della piacevole quotidianità, allora quella quotidianità potrà ancora conservare la sua natura positiva. Ha fatto bene comunque a farlo notare.
Seguirono giusto un paio di secondi di ulteriore silenzio.
-Forse ha ragione, sa, monsieur De Bois?
-In questo momento lei diciamo è offuscato dai fumi della infatuazione. Si prenda un po’ di tempo.
Quelle parole di Jacques lasciarono qualcosa dentro Stephane, come se quelle parole avessero svegliato qualcosa in lui; come se quelle parole gli avessero svelato una verità che Stephane non voleva o non riusciva a vedere e ad accettare.
Finirono di prendere il the con calma, continuando a discorrere a lungo finché la pioggia non cessò del tutto.
-Adesso è meglio che vada, monsieur De Bois. La pioggia è scampata. Ma potrebbe tornare a piovere nuovamente tra un po’. Spero di venirla a trovare nuovamente presto.
-Quando vuole, Stephane. La aspetto.
Si alzarono praticamente assieme, lasciando tutto sul tavolo.
Si recarono alla porta di ingresso e Stephane prese con sé il cappotto e l’ombrello. Poi, fermandosi, poco prima di aprire ma con la mano già sulla maniglia , chiese a Jacques.
-Monsieur Jacques?
L’aveva chiamato quasi per nome. Per la prima volta. Quasi come se avessero raggiunto un grado di intimità maggiore. Jacques non se ne accorse neanche, o forse sì, ma non disse nulla. Evidentemente Jacques aveva a cuore Stephane come fosse un nipote.
-Sì?
-Quella piacevole quotidianità di cui mi parlava prima. Lei l’ha sperimentata mai davvero?
-Fin quando non se ne andò mia moglie- rispose lapidario Jacques.
Opera scritta il 10/10/2017 - 18:10
Da Andrea Motta
Letta n.1263 volte.
Voto: | su 1 votanti |
Commenti
Davvero grazie, Vincent :))
Andrea Motta 11/10/2017 - 22:18
--------------------------------------
Lettura impeccabile. Scorrevole, leggera, senza sbavature. Complimenti.
Vincent Corbo 11/10/2017 - 08:53
--------------------------------------
Inserisci il tuo commento
Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.