Il silenzio della neve
Lui e la sua famiglia vivevano lì ormai da tre anni. La città era molto carina, e poi c'era il mare, e moglie e figlia, ogni estate, facevano la spola in autobus tra Livorno e la vicina Ardenza, oppure Tirrenia, trovando la cosa assai divertente.
La moglie Carla, al contrario di Giovanni, fu subito entusiasta della notizia.
Non temeva i cambiamenti, era un tipino molto dinamico e amante delle novità, a differenza del marito, dedito al lavoro anima e corpo e, per il resto, molto "amico" della sua poltrona e delle sue pantofole.
Non c'era comunque la possibilità di rifiutare: Giovanni aveva scelto di fare carriera, e quindi anche di accettare trasferimenti poco graditi.
La piccola Giulia, che allora aveva appena sette anni, si trovò presto nel vortice dell'ennesimo trasloco. Per lei l'unico grande rammarico era quello di lasciare la scuola e le sue simpatiche amichette, ma la mamma la consolava, sicura che a quell'età non ci sarebbero stati grandi problemi e Giulia si sarebbe presto inserita nel nuovo ambiente.
Arrivarono a Isernia alla fine di giugno, poco dopo la fine della scuola, in una bella giornata di sole.
L'aria era tersa e piacevolmente fresca e Giulia rimase colpita dalle vie della città: un saliscendi di strade e stradine; anche la nuova casa era in un palazzo alla fine di una lunga discesa.
Lungo tutto il marciapiede, ad altezza d'uomo, c'era un corrimano di ferro la cui funzione Giulia la capì solo in seguito: serviva per aggrapparcisi d'inverno, quando la neve ghiacciava e diventava pericoloso uscire se non adeguatamente attrezzati e...ancorati a quella specie di salvavita!
La sera stessa dell'arrivo nella nuova casa, all'ora di cena, suonò il campanello.
Era un omino piccolo e molto gentile, che si presentò a Carla dicendo di essere l'amministratore di quel palazzo.
Due occhi celesti e brillanti si intravedevano dietro ad un paio di occhiali dalle lenti molto spesse, e un sorriso caloroso accompagnò le parole dell'uomo fino alla fine del suo discorso.
In breve, la sostanza era questa: nel condominio erano tutti amici, forse qualcosa di più, e ogni occasione, onomastici, compleanni, festività natalizie e via dicendo, era buona per fare una grande festa che di solito si svolgeva nei locali dei garage sottostanti.
Si mangiava, si beveva, e soprattutto si suonava, quindi se qualcuno in famiglia sapeva strimpellare uno strumento, sarebbe stato ancora più gradito.
Carla non se lo fece ripetere due volte. Fin da bambina sapeva suonare il pianoforte, poi, proprio in occasione di un trasloco, il marito l'aveva convinta, chissà perché, a regalarlo ad un bimbo bisognoso, evitando così anche il fastidio del trasporto.
Il regalo fu fatto volentieri, Carla aveva un cuore grande e un animo sensibile, ma in fondo al cuore, le era rimasto il rammarico di non poter più avere una tastiera su cui improvvisare le sue canzoni preferite e distrarsi un po' dai suoi pensieri, quando ne aveva.
Così, detto fatto, non tardò ad arrivare la prima festa.
Carla era elettrizzata, aveva paura di sfigurare, ma da subito conquistò il pubblico dei nuovi conoscenti e fu un turbinio di walzer, tango, boogie woogie e tutto ciò che le veniva in mente, mentre l'amministratore la seguiva con la sua fisarmonica e l'inquilino del piano di sotto completava il bel quadretto suonando abilmente la batteria.
Giovanni era un pò scettico, all'inizio, forse anche un po' geloso della moglie, abituato com'era a vederla in casa tutto il giorno a cucire e a cucinare manicaretti.
Ma presto capì che Carla era come rinata, e fu felice per lei.
Lui stesso, normalmente schivo e incline alla solitudine, tirò fuori il suo lato migliore, scoprendosi simpatico e coinvolgente, tanto che tutti i suoi nuovi amici cercavano spesso la sua compagnia, mostrandogli grande stima e profondo affetto.
Giunse l'inverno, e Giulia, che si era perfettamente inserita nella nuova scuola, scoprì l' incanto della neve.
La lunga discesa che portava ai garage era perfetta per le scivolate con lo slittino insieme agli altri bambini; le guance rosse e le mani congelate, non si stancava mai di giocare.
A volte restava incollata per ore alla finestra, a contemplare quei grossi fiocchi che scendevano scomposti nelle bufere di vento, oppure lenti e ordinati e coprivano di un manto bianco e soffice ogni cosa: il grande prato davanti casa, le macchine, la strada.
Tutto in un attimo diventava candido, e scendeva un silenzio quasi magico: il silenzio della neve.
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i tuoi racconti Mimmi2 non hanno nulla da invidiare alle tue poesie.
scorre con piacere dipingendo la "semplicità" dei personaggi.
Brava, bello!