Arrivava. Lo sentiva. Lei era lì. Non era mai andata via. La ragazza aveva imparato a riconoscerla. Giungeva strisciando la bestia. Di volta in volta, con fattezze diverse,a volte umane, a disorientarla, a rubarle istanti di vita.
Una bimba che giocava con la sua mente, come fosse una palla. Gliela faceva rimbalzare dentro la testa, prendendosi gioco di lei.E quando,per qualche breve istante, riusciva ad afferrarla, ecco che la palla le sfuggiva di mano. Dispettosa, riprendeva in modo disordinato a rimbalzare. Un tam, tam che dalla testa, arrivava al cuore, e dal cuore, ad attanagliare la bocca dello stomaco, che prigioniero di tale morsa; sussultava. Così, durante questo gioco famelico, persistente e crudele, la ragazza veniva risucchiata in una vorticosa spirale, dove ogni energia si indeboliva, rimandandola sempre più in fondo; negli abissi,dove la bestia albergava.
Qui, spenta la luce, disorientata, un po’ si perdeva. Rimaneva silenziosa, guardinga, ad aspettare. Poi, quando la bestia con i suoi adunchi artigli cercava di sopraffarla, ecco che lei, velocemente la distraeva, scompigliando i pensieri, nutrendola di domande, donandole risposte, regalandole emozioni per tenerla occupata; affinché impegnata non la divorasse.
Così, dopo essersi saziata e rappacificata la bestia per un po’, si assopiva.
Per pochi, brevi attimi, la ragazza si beava del silenzio del nulla. Trovava conforto, fra le braccia dell’anima, che generosa la cullava, consapevole, che sarebbe stato facile lasciarsi andare a quel dolce languore. Poi, una voce,<<Tesoro! >> Una debole fiammella lontana, giungeva a ridestarla dall’oblio in cui galleggiava. Allora annaspando, nuotando, seguiva quella pallida luce e il richiamo morbido, dolce e persistente che la spronava al ritorno, le indicava la via.
Risalita la corrente di quel liquido amniotico che rischiava di farla annegare, la ragazza emergeva, risorgeva, rinasceva a nuova vita.
Agli inizi un po’ incerta, man mano più sicura, poi ferma sulle gambe: come una stella, si ergeva, abbracciava la vita: ritornava a splendere, di luce propria. La bestia non aveva vinto, e lei non aveva vinto la bestia: non del tutto.
Una guerra, la loro, che perdurava nel tempo. Una battaglia senza vincitori ne vinti. Perché ognuno lasciava in pegno qualcosa di sé, che rafforzava o indeboliva l’altro. Uno scambio, che manteneva entrambe in vita. La ragazza aveva imparato a non farsi sopraffare, a tenere a bada la bestia, a convivervi. Ad accettare la parte più oscura di sé: sapendo che avrebbe avuto sempre; dove, e per chi ritornare.
Una bimba che giocava con la sua mente, come fosse una palla. Gliela faceva rimbalzare dentro la testa, prendendosi gioco di lei.E quando,per qualche breve istante, riusciva ad afferrarla, ecco che la palla le sfuggiva di mano. Dispettosa, riprendeva in modo disordinato a rimbalzare. Un tam, tam che dalla testa, arrivava al cuore, e dal cuore, ad attanagliare la bocca dello stomaco, che prigioniero di tale morsa; sussultava. Così, durante questo gioco famelico, persistente e crudele, la ragazza veniva risucchiata in una vorticosa spirale, dove ogni energia si indeboliva, rimandandola sempre più in fondo; negli abissi,dove la bestia albergava.
Qui, spenta la luce, disorientata, un po’ si perdeva. Rimaneva silenziosa, guardinga, ad aspettare. Poi, quando la bestia con i suoi adunchi artigli cercava di sopraffarla, ecco che lei, velocemente la distraeva, scompigliando i pensieri, nutrendola di domande, donandole risposte, regalandole emozioni per tenerla occupata; affinché impegnata non la divorasse.
Così, dopo essersi saziata e rappacificata la bestia per un po’, si assopiva.
Per pochi, brevi attimi, la ragazza si beava del silenzio del nulla. Trovava conforto, fra le braccia dell’anima, che generosa la cullava, consapevole, che sarebbe stato facile lasciarsi andare a quel dolce languore. Poi, una voce,<<Tesoro! >> Una debole fiammella lontana, giungeva a ridestarla dall’oblio in cui galleggiava. Allora annaspando, nuotando, seguiva quella pallida luce e il richiamo morbido, dolce e persistente che la spronava al ritorno, le indicava la via.
Risalita la corrente di quel liquido amniotico che rischiava di farla annegare, la ragazza emergeva, risorgeva, rinasceva a nuova vita.
Agli inizi un po’ incerta, man mano più sicura, poi ferma sulle gambe: come una stella, si ergeva, abbracciava la vita: ritornava a splendere, di luce propria. La bestia non aveva vinto, e lei non aveva vinto la bestia: non del tutto.
Una guerra, la loro, che perdurava nel tempo. Una battaglia senza vincitori ne vinti. Perché ognuno lasciava in pegno qualcosa di sé, che rafforzava o indeboliva l’altro. Uno scambio, che manteneva entrambe in vita. La ragazza aveva imparato a non farsi sopraffare, a tenere a bada la bestia, a convivervi. Ad accettare la parte più oscura di sé: sapendo che avrebbe avuto sempre; dove, e per chi ritornare.
Opera scritta il 19/09/2013 - 10:37
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Commenti
Grazie Irene mi fa piacere che tu abbia recepito il senso del mio racconto.ciao
Claretta Frau 25/09/2013 - 19:28
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saper dove, e per chi ritornare, e un motivo sufficiente a spingersi verso qualunque viaggio, perfino quello contro la bestia. Chi conosce l'inquietudine capisce la ragazza, e sa della bestia, di questo tuo coinvolgente racconto.
Irene Fiume 24/09/2013 - 16:12
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Mi piace molto
Bard Rofrear 20/09/2013 - 23:14
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