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ALL' OMBRA DEGLI ULIVI

ALL'OMBRA DEGLI ULIVI



Aveva venticinque anni il giovane ufficiale dell’aeronautica Antonio Valli quando da Perugia, la sua città, giunse in Sicilia per prestare servizio nel Regio Aeroporto di Sciacca. Si trattava di un aeroporto di recente costruzione, in una località individuata dal Ministero dell’Aeronautica, in contrada Piana Misilifurni. La particolare posizione strategica nel Mediterraneo, importante per le operazioni militari, ne aveva deciso la costruzione e tutta la zona pianeggiante venne coltivata ad uliveti, piantati lungo tutto il perimetro della base militare, rendendo la base perfettamente nascosta e mimetizzata, tanto da essere definita “Aeroporto Fantasma”. L’amore che nasce tra Antonio e Chiara sarà presto spezzato dalla morte del giovane aviere durante una azione militare.
Alla fine della guerra Chiara si ritroverà sola ma riuscirà a raccogliere la forza per ricominciare grazie ai suoi alunni e al suo lavoro di insegnante. La lotta contro l’analfabetismo, la miseria e l’ignoranza, sarà la sua ragione di vita.



Antonio Valli lasciò la sua città alle prime ore del giorno e mentre percorreva la strada, si voltò a guardare la bellissima città di Perugia, ancora silenziosa e in dormiveglia, avvolta da una nebbia così fitta che impediva di poter essere ammirata interamente. Lasciava la sua città e le dolci e verdi colline umbre con tristezza, ma presto il suo sguardo tornò alla strada sterrata che la macchina guidata dall’autista percorreva. Doveva giungere alla stazione e da lì salire sul treno che l’avrebbe condotto in Sicilia. Era curioso di conoscere l’isola di cui aveva sentito sempre descrizioni e null’altro.
Sin da piccolo aveva mostrato un vivo interesse per gli aerei e il regalo che preferiva ricevere era un modellino di apparecchio. Finalmente cresciuto, a nulla erano valse le paure di sua madre, aveva fatto di tutto per poter accedere all’Accademia Aeronautica Militare e adesso, sebbene giovanissimo, era pronto alle azioni più pericolose. Le affrontava con un sorriso scanzonato e il ciuffo bruno di capelli che gli cadeva spesso sulla fronte, la diceva tutto sul suo carattere indomito. In realtà possedeva un’anima pura e semplice, amava volare e sentirsi libero. Una volta lassù tra le nuvole viveva una dimensione in cui tutto si annullava: il tempo, lo spazio, la terra e si immergeva in uno stato emotivo tale di euforia che lo colmava di felicità.
Il treno portò un leggero ritardo e i comparti erano semivuoti. Sedette presso il finestrino ed il paesaggio iniziò a sfilare davanti ai suoi occhi grigi in sequenza, mostrando paesaggi straordinari: campagne con le cascine, città, poi i monti dell’Appennino attraversati da buie gallerie, fiumi e torrenti, poi il mare, spicchi di Mediterraneo che comparivano qua e là, lembi di azzurro con piccole onde biancastre che il riverbero del sole faceva brillare. Il treno grigio e sbuffante, venne accolto dal traghetto che lo trasportò a Messina. Era quindi in Sicilia, pensò Antonio, ammirando le immagini che scorrevano davanti ai suoi occhi: un paesaggio in cui si sovrapponevano molteplici realtà: coste frastagliate con spiagge dorate e poi paesini arroccati sui monti o altri prospicienti sul mare. Ruderi di castelli e città edificate nei secoli dalla diverse civiltà. Giunse infine a Sciacca nella tarda serata, dove un collega lo accolse presentandosi e spiegandogli, strada facendo, che la località in cui erano diretti si chiamava Contrada Piana di Misilifurni, luogo dove era stato costruito il Regio Aeroporto, ma che veniva chiamato “Fantasma”.
- Perché?- fece meravigliato Antonio
- Perché è perfettamente nascosto alla vista grazie agli alberi di olivo e alle altre piante. Così pure sono perfettamente nascosti i capannoni costruiti apposta per noi.- chiarì il collega.
Antonio iniziò la sua vita militare in quel luogo particolare e magico, impenetrabile alla vista e con l’anima celata e misteriosa. Eppure al suo interno erano stati depositati mezzi moderni, studiati per la guerra e le pericolose operazioni militari, inviati recentemente dal Ministero dell’Aeronautica.


Chiara, come ogni mattina, spazzolò i morbidi capelli che le ricadevano sulle spalle e infine pose un fermaglio sull’angolo della fronte spaziosa, per evitare che l’onda castana le scivolasse sul viso dalla carnagione diafana , in cui spiccavano gli occhi dorati e un impertinente nasino all’insù. Aveva indossato un semplice abito grigio, coperto da un cappotto grigio più scuro e impreziosito da un colletto di velluto nero. Si recava a scuola, la vecchia scuola con i locali umidi e freddi, dove i suoi alunni, seduti composti tra i banchi di legno scuro la aspettavano, quegli alunni che lei amava e spesso erano vittime innocenti di episodi di sfruttamento, povertà e ignoranza che in quegli anni albergavano tra la popolazione più diseredata. La scuola piuttosto era spesso vista con ostilità dalle famiglie stesse che avevano beneficio dai figli nel lavoro dei campi o in altre faccende.
Da quando sua madre era morta, Chiara si occupava della casa e di assistere il padre, veterinario ufficiale del paese, sempre in giro a curare gli animali degli allevamenti che albergavano nelle campagne del circondario. Ma come ogni ragazza della sua età Chiara sognava l’amore, che tardava a giungere, ma in realtà non le interessava nessuno in particolare dei coetanei che conosceva e poi con la guerra alle porte, molti giovani erano andati via. Tuttavia Chiara ignorava che il destino le stava giocando un brutto tiro che le avrebbe sconvolto la vita.
Camminava svelta e per arrivare a scuola doveva attraversare il centro del paese, un centro con edifici storici e una grande piazza con una spettacolare vista sul mare. Ma in quel momento la giovane ragazza camminava veloce e non poneva attenzione al bello che la circondava. Non si accorse nemmeno che, nei pressi della Chiesa Madre, stavano fermi alcuni Ufficiali. Camminando frettolosamente aveva smarrito la sciarpa, poggiata sopra il cappotto e che un vento capriccioso si era divertito a fare scivolare giù. Scherzo del vento o del destino? Antonio la raccolse rapidamente ed ebbe in mano la scusa per avvicinarsi alla giovane.
- Scusate signorina – disse con gentilezza – vi è scivolata la sciarpa.-
- Che sbadata! Grazie siete molto gentile - rispose Chiara incontrando uno sguardo pieno di ammirazione.
- Sono Antonio Valli- si presentò il giovane, impettito nella sua divisa.
- Chiara Manni- rispose lei sorridendo
Si strinsero la mano e fu subito amore. Amore non ancora palesato, ma che entrò con irruenza nelle loro giovani vite, sconvolgendole. Ma in quel momento, lei si scusò imbarazzata e proseguì il suo cammino. Da quell’incontro ne seguirono degli altri, consapevoli di un grande sentimento che li aveva avvicinati irrimediabilmente. Antonio, quando poteva, scendeva in paese, dove si incontravano sempre in un posto e trascorrevano bei momenti passeggiando per le strade principali o nella Villa Comunale, seduti in panchina, raccontandosi di tutto, vivendo una felicità nuova ed improvvisa che aveva invaso ormai la loro esistenza. Annunciarono presto il loro fidanzamento e i genitori di lui, da Perugia inviarono una lettera per congratularsi, specificando che sarebbero stati felici di conoscere la ragazza.
Antonio, grazie al suo carattere gioioso e socievole, si era perfettamente inserito fra i colleghi conosciuti in Aeroporto, dove eseguivano operazioni di volo che li portavano spesso sopra le nuvole, svolgevano ricognizioni marine e si preparavano per degli attacchi di bombardamenti antinave nel Mediterraneo. In volo viveva una stato di felicità e di euforia destinato forse a pochi mortali. Non aveva mai paura e spesso confrontandosi con gli altri, leggeva nei loro volti insicurezze, paure nascoste o manifeste. Giovanni, un collega, in una di quelle sere in cui stavano sul chi vive, pronti ad agire, gli chiese:
- Antonio, ma tu non hai paura ?-
-Di cosa ?- Rispose
-Sai finora abbiamo scherzato, ma adesso che è iniziata la guerra.. potremmo restarci lassù! Per non dire che potremmo non vedere più le nostre fidanzate e i nostri cari.
-Sai Giovanni- spiegò il giovane - quando sono in volo, non penso a quello che lascio, vivo una così grande emozione, uno stato di felicità tale che non penso a nulla, forse per questo non ho paura.-
Poi le operazioni militari aumentarono sempre più, così anche i disastri, le perdite. Gli effetti devastanti degli attacchi militari avevano colpito tutti. Il pericolo si nascondeva ovunque, tante attività vennero sospese, molti uffici vennero chiusi.
L’ombra scura dell’odio e della violenza erano ormai senza più controllo e numerosi erano gli avieri e i militari uccisi o feriti durante le operazioni belliche , mentre le missioni segrete si susseguivano, sempre più pericolose. Ormai si viveva nella paura.
Un giorno Antonio le chiese con viso serio:- Perché non ci sposiamo? forse i miei genitori potranno scendere in Sicilia tra pochi giorni, con un mezzo che da Perugia giunge fino a qui. E’ una occasione unica e oltre alla gioia di conoscere te, potrebbero assistere al nostro matrimonio-
Chiara sollevò il volto che aveva adagiato sul petto del suo Antonio, illuminato da una luce particolare. Lo guardò con amore. Poi rispose:
- Lo vorrei, ma c'è la guerra, non sarà una follia?-
- Perché mai? La guerra finirà e noi potremmo vivere insieme finalmente. Se ti fa piacere, potremmo vivere in questo splendido posto, dove tu sei nata e cresciuta. Io continuerei a volare, tu potresti continuare ad insegnare.
Il loro progetto matrimoniale fu però ben presto funestato dalla morte del padre di Chiara. Se ne andò a causa di un infarto, mentre tornava a casa. Chiara rimase sconvolta e non riusciva a darsi pace. Fu la presenza di Antonio a ridarle coraggio e a colmare quel vuoto che lei non sopportava. Odiava vedere giungere la sera senza che il padre stanco ma col sorriso, varcasse la porta di ingresso. Ma la vita correva veloce e stabilirono la data delle nozze che avvennero con una cerimonia semplice ed intima, con i genitori di Antonio presenti e commossi. Si stabilirono nella casa di Chiara, dove, tranne qualche ritocco nuovo, non volle modificare niente dell’abitazione dei suoi cari. Malgrado il momento fosse particolarmente brutto, loro si amavano ed erano felici.
Da alcune notti Antonio si svegliava di soprassalto, con la sensazione di essere inghiottito da un orrendo buco nero. Era impressionato, diceva fra sé , si sentiva suggestionato. Poi vedeva Chiara accanto a sé che dormiva sul fianco, con i capelli morbidi sparsi sul cuscino e si tranquillizzava. Ecco adesso anche lui aveva paura. Non voleva morire adesso, ora che aveva vicino a sé il suo amore, non voleva perderlo e faceva brutti sogni. Stupido!
Un giorno del mese di giugno partì dall’aeroporto una squadriglia con cinque velivoli diretti a Malta e a Tunisi per effettuare semplici operazioni di controllo e in caso di presenza nemica dovevano essere pronti per i bombardamenti che avvenivano sempre più di frequente sul cielo del Canale di Sicilia. Quel giorno si era presentato, sin dalle prime ore, col cielo limpido e privo di nubi, ma tutti i giovani avieri si sentivano nervosi. Anche Antonio sentiva uno strano fremito, come se ci fosse elettricità nell’aria.
Le squadriglie partirono e dopo il decollo sorvolarono Sciacca, proseguendo verso Sud, in direzione di Malta , luogo in cui dovevano effettuare una ricognizione fotografica dell’isola e proseguire per Tunisi, dove erano state segnalate navi nemiche dirette verso la Sicilia.
Sembravano mosconi i quattro aerei caccia puntati verso di loro. Si avvicinarono sempre più, a gran velocità e fu l’inferno, un inferno di fuoco in cui quelle giovani vite ebbero fine. Antonio ebbe un solo istante per pensare a Chiara , poi il buio.
Si era fatto tardi e Chiara stava pensando al pranzo. Anche quel giorno da sola, senza Antonio. Non sopportava la missione di quella giornata che l’ avrebbe trattenuto fuori tutto il giorno. Aveva mal di testa e si sentiva stanca, non sapeva bene perché, forse il caldo che giungeva. Aprì il balcone del soggiorno e un vento leggero mosse la tenda bianca di merletto cucita con arte da sapienti mani. Quel movimento della stoffa, con le sue trasparenze, creò uno spazio e dal giardino entrò una farfalla. Sembrava smarrita ed era bellissima, con grandi ali dai colori sfavillanti. Girò, volteggiando con un movimento simile ad una danza nel grande salone, infine, stanca, si poggiò leggera sul portaritratti con la foto di Antonio e Chiara nel giorno delle nozze.
Chiara guardava stupita quella farfalla che stava lì, immobile. Decise di lasciarla stare. Che fastidio le dava?
Non fece caso alla macchina di Servizio Aeroportuale che giungeva e che un militare, disceso dalla vettura e con aria grave, bussava alla sua porta. Lei trasalì allo squillo insistente del campanello e chissà perché senti il cuore che le si spezzava. Fu un istante, ma aveva compreso tutto.
I giorni che seguirono furono un incubo senza fine per la sua mente che rifiutava di accettare che Antonio fosse morto. Una fiammata in cielo, la caduta del velivolo su un campo di grano e tutto era finito. Il suo funerale e degli altri caduti, con gli onori e le medaglie, venne affrontato da Chiara come un’automa, senza emozioni. Non aveva più amore e interesse per la vita, non le importava della guerra o della pace. I suoceri, preoccupati per lei, l’avevano invitata ad andare a vivere nella loro casa, magari per un periodo, a Perugia. Cambiare aria le avrebbe fatto bene. Ma Chiara non volle andar via dalla sua abitazione dove, in ogni angolo, ritrovava il suo Antonio e tracce della loro breve storia. Anche la fine di quella maledetta guerra non modificò il suo stato d’animo. La tristezza l’avvolgeva come un mantello che non riusciva a scrollarsi più di dosso.
Una domenica mattina, decise di fare una passeggiata. Era primavera e le piaceva l’aria salmastra che si respirava in riva al mare che stava ad osservare: era una visione che le dava un senso di pace e di libertà. Si sedette su un grosso sasso ad ammirare quell’azzurro ed improvvisamente sentì un grande dolore che le dilatava l’anima. Finalmente pianse e sfogò una sofferenza che le si era annidata dentro come un male incurabile e che la divorava.
Vide poi alcuni bambini che giocavano con piccoli oggetti trovati in spiaggia: sassolini, conchiglie, legnetti e riconobbe in essi alcuni alunni della sua vecchia classe, più cresciuti. Li chiamò per nome, ed essi accorsero felici riconoscendola.
- Maestra, maestra!- gridarono a gran voce mentre si avvicinarono correndo, con gli sguardi pieni di gioia, ma anche segnati dai patimenti che la recente guerra aveva provocato. Erano sopravvissuti, ma avevano sopportato privazioni, fame, paura e dolori, dolori per perdite in famiglia, per la perdita della loro case, di quel niente che possedevano.
- Cose state ?- chiese Chiara – Non volete andare più a scuola? Sapete adesso verrà riaperta.-
- No maestra, dobbiamo lavorare e aiutare la famiglia, se no moriamo di fame.-
Guardò quelle povere creature, poco curate, con vestiti dimessi e i visetti sciupati, ma intelligenti e giovani. Una idea le invase la mente, prendendola e illuminandola di nuova gioia:
- Ascoltate se per voi va bene, posso darvi qualche lezione a casa mia. Ho un grande salone a casa, inutile e vuoto. La sera mi venite a trovare e riprendete a studiare. Che ne dite?
L’idea era buona, ma dovevano parlare con i genitori.
Fu così che Chiara ricominciò a vivere, poteva insegnare qualcosa a quelle creature che dovevano faticare per vivere. Col tempo poi ebbe incarico a scuola e lei finalmente poté aiutare i bambini a non restare analfabeti e a combattere l’ignoranza e la miseria.
A volte la sera, dopo cena, apriva il balcone del soggiorno, si sedeva in una delle poltrone e aspettava, aspettava e sperava che una bellissima farfalla entrasse dal giardino attraverso le pieghe della tenda per poggiarsi, dopo il suo volo, a riposare sulla foto che ritraeva Antonio e lei, nel loro giorno più bello.




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Opera scritta il 22/02/2019 - 13:06
Da Patrizia Lo Bue
Letta n.876 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Grazie Millina!

Patrizia Lo Bue 22/02/2019 - 21:18

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Bello, ricco di particolari e di emozioni che trascinano il lettore.
Si va avanti, comunque, e la vita vince sempre, grazie ai ricordi ed alla solidarietà.

Millina Spina 22/02/2019 - 20:53

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Grazie Ernesto!

Patrizia Lo Bue 22/02/2019 - 17:52

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Mi è piaciuto assai il tuo racconto.

Ernesto D'Onise 22/02/2019 - 16:52

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