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PIU\' FORTE DEL MOSTRO

“Ci mancava solo la pioggia, come se non ne avessimo avuta abbastanza!” disse Claudia mentre apriva la porta alla cliente, salutandola e guardando il cielo che appariva ancora di un insolito grigio in quella giornata dei primi di maggio.
“Speriamo finisca e che arrivi il bel tempo, proprio ora che iniziano le cerimonie.”
Aveva ragione. Era stato un inverno piovoso ed anche abbastanza freddo e tutti avevamo gioito appena il sole aveva fatto la sua comparsa, regalandoci giornate tiepide che invogliavano a lunghe passeggiate in spiaggia in una primavera che, grazie alla pioggia, era stata più variopinta delle precedenti.
Erano anni che ormai mi recavo da Claudia, la mia parrucchiera di fiducia, perché oltre ad essere brava era anche una bella persona, dolce e gentile. Mandava avanti il piccolo salone insieme alla sorella Miriam, dopo che la loro madre aveva deciso di lasciare alle figlie le redini dell’attività.
“Allora, oggi come li facciamo?” mi chiese Claudia.
“Li voglio tingere di blu!” esclamai prontamente.
“Blu? Ma carnevale è passato!” mi rispose, certa che stessi scherzando.
“Se non lo faccio ora, quando mai potrei farlo? Al prossimo giro? Chissà, magari rinasco cane e addio colore!”
“Bhe, se sei proprio decisa ti mostro la cartella così puoi scegliere la giusta sfumatura. Magari rinunci...”
“Mare, voglio il colore del mare! Lo sai quanto lo ami, in tutte le stagioni e con tutti i suoi, e miei, umori; non potrei vivere senza il mare. Dimmi la verità, non ti sembro una sirena? Ahahahah! Una sirena avvolta di buon grasso…altro che prova costume, per me servirebbe una pialla! Prima o poi devo decidermi e fare una giusta dieta, anche se di fronte al buon cibo ogni mia volontà cede facilmente. Uff, che problema!”
Avevo sempre detto che appena fossero comparsi i primi capelli bianchi mi sarei tinta di blu, ed ora che le mie colleghe avevano scoperto dei fili d’argento sulla mia testa non facevano che accusarmi di quanto fossi codarda. Domani mattina le avrei messe tutte a tacere. Lo so, forse era una sfida stupida, ma in fondo era una prova di coraggio che serviva a me stessa, per misurarmi con i miei timori di essere diversa nel deragliare dalle stupide convenzioni ed essere finalmente libera, indipendente, anche se in una maniera banale. E sapevo che il coraggio si conquistava con piccoli passi, anche con gesti apparentemente insignificanti.
Mentre Claudia iniziava a pennellare di mare la mia testa, Miriam faceva le prove per un’acconciatura ad una ragazza seduta sulla poltrona alla mia sinistra.
“Matrimonio?” le chiesi
“Sì, mi sposo tra due settimane e sto provando le acconciature, ma non riesco proprio a decidere quale scegliere. Mi piacciono tutte!” rispose quasi dolendosi del singolare problema.
“Oh, che bello, tanti auguri!”
“E sono anche in attesa di un bimbo…”
“Wow, doppia festa allora! Viva la vita, viva la gente!”
Il tintinnio alla porta annunciò l’arrivo di una nuova cliente. Era Federica, una mia compagna di scuola delle superiori; era da tanti anni che non la vedevo e considerato che dopo il diploma ognuna aveva intrapreso un cammino diverso, ci eravamo perse di vista.
“Ciao, Federica, come va? Tutto a posto?” le chiesi, forse con troppa esuberanza.
“Oh, ciao…non ti stavo riconoscendo. Sì, sì, tutto a posto.” rispose in maniera abbastanza fredda e distante, con lo sguardo ed il viso induriti. Ci eravamo perse di vista che eravamo solo due ragazze per cui non potevo dire di conoscerla tanto da poter giudicare il suo atteggiamento odierno, così lontano da quello che ricordavo.
Mentre la tinta mare era in posa sulla mia testa, Claudia, dopo aver lavato i capelli a Federica, la fece accomodare sulla poltrona alla mia destra, le tamponò la testa con delicatezza e, quasi in un sussurro, le chiese:
“Come li facciamo?”
“Rasami!” rispose Federica, con un tono deciso che la sua unica parola sembrò uno sparo dentro il piccolo salone.
“Scusa..?” Claudia era a disagio e cercava conferma a ciò che aveva appena sentito ma allo stesso tempo sembrava in attesa di una sonora risata per lo scherzo in cui credeva di essere cascata.
La risata non arrivò, Miriam spense il phon e tutte stemmo in un pesante silenzio. Solo la radio continuava a mandare in onda, incessante, il suo show.
“Stamattina ho trovato sul cuscino la prima ciocca di capelli e non voglio che ce ne siano altre: non voglio dare al mostro questo privilegio. Fai tranquilla, ce l’hai un rasoio, no? Io sono attrezzata.” disse Federica, tirando fuori dalla borsa un turbante dai colori sgargianti.
All’improvviso mi sentii un essere stupido, banale e superficiale. Che valore potevano avere le mie insignificanti sfide, le mie stupide preoccupazioni, le mie assurde lamentazioni di fronte ad un dramma del genere? Non avevo parole, non ero più in grado di portare avanti con lei una conversazione sensata. Cercavo, cercavo ma non trovavo e me ne uscii con un semplice “Scusami…”
“Non preoccuparti” rispose lei con un sorriso. “La gente non può sapere.”
“Da quando?” le chiese Claudia
“Sto facendo la chemioterapia da quasi un mese. Per l’altro poteva bastare la terapia ormonale, ma questa mammella” proseguì indicando il seno destro “ha deciso che voleva essere migliore, che doveva fare di più, stare più al centro dell’attenzione. E c’è riuscita! Per cui, eccomi qui, a combattere. Qua sotto sono mutilata, diciamo che sono una mutilata di guerra. Mutilata sì, ma viva. E sappiate che al maledetto mostro darò del filo da torcere. Ci può scommettere!”
Eccola Federica, la ragazza loquace e arguta che conoscevo, la ragazza forte e talvolta aggressiva. Vedere lei e qualsiasi altra persona combattere contro il mostro mi appariva sempre più un’ignobile ingiustizia ma aveva ragione Federica, bisognava scendere in guerra se si voleva portare a casa la vittoria.
Sotto i colpi della macchinetta i suoi capelli biondi cadevano a terra, silenziosi, ma noi ne sentivamo il tonfo e le stilettate che infliggevano al cuore di Federica che continuava a parlare apparentemente incurante mentre li guardava scivolare sul telo. Parlava, parlava a ruota libera, di tutto, parlava per non piangere e noi parlammo con lei, del più e del meno, del tempo e di gossip paesani. Parlammo fino a quando Claudia completò la sua opera e Federica apparve in tutta la sua vulnerabilità e la sua irragionevole e inaccettabile nudità.
“Oh, guarda, ora mi si vedono tutte le cicatrici che mi son fatta da bambina! Questa me la son fatta cadendo sugli scogli…che capocciata!”
Claudia le accarezzava la testa nuda, quasi a trasmetterle tutto l’affetto possibile; il suo tocco era un discorso d’amore tra donne, un incitamento a non mollare mai.
“Bhe, ci vuoi pure giocare con questa palla lucida? Ahahah! Dai, aiutami a mettermi il turbante.” Federica era un vero esempio di stoica e simpatica determinazione.
Ci colpì lo spirito con cui affrontava questa nuova e brutta avventura, ma cercammo di assecondare il suo umore mentre lei faceva di tutto per non farci pesare il nostro disagio ed il nostro imbarazzo.
“Ecco fatto! Mio Dio, sembro il mago Otelma!”
“No! Mago per mago allora è meglio Aladino!” le dissi cercando di apparire leggera e spensierata.
Ci guardammo tutte attraverso lo specchio. Ma quella distesa di vetro era una grossa tavolozza su cui la vita stava dipingendo le protagoniste di un istante: la sposa con i fiori bianchi tra i capelli, io, con la mia testa blu, Federica con il suo turbante variopinto e Miriam e Claudia che, in piedi, erano le testimoni attive delle nostre differenti realtà. Colori incisi sullo specchio che esprimevano la nostra vita, con le nostre sfide e le nostre speranze, le paure, le battaglie ed i momenti di leggera, ma indispensabile ilarità. La vita nella sua interezza, ma mai abbastanza, mai profondamente capita e mai completamente svelata, con tutti i suoi incomprensibili misteri.
Pagammo, salutammo ed io e Federica uscimmo insieme. Aveva smesso di piovere e finalmente le nuvole si stavano diradando.
“Andiamo a berci un caffè” le proposi.
Federica accettò ma dopo qualche passo si fermò, mi guardò attentamente e scoppiò in una grossa risata.
“Ma ti rendi conto che sembriamo Aladino e la fata turchina?”
“Non ci avevo pensato! Significa che allora faremo splendide e memorabili magie!”
La presi sottobraccio e ci incamminammo sul viale mentre nelle aiuole i boccioli di rosa, ancora umidi di pioggia, si aprivano al sole.


Millina Spina, 8 marzo 2019




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Opera scritta il 08/03/2019 - 18:32
Da Millina Spina
Letta n.1196 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


A volte noi donne sappiamo essere spietate nemiche, eppure, come dici tu Grazia, ci sono frangenti in cui la complicità è un'immane forza, quella che ci aiuta ad andare avanti e combattere per cercare la vittoria.
Grazie del tuo gradito commento, e grazie anche a Mastro Poeta.
Ciao!

Millina Spina 15/03/2019 - 11:45

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La complicità tra donne è una grande forza Millina...
una bella scrittura creativa per contenuto e forma...
Brava!

Grazia Giuliani 14/03/2019 - 22:41

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bellissima...e grazie del tuo commento

Mastro Poeta 12/03/2019 - 18:19

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Grazie Laisa, Paola ed Antonio.
Federica, nome di fantasia, è una donna che ho incontrato all'ospedale, nell'ambulatorio di senologia, dove negli ultimi mesi ho accompagnato una persona a me molto cara. Mi ha colpito incontrare quelle donne, che dietro a sorrisi aperti riescono a nascondere la loro paura, ma alla quale sono determinate a non cedere. La prima volta che parlai con Federica, che non conoscevo, mi raccontò della prima ciocca e della sua decisione, quella mattina, di tagliare i capelli a zero per "non dare questo privilegio al mostro." Le visite piano piano si sono diradate e l'ultima volta che la vidi aveva i capelli, corti, il colorito sano e mi parlava della breve vacanza appena fatta. Tante donne, mutilate, ma che pensano oltre, pensano alla vita e sorridono. Tante, e tanti, combattenti a cui va tutto il mio affetto ed il mio sostegno.
Paola, il racconto in fondo non l'ho scritto io l'otto marzo, è nato da solo tra un po di fantasia ed incontri reali.
Buona domenica

Millina Spina 10/03/2019 - 09:34

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Bellissimo racconto scritto con tanto sentimento.

Antonio Girardi 09/03/2019 - 13:18

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Hai fatto bene a postare questo racconto con la data dell'8 marzo, una storia bellissima di vita e complicità tra donne che, quando c'è, può essere l'antidoto migliore a tutti i veleni della vita.
Letto d'un fiato, mi hai catturata con una scrittura scorrevole, incisiva, suggellata da un finale particolarmente emozionante.
Brava, Millina.

PAOLA SALZANO 09/03/2019 - 11:16

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millina,
è stupendo

laisa azzurra 08/03/2019 - 21:27

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