“L’orologio parlava ad alta voce. L’ho buttato via, mi faceva paura quello che diceva”
(Tillin Olsen)
Giorgio e Marta, studenti appena diplomati, si incontrano ogni giorno davanti un grande albero, un platano, presso il giardino della città. Per entrambi è il primo amore e lo vivono con tenerezza e passione, promettendosi amore eterno. Ma l’ostilità della ricca famiglia di Giorgio giunge a distruggere tutto. Il padre gli procura un lavoro a Londra per una importante azienda, decisione che porta disperazione nei due giovani che infine progettano una fuga. Ma mentre Marta si affretta per giungere all’appuntamento, inciampa e cade sulla strada e per qualche minuto perde conoscenza, ma sono quei minuti di ritardo che cambiano il loro destino. Giorgio verrà rintracciato dal padre che lo convince a salire sulla macchina raccontandogli di una telefonata di Marta che non sarebbe andata all’appuntamento, non lo amava abbastanza. Giorgio disperato e deluso di non vederla arrivare, va via, e quando la ragazza giunge al luogo dell’incontro è troppo tardi. Le loro strade sono ormai divise, ma il loro amore sopravvive nei loro animi e tornerà prepotente, quando dopo tanti anni le loro strade si incroceranno di nuovo.
Contemplava immobile il grande platano che, alto e maestoso, con la chioma quasi spoglia mossa da un vento leggero e fresco, armonizzava con i colori dell’autunno ormai giunto e che rivestivano di oro e di rosso la ricca vegetazione del giardino pubblico della città. Era lì, con il fusto leggermente inclinato verso il lato destro e sembrava fosse rimasto ad aspettarla tutti quei lunghi anni come un amico fedele, mentre il passato tornava prepotente, con il suo grido di rabbia, in una visione ormai cristallizzata e lontana. Pochi attimi in cui tutto si era fermato, tutto era cambiato. Pochi attimi e il corso del loro destino aveva modificato direzione in un susseguirsi di eventi da cui non si era più potuto tornare indietro.
Il tempo, scandito da una voce metallica e cattiva, l’aveva portata via, lontana da quello scenario e aveva spezzato il suo legame con il suo amore per sempre. Marta si chiedeva perché dopo tanti anni rivedeva come in un caleidoscopio, la sua piccola storia romantica di gioventù, nei minimi particolari e prepotente il suo animo vibrava di emozione e rabbia per quella brusca separazione che l’aveva lacerata con uno strappo doloroso, che ancora sentiva come una brutta ferita. Guardandosi attorno in quel luogo, da dove non passava volutamente da parecchio tempo, tutto sembrava immutato e quasi immaginò di vedere Giorgio, intelligente e timido, con i suoi occhi innamorati, particolari e dorati, giungere al loro solito appuntamento. Riecheggiavano nella sua mente domande divenute quasi una ossessione sul destino a volte bizzarro e sul tempo che governa la vita umana. In fondo erano state poche gocce di tempo a decidere per il loro futuro.
Marta aspettava impaziente all’ombra del grande platano dei giardini pubblici. Era lì che si incontrava con Giorgio da qualche giorno. Era impaziente di vederlo poiché aveva finalmente visto i risultati degli esami di maturità che entrambi avevano ottenuto. Non era molto alta ed il fisico esile non si avvantaggiava dai jeans stretti e dalla maglietta scura. Ciò che spiccava in lei erano i capelli: una cascata di ricci castani e rossicci sulle spalle che incorniciavano il viso cosparso di lentiggini e un impertinente nasino all’insù. Finalmente lo vide arrivare correndo e con il ciuffo di capelli ribelli castani in disordine. Ogni volta, prima di abbracciarsi rimanevano qualche istante a guardarsi, entrambi stupiti di quel sentimento che provavano l’un per l’altra e che si accendeva, come fosse un miracolo, ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, ma questa volta Marta esclamò subito:
- Giorgio ce l’abbiamo fatta !!- abbiamo superato gli esami di maturità!-
- Dai ! Evviva,- rispose Giorgio con una risata di liberazione. - Adesso possiamo pensare al nostro futuro-
-Pensi che avremo un futuro insieme ?
- Certo che sì, perché ne dubiti?
- Non so, così, fece lei timorosa, e poi tuo padre pensi che non avrà già in mente qualcosa per te?
Giorgio apparteneva ad una ricca famiglia e il padre, un importante industriale, era estremamente ambizioso. Da tempo progettava il futuro del figlio e non avrebbe permesso a nessuno di ostacolare i suoi piani. Giorgio invece desiderava costruirsi da sé la sua vita, con i propri meriti, secondo le sue passioni ed una di queste passioni era la progettazione ingegneristica e l’università che desiderava frequentare era quella pubblica, non quella di élite, privata.
Nella foga dei suoi giovani anni decise di presentare Marta ai suoi, decisione di cui si pentì subito, perché per tutta la sera la ragazza subì domande imbarazzanti e un clima di evidente rifiuto. Marta se lo aspettava, sua madre era una operaia e suo padre era morto da tempo, vivevano in periferia in un quartiere popolare.
-Sono stato uno stupido – sfogò rabbioso Giorgio. Non dovevo presentarteli, mi dispiace sono mortificato, sono stati tremendi, mi vergogno di loro
-Ma no, Giorgio, stai tranquillo, non fa niente – lo consolava Marta
Trascorsero i giorni dell’estate che i due innamorati vivevano sempre insieme, assaporando ogni momento delle lunghe giornate estive al mare o in gita.
Vivevano l’amore dei loro splendidi anni e si sentivano invincibili, pronti a sfidare il mondo.
Una mattina passeggiavano in spiaggia, lungo la battigia e guardavano pensierosi il cielo denso di nubi, mentre un vento fresco li faceva rabbrividire. Giorgio sembrava cupo, triste.
- Che hai? Chiese Marta stringendogli la mano
- Mio padre! Il mio incubo! - sbottò Giorgio – Ha deciso di farmi lavorare in una azienda londinese e nel frattempo dovrei studiare a Londra per diventare Manager -
Marta chinò il capo, ma disse:
-Tuo padre pensa al meglio per il tuo futuro. Devi andare, poi se tu vorrai, ti raggiungerò
- No, lui non può decidere per me e io voglio diventare ingegnere e non intendo separarmi da te.
Rimasero in silenzio, un silenzio pesante. Poi Giorgio:
- Se tu sei d’accordo andiamo via, prima che sia tardi-
- E dove? -
- Andiamo ad Amsterdam, dove c’è un mio amico che può ospitarci e può farmi lavorare nello stesso Bar dove lavora lui. -
- Giorgio ma perché, così sarà tutto più difficile! -
- Forse, ma è quello che voglio. Il problema è per il tuo corso di studi.
- Si io desidero tanto iscrivermi a scuola di restauro, ma posso farlo dopo. Al momento cercherò un lavoro.
Iniziarono a progettare la fuga nei dettagli, promettendosi di non parlarne con nessuno, tranne con la madre di Marta, Maria, sempre dalla loro parte, una donna pratica, abituata alle difficoltà
Le aveva detto: Non mi piace questa storia, però siete maggiorenni e dovete decidere voi. Ricordati che io ci sarò sempre in caso di difficoltà -
- Grazie mamma – rispose sua figlia abbracciandola.
L’appuntamento era davanti il Bar, sotto i portici della stazione, all’alba, per dirigersi poi insieme alla stazione ferroviaria, a pochi passi da lì.
Marta si incamminò per giungere in centro e camminava speditamente, per le strade ancora semi deserte e poco illuminate, con l’ansia di giungere tardi. Non si accorse di un marciapiede spezzato in cui mise maldestramente il piede. Inciampò, cadendo sul selciato e tutto fu buio.
Giorgio giunse davanti il Bar e il suo sorriso si spense quando non vide Marta. Iniziò l’attesa trepidante, chiedendosi del ritardo. Forse si era pentita? Era forse successo qualcosa?
Si stava incamminando per andarle incontro, ma ecco davanti a sé suo padre alla guida della macchina di famiglia.
-Sali – gli ordinò
- Niente affatto, aspetto Marta -
- Marta non verrà -
- Che ne sai? -
- Ha telefonato. Non verrà, ha capito di non amarti abbastanza e poi vuole frequentare la scuola di restauro. -
- Non ti credo -
- Perché allora non è qui? -
Si rimbeccavano e il tempo trascorreva inesorabile, ma nessuna traccia della ragazza. Nella mente di Giorgio iniziò a farsi strada il sospetto che suo padre non mentisse.
- Dai sali, l’aereo per Londra parte fra un’ora, tua madre aspetta in aeroporto per salutarti. -
- Tutto programmato! -
-Ti avrei fatto andare via, credimi Giorgio – fece lui furbamente – se non fosse arrivata la telefonata di quella scriteriata. - mentì lui con la voce colma di livore
Si convinse, Giorgio, si convinse e andò via con la delusione e la rabbia nel cuore.
Marta aprì gli occhi mentre davanti a sé uno sconosciuto la chiamava:
- Signorina, state bene? Chiamo l’ambulanza ?
Ricordò tutto ed ebbe paura
- No, no, devo andar via. -
Correva, correva, incurante del ginocchio dolorante e di quella caduta che le aveva fatto perdere i sensi. Correva verso Giorgio, che sicuramente era in ansia e chissà cosa aveva pensato di lei.
Non c’era più. Alla domanda angosciosa posta al cameriere del Bar ebbe come risposta che un giovane come descritto, era lì che aspettava, poi era giunto un signore con la macchina e lui dopo un poco era salito in macchina ed erano andati via., con quella macchina lussuosa.
Così era finita. Pochi attimi in cui la sua mente era sprofondata nel buio ed ecco tutto era cambiato Le loro strade si erano divise.
Marta era lì, davanti il Platano e improvvisamente tutti quegli anni trascorsi le sembrarono lunghi e vuoti. Si strinse nel cappotto perché un brivido di freddo l’aveva percorsa e si avviò a proseguire verso il locale dove Claudia, sua amica l’aspettava per mangiare insieme una pizza.
- Marta ! Ero in pensiero - l’accolse la donna – che ti è successo?
- Scusa, ho fatto tardi, sai una telefonata
Il locale era abbastanza affollato ma le due donne presero posto facilmente grazie alla prenotazione. Ridevano e si raccontavano situazioni di lavoro. Entrambe restauravano antichi monumenti e da un mese, tutta la squadra di cui facevano parte, si stava dedicando ad un affresco della cappella di una piccola chiesa. Marta aveva realizzato almeno questo sogno. Si era sposata con Giovanni, un collega che dopo qualche anno era andato via e si erano separati. Gli anni trascorsi l’avevano invecchiata solo in qualche segno di espressione, qualche capello grigio e qualche chilo in più, ma nell’insieme era ancora carina e particolare. I lunghi capelli ricci rossi di un tempo adesso erano domati in una pettinatura corta e liscia. Non aveva molta fame e dopo l’ultimo boccone rimase in silenzio in preda a quell’ondata di nostalgia che la invadeva con un malessere che credeva scomparso, o superato, ma sapeva bene che così non era. Claudia la guardava ed insisteva per farla parlare.
- Cosa dirti Claudia, di avere nostalgia di un amore di gioventù, soltanto perché sono passata dinnanzi al Platano dove ci incontravamo?
Claudia sorrideva e siccome non credeva nell’amore fece spallucce e le disse:
- Vedi, per essere romanticona e con la testa piena di storie d’amore lette sui libri, eccoti a piangere.-
- Sapevo che non avresti capito e per la verità nemmeno io mi capisco.-
Un signore si alzò da un tavolo poco distante e dava di spalle. Poi si girò per mettersi una giacca e Marta lo vide in viso. Leggermente stempiato e con i capelli grigi, ma era lui,non più giovane, col viso segnato qua e là da qualche ruga, ma era lui, Giorgio. I loro occhi si incontrarono in una sorta di richiamo e rimasero fissi, increduli che si accesero di una luce che si era spenta tempo fa.
Entrambi si alzarono e si avvicinarono, salutandosi emozionati.
- Giorgio, sei proprio tu!
-Marta. Credevo che non ti avrei più rivista.
L’appuntamento si era rinnovato, il destino aveva capito che il percorso seguito fino a quel momento era sbagliato e bisognava rimediare.
Nei giorni che seguirono si incontrarono diverse volte, raccontandosi le loro vite e chiarendosi i dubbi che in quegli anni li avevano dilaniato, chiedendosi mille perché. Giorgio si era sposato, ma anche lui si era separato quando sua moglie Emma, stufa della sua freddezza, era andata via con un altro. Avevano avuto un figlio Giovanni. Non era diventato ingegnere e dirigeva una industria a Londra, ma adesso era stanco voleva tornare in Italia e così era tornato, da quando i suoi erano morti. Parlavano e parlavano e guardavano sorridendo i cambiamenti e i segni che gli anni inesorabili, avevano impresso su di loro. Confessarono entrambi di non essersi cercati, perché troppo delusi, avvelenati da cattivi pensieri e da falsità costruite
Adesso non potevano più separarsi, scoprivano con stupore che il loro amore era rimasto integro, non vissuto, come se un mago cattivo con la sua bacchetta magica l’avesse congelato per distruggerlo, ma invece si era conservato nel cantuccio segreto delle loro vite e che adesso tornava, prepotente e luminoso, sconvolgendoli. Il tempo si era divertito a rimescolare le carte del passato, del presente e del futuro, confondendole e poi infine, annoiato da quello strano gioco, le aveva rimesse a posto.
Non era tardi, non sarebbe stato mai troppo tardi.
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