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LA CREATURA DEL MARE

LA CREATURA DEL MARE


Viveva nell’Oceano profondo, nascosta tra le rocce dei monti in fondo al mare, confusa tra svariate e bizzarre forme di pesci, in mezzo ad una flora rigogliosa dai colori brillanti. Quale fosse la sua origine non era chiaro: forse una anomalia genetica o un tipo di pesce intelligente simile all’uomo, probabilmente un esperimento mal riuscito in laboratorio o forse ancora, molto più probabilmente un extraterrestre caduto giù dal cielo e che si era ormai adattato a vivere in mare. Aveva una configurazione femminile, da sirena senza coda, con lunghi capelli fluttuanti dorati e una pelle chiara e diafana. Nel viso spiccavano grandi occhi verdi che riuscivano ad ipnotizzare le prede. La sua esistenza viene però turbata dall’arrivo di un ricercatore di archeologia marina, che finirà per innamorarsi di lei e per chiarire il suo mistero.



Si nascondeva tra le rocce della scogliera sommersa, nell’oscurità del mare più profondo, dove il blu delle acque diventava buio, lì dove i raggi del sole non giungevano, si camuffava forse per paura o per difesa o per poter catturare meglio le sue prede. I suoi occhi di smeraldo brillavano di una luce particolare e la sua pelle diafana aveva il colore delle perle. Ma ciò che aveva di più bello era una lunga chioma fluttuante e dorata che l’avvolgeva come un manto. Una creatura misteriosa e incredibile e chi fosse e come fosse giunta in quel luogo nessuno lo sapeva ed erano mille le congetture che potevano formularsi a riguardo. Emetteva dei suoni, simili al linguaggio dei delfini, con cui cercava di dialogare con le altre specie marine e per quanto incredibile, ciò che si vedeva era una bellissima donna nuda che respirava e viveva in fondo al mare e che per sopravvivere si nutriva di pesci, ipnotizzando le sue vittime. Quando si sentiva stanca, si rifugiava in una grotta creata dall’erosione del mare, una spelonca buia, colma di cunicoli, dalle pareti ricoperte di rigogliosa vegetazione costituita da alghe, madrepore color arancio e spugne incrostanti dai mille colori, frequentate da innumerevoli specie marine perfettamente mimetizzate in quell’ambiente. In quel mondo silenzioso, ma brulicante di vita, quella strana creatura viveva senza porsi domande, animata da una vivace curiosità e da un istinto che la spingeva ad esplorare i fondali, ma ciò che la divertiva più di ogni altra cosa era un antico veliero, un relitto adagiato sul fondale sabbioso, sprofondato a causa di violento nubifragio, in cui lei vi si addentrava come fosse un gioco. Vi trascorreva parecchio del suo tempo indefinibile, tra antichi vasi ancora intatti, merci, cordami e altri resti, anche umani. Possedeva una strana intelligenza e una innocenza disarmante che le faceva intuire la sua particolare condizione di strana creatura, priva di identità, adattata a vivere in un contesto sconosciuto.
Antonio Verri, osservava attentamente la carta del mare stesa sul tavolo dello studio. Era sicuro di aver trovato ciò che cercava da molto tempo. Quella nave, carica di ogni ben di dio doveva essere sprofondata negli abissi marini proprio in quel punto. Numerose erano le testimonianze di antichi scrittori che descrivevano traffici di mercanzie che avvenivano lungo le coste, lì dove il mare cessava di essere Mediterraneo per divenire Oceano, grande, infinito e tempestoso. Rifletteva che se le sue ipotesi di archeologo marino si fossero dimostrate veritiere, avrebbe portato alla luce nuovi pezzi straordinari che avrebbero arricchito il suo museo e avrebbero finalmente confermato che nell’antichità i traffici non avvenivano soltanto nel chiuso del Mare Nostrum ma andavano oltre, verso mete lontane, oltrepassando le temibili Colonne d’Ercole, per proseguire nell’Oceano Atlantico.
Segnò un punto sulla grande mappa, cerchiandolo di rosso. Era lì che doveva indagare. Se i suoi calcoli si fossero rivelati esatti, l’antico veliero doveva essere posizionato proprio in quel punto. Le sue riflessioni vennero interrotte dallo squillo del cellulare che indicava sul display il nome di Anny, sua collega innamorata, con la quale aveva avuto una breve relazione.
- Ciao Anny, dimmi -
- Non mi dire che studi ancora quelle carte!
- Certo che si, domani vado al largo e inizio le immersioni.
- Da solo, ma sei pazzo?
- Le esplorazioni le farò per il momento da solo, ma verrà con me un collega che però rimarrà a bordo.
- Vuoi che vengo anch’io?
- Non se ne parla Anny, stai tranquilla. So quello che faccio e so andare sott’acqua
- Già, ma vai in un posto dove il mare è molto profondo.
Irritato dalla insistenza della donna che non smetteva di stargli dietro, Antonio troncò presto la conversazione:
- A presto Anny, vedi di star tranquilla -
- Mah, sei proprio incosciente!
- Ciao, ciao – chiuse con uno scatto.
Anny era carina e la loro breve storia era stata gradevole, ma adesso era proprio infastidito dalla sua invadenza e decise che era diventato necessario allontanarla. Tutto sommato Antonio era un tipo che amava essere libero, senza legami. Amava studiare e leggere e detestava il chiacchierio che a volte si formava, quando stava con gli amici. Prossimo ai quaranta, non bello, piuttosto interessante e con un carattere complicato, aveva capito di non essere portato a formare famiglia e che il lavoro e la passione per il mare lo coinvolgevano così tanto da ritenersi soddisfatto della sua esistenza. Viveva in una villetta della periferia cittadina con una straordinaria posizione dominante che gli consentiva di rimanere in ammirazione contemplativa dell’Oceano e quella visione lo faceva star bene e libero, quel luogo gli regalava sensazioni che altri luoghi o persone riuscivano sempre a spegnere.
Il cielo era ormai buio e il vento che si era sollevato trascinava le onde che finivano per infrangersi con fragore sugli scogli e sulla spiaggetta che si stendeva poco distante dalla sua casa. Desideroso di una boccata d’aria, uscì, stupito e ammirato dello spettacolo creato dal diluvio di stelle che illuminavano il cielo, infine proseguì verso la spiaggetta, desideroso di respirare l’aria divenuta fresca e colma dell’odore salmastro del mare.
Calpestò la sabbia umida, imprimendovi orme con la forma delle sue scarpe e mentre camminava, rifletteva su tutto quello che avrebbe dovuto fare l’indomani, poi sopraffatto dallo spettacolo dell’immensità del mare e del cielo, non pensò più a nulla, si rilassò e si sentì felice. Di fronte alla grandezza di quella visione si sentì piccolo e smarrito, ma anche una parte di esso.
Il sole era già alto quando Antonio con il collega Giovanni e con Martino, pilota della imbarcazione, giunsero con il motoscafo in prossimità del punto che la sera precedente Antonio aveva segnato sulla cartina con un cerchio rosso. Aveva indossato già la muta e verificato le bombole di ossigeno. Era pronto, ma una strana emozione lo tratteneva.
- A posto Antonio? - fece Giovanni che avrebbe monitorato i suoi movimenti dalla nave con un nuovo apparecchio elettronico, ma aveva notato uno strano tremito nell’amico.
- Si a posto- fece l’uomo guardando il mare divenuto ormai calmo. Poi prese posizione e si tuffò.
L’immersione era avvenuta correttamente e velocemente Antonio cercava di avvicinarsi quanto più possibile al fondale sabbioso, mentre colonie di piccoli pesci che si spostavano in gruppo si facevano da parte. Con le attrezzature che aveva portato con sé avrebbe cercato quanto più possibile di documentare quella vita sommersa e ciò che le acque nascondevano, anche da secoli, alla vista di chi viveva sulla terraferma. Era sicuro che tra le sabbie e le pareti verticali di sistemi rocciosi dei fondali si trovasse adagiato, in un sonno ormai definitivo, il veliero distrutto dal naufragio, trasformandosi in gigantesco guscio per le tane di pesci e molluschi, nascondiglio per gli squali, ma ancora carico di tutte le mercanzie che trasportava, utili testimonianze per le sue ricerche di archeologia marina.
Il buio delle acque profonde era illuminato da un faro che Antonio aveva posizionato sopra la sua testa e quella luce gialla, fendeva le acque e spaventava la fauna marina che si trovava a transitare.
Si trovò davanti alla strana creatura all’improvviso ed ebbe paura, perché ebbe davanti a sé quegli occhi di smeraldo, simili a quelli di una gatta, quel viso bianco inespressivo e fece un balzo indietro, pensando che si trattasse di una donna morta. Ma sconvolto dalla visione, la vide nuotare verso il veliero con il corpo flessuoso e semicoperto dai lunghi capelli. La rincorse e le toccò la spalla, lei girò il capo e lo guardò con quegli occhi straordinari, come grandi fari brillanti. Per una strana alchimia rimasero a fissarsi e Antonio ebbe la sensazione di percepire le sue paure, come se telepaticamente comprendesse il pensiero di quella creatura con sembianze femminili. Gli comunicava togliere quel faro che la infastidiva e di lasciarla stare, poiché aveva paura.
Antonio le chiese chi fosse e come riuscisse a respirare sotto il mare. Ma lei in preda al panico fece uno scatto indietro e fuggì via, velocemente, talmente velocemente da essere impossibile raggiungerla.
Aveva forse sognato? Doveva avere subìto un miraggio o una allucinazione, era impossibile che fosse reale. Continuò la sua esplorazione e finalmente davanti ai suoi occhi si delineò il veliero, maestoso e ferito, senza più colore e vita. Lo contemplò, con la speciale videocamera effettuò alcune riprese e progettò mentalmente il modo per riportarlo sulla terraferma. La voce dell’amico, attraverso l’apparecchio si faceva sentire e così dopo un altro giro di perlustrazione, risalì verso la luce. Decise che non avrebbe detto nulla dell’incontro con quella creatura, che egli stesso non sapeva come definire, se vera o allucinazione e poi se fosse stata vera, sarebbe divenuta oggetto di spietata curiosità e sfruttamento mediatico. Però sarebbe ritornato laggiù da solo per capirne un po’ di più, per chiarire il mistero che si celava in quella visione.
Con la scusa di dover studiare alcuni reperti trovati allontanò il suo amico Giovanni e il pilota Martino e all’alba di nuovo giorno con una imbarcazione di sua proprietà si avviò nuovamente verso quel delimitato riquadro di mare.
Si era immerso da poco e iniziava la discesa verso le acque profonde, quando si ritrovò dinanzi ad essa. Non era un sogno! Era tutto vero allora. La guardava attraverso la maschera con grande stupore e i suoi occhi e la sua mente erano ammaliati dagli occhi luminosi come smeraldi.
Le chiese attraverso il dialogo telepatico, l’unico possibile, chi fosse e la straordinaria creatura rispose che non lo sapeva. Si era svegliata in quel luogo sconosciuto ed era solitaria e triste.
- Sono Antonio, tu non hai nemmeno un nome?
La creatura scosse il capo mestamente
- Ti do un nome io, ti chiamo Smeralda, perché i tuoi occhi brillano come due smeraldi che se non lo sai sono pietre preziose. Ti piace questo nome?
La sentì contenta come una bimba e per dimostrare la sua gioia compì due giravolte, avvolgendo su sé stessa la lunga chioma dorata, che la coprivano come un vestito.
Improvvisamente Antonio si sentì a proprio agio di nuotare accanto a quella strana creatura ed una sottile gioia si insinuava nel suo animo, provava una emozione che per lui, lupo solitario, era un fenomeno altrettanto strano e nuovo. La seguiva fluttuando tra le acque, come se seguirla equivalesse ad andar dietro ad uno straordinario destino, un destino bizzarro forse ordito da un mago invisibile. Si trovava immerso in una avventura di cui ignorava i confini, come se improvvisamente si fosse trovato in una dimensione di vita differente da quella terrena a cui era abituato. Nuotando tra le acque profonde attraversarono grotte e fenditure rocciose, giunsero presso l’antico veliero e rallentando lo perlustrarono incuriositi, giungendo persino nelle cabine interne e sotterranee. Antonio analizzava tutto ciò che incontrava e si rese facilmente conto che quel luogo era una miniera di informazioni utili per le ricerche che stava effettuando e iniziò ad ipotizzare l’origine e la datazione dell’imbarcazione. Infine si fermarono sul fondale sabbioso e rimasero a guardarsi incuriositi l’uno dell’altro, soggiogati e uniti in un dialogo empatico e profondo che scandagliava le verità reciproche. Lui le propose allora di salire su, di provare ad andare fuori dalle acque per verificare se per lei era possibile respirare lo stesso. Lei annui quasi timidamente e con uno scatto iniziarono a risalire verso l’alto.
La luce del sole li investì, abbagliandoli. Con le teste fuori dal mare, iniziarono quella prova e dopo alcuni minuti verificarono che lei continuava a respirare tranquillamente. Grondanti d’acqua salirono sull’imbarcazione, si asciugarono e Antonio le fece indossare dei vestiti asciutti. Una volta entrati in cabina, lui iniziò a spiegarle il suo lavoro mentre preparava da mangiare. Fuori dall’acqua il pallore di Smeralda si era accentuato e aveva un’aria smarrita che gli abiti maschili e i lunghi capelli attaccati avevano accentuato. Ma i grandi occhi verdi, sembravano brillare maggiormente. Quale era il mistero di questa giovane donna? Antonio cerco di aiutarla a ricordare, ma nulla. Dopo aver mangiato il pranzo insolito, Smeralda si addormentò sul divanetto in un sonno profondo e pesante. Antonio non finiva più di guardarla, ne valutava la straordinaria bellezza e il mistero. Sembrava una bambina sperduta e inconsapevole. Si sentì legato emotivamente ad essa e la sua presenza lo colmava di gioia. Capì di essersi innamorato di una creatura di cui non sapeva nulla, ma che di certo celava il segreto di un avvenimento spaventoso. Aprì il computer e iniziò la ricerca su episodi eccezionali riportati dalla cronaca, avvenuti in quella zona negli ultimi vent’anni. Scorreva immagini, titoli, notizie. Niente, non trovava nulla, poi lo colpì un trafiletto che riportava di una esplosione avvenuta presso un laboratorio dove effettuavano ricerche sulle modifiche genetiche umane. Eccola la risposta! Era la conferma di una delle possibili ipotesi. Approfondì la notizia, scoprendo i dettagli che rispondevano ai quesiti che si andavano affollando nella mente. Ecco: Smeralda faceva parte di embrioni umani su cui avevano effettuato esperimenti presso il laboratorio che aveva sede presso la scogliera della città vicina. L’esplosione aveva distrutto tutto, ucciso alcuni ricercatori e molto materiale era finito in mare. L’embrione di Smeralda era sopravvissuto e aveva trovato il suo alloggio, adattandosi al mondo sottomarino in cui era poi cresciuta. Ecco tutto spiegato. Ma che vita aspettava Smeralda? Come spiegarle tutto questo?
Quando essa si svegliò era pallida e triste e lo guardava con i suoi occhi brillanti e verdi come smeraldi, come se intuisse che avrebbe presto scoperto qualcosa di brutto che la riguardasse. Imparava velocemente e possedeva una percezione totale di tutto ciò che la circondava.
Sbiascicò il nome di Antonio, poiché iniziava a parlare e lui le si avvicinò accarezzandola. Pur desiderandola pazzamente, cercava di contenersi per rispetto della sua fragilità, del suo essere vittima inconsapevole di azioni umane scellerate. Si limitò a baciarla, bacio che la lasciò stupefatta. Ma, progressivamente, in quell’ambiente fuori dal mare, diventava sempre più pallida e spenta, come se le forze lentamente l’abbandonassero. Antonio capì che fuori dal mare Smeralda non sarebbe sopravvissuta e decise quindi rapidamente di riportarla in mare. Era in quello spicchio di oceano che sarebbe vissuta e sarebbe andato lui a trovarla. Non era una soluzione, ma era l’unica per farla esistere. Con la scusa del suo lavoro Antonio trascorse tutto il tempo possibile nelle vicinanze del luogo dove viveva lei, e la cercava quando era da solo poiché con la sua squadra di sommozzatori aveva iniziato a raccogliere numerosi reperti che iniziavano ad essere ripuliti ed analizzati per poi essere esposti al museo. Trascorse del tempo e Antonio era sempre più innamorato, cosa che non era sfuggita ad Anny che indagava sempre più su di lui, rosa dalla gelosia, ma non sapeva di chi essere gelosa, forse solo del suo lavoro, una passione vera e propria.
Poi un giorno Antonio non la trovò più, disperato la cercò e la invocò, perlustrando ogni possibile angolo, ma non c’era traccia della sua creatura. Trascorsero giorni e mesi in cui lui continuò la sua attività e le sue ricerche. Nel suo animo lentamente iniziò a farsi strada la rassegnazione e iniziò a pensare di avere sognato, di avere avuto delle allucinazioni, ma il dolore per quella pazza situazione non gli dava pace.
Il suo lavoro invece fu coronato dal successo anche se la sua vita rimase legata a quello strano avvenimento, al ricordo fantastico di una straordinaria creatura dagli occhi verdi brillanti, scomparsa poi nel nulla. Spesso dalla sua casa, ormai avanti negli anni, si affacciava sulla veranda, ammirando lo spettacolo del mare con le sue mille sfumature e i suoi molteplici colori, ora calmo e cristallino, ora burrascoso con onde che si infrangevano rumorosamente sugli scogli. Solo di fronte a questo scenario maestoso, se pur familiare, trovava pace e sentiva di unirsi a lei. Sarebbe rimasto uno dei misteri del mare, un fenomeno inghiottito nel buio di quell’oceano affascinante e grandioso, ma anche pauroso, colmo di insidie e pericoli nascosti.
Antonio sorseggiava il suo caffè, già pronto per recarsi al museo, dove la sua squadra di collaboratori lo attendevano per iniziare il lavoro. Stava per andar via ma rimase a guardare incantato un grande gabbiano che dopo aver volato attorno alla veranda, si avvicinò poggiandosi infine su una colonnina del grande balcone. Sembrava stanco, come se avesse volato per molto tempo, ma era bellissimo. Il grande gabbiano si riposò, poi infine spiccò il suo volo e tornò a volteggiare libero nel cielo.




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Opera scritta il 14/04/2020 - 16:47
Da Patrizia Lo Bue
Letta n.780 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Grazie Maria Luisa!

Patrizia Lo Bue 15/04/2020 - 15:44

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Un bel racconto che coinvolge ed emoziona dall'inizio alla fine...

Maria Luisa Bandiera 15/04/2020 - 15:40

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Ciao Giacomo, sono contenta che il racconto ti è piaciuto. In questi brutti giorni mi rifugio nella fantasia

Patrizia Lo Bue 15/04/2020 - 11:49

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Un racconto che pare quasi una favola, ben scritto e molto accattivante. Io poi, che sono istruttore sub da quasi 50 anni ed ho avuto una scuola subacquea a Porto Azzurro, me lo sono bevuto con grande curiosità. Confermo che l'amore per il mare, in particolare la sua vita interna, sott'acqua, ci prende al punto tale da dimenticare molte cose...molte, ma non tutte.

Giacomo C. Collins 15/04/2020 - 11:35

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