Marta alzò lo sguardo verso lo specchio e l’immagine che aveva davanti la sconfortò.
Il viso era pallido, gli occhi opachi e spenti la guardavano tristi contornati da due linee viola.
I suoi capelli neri stretti dal fermaglio completavano l’immagine. Marta sospiro pensando che l’opera di restauro quella mattina gli avrebbe portato via più tempo. Come un artista si preparò con cura ad iniziare la sua opera. Cerco di fissare nella mente l’immagine finale, poi tiro fuori pennelli e colori ed inizio la sua opera.
Con calma e mano precisa cancello dal viso il grigio. Con piccoli pennelli riaccese la luce degli occhi, tolse i segni viola e pazientemente e senza che si notasse, corresse la loro espressione. Tolse alla bocca la durezza e le dette una linea più dolce. Colorò di rosa le gote ed in fine sciolse i capelli perché fossero di cornice alla sua opera.
Questa volta lo specchi rimando un’immagine diversa. I suoi occhi avevano di nuovo il magnetismo di sempre, il viso era luminoso. Marta era soddisfatta, usci dal bagno e prosegui la sua opera cercando unn’abbigliamento che le desse l’aria sicura e decisa che quella mattina le era necessaria. Ogni giorno cercava con cura i particolari la facevano entrare nel personaggio che i suoi superiori volevano da lei. Cercava quotidianamente di non far vedere la stanchezza che sempre più spesso le segnava l’espressione.
Quando l’opera di restauro fu conclusa, in punta di piedi entrò nella stanza celeste. Gianluca dormiva ignaro della trasformazione che era appena avvenuta. Marta si chinò su di lui e lo baciò teneramente, Gianluca si stirò e l’abbraccio piagnucolando:
- Mamma non torni tardi vero?
- No, stai tranquillo.
- E mi porti alle giostre?
- Sì ma adesso dormi la mamma è già in ritardo.
- Devi sempre andare via tu! Che mi riporti?
- Non lo so, poi quando torno vedo. Ora torna a dormire.
Marta lo strinse poi lo ricoprì ed aspettò che dormisse di nuovo.
Uscendo dalla stanza si rese conto di non avere più tempo, per l’ultimo ritocco ci sarebbe stato lo specchio dell’ascensore. Mentalmente fece il quadro della giornata, poi cercò le chiavi della macchina in borsa mandò un rapido saluto a Danilo ed uscì.
IL GLICINE
Mirella è sola nel pomeriggio afoso, è arrivata in anticipo all’appuntamento. Strano, aveva pensato trovando chiuso lo studio, chi i notai affermati andassero a pranzo, avrebbe giurato che mangiassero solo la sera, se mai n’avessero il tempo.
Fa caldo, ed il nero del vestito non aiuta, ma le era sembrato un colore giusto per un colloquio di lavoro, la prima impressione è la più importante.
Il viale lungo cui cammina è costeggiato da muri di ville antiche, la primavera a fatto fiorire i giardini racchiusi a Mirella giunge un profumo intenso di fiori.
Un aroma che le arriva è più intenso degli altri e soprattutto è noto alle sue narici. Mirella lo segue, alzando gli occhi vede pendere dal recinto alto un glicine fiorito. La pianta si è arrampicata fino lì a testimoniare la sua antica data. Mirella osserva i fiori che pendono, le viene in mente il glicine rosa della sua città.Da piccola andava a giocare vicino al recinto di una vecchia villa dalla quale pendeva un glicine. In primavera fioriva ed emanava l’oleoso profumo che per Mirella era un invito a sognare di belle principesse e fantastici cavalieri. La sua fantasia cavalcava destrieri alati e lei si sentiva padrona del mondo.
Mirella guarda il glicine e desidera un fiore. Si alza sulle punte ma non riesce a raggiungere i fiori che pendono allora si guarda in torno ma sembra sola nell’afoso pomeriggio, allora torna a distendersi, sente tutti i suoi muscoli collaborare allo sforzo ma non riesce a raggiungere i fiori.
Non ha intenzione di arrendersi, deve avere assolutamente un fiore. Torna a guardarsi in torno, ma l’unica cosa che potrebbe aiutarla è la valigia che le è stata regalata alla laurea. E’ rigida e potrebbe usarla come appoggio.
Mirella guarda la valigia al centro del marciapiede, simbolo della professione che si appresta ad intraprendere e poi guarda il glicine. Ci pensa un po’ poi prende la valigia e la sistema vicino al muro si leva le scarpe e ci sale su. Torna a distendere i suoi muscoli e le dita toccano il fiore. Un ultimo sforzo e …. giù a terra ma con il fiore in mano.
E’ soddisfatta e si porta il fiore vicino al naso per aspirare al pieno la sua fragranza, e per un attimo il cavallo alato torna dall’oblio. Poi si rende conto di essere seduta al centro di un marciapiede con un fiore in mano.
Mirella si tira su e osserva i danni che l’impresa ha causato. Ha le calze smagliate ed il vestito strappato su la spalla. Poco male per le calze perché ne ha sempre un paio di scorta ma per il vestito c’è poco da far. C’è poco tempo. Poggia il fiore delicatamente sulla valigia, con le mani si spolvera l’abito.
Mirella corre verso il suo futuro tutta spettinata con un fiore per mano e la valigia da notaio.
Arriva davanti all’antico palazzo entra e si dirige verso l’ascensore, chiude la pesante porta e la blocca poi si cambia le calze si sistema i capelli e si guarda allo specchio, deve trovare una soluzione per lo strappo sulla spalla del vestito, ma non ha nulla nella borsa che faccia al suo caso cosi senza pensarci troppo prende il fiore di glicine e lo sistema sullo strappo.
Adesso è soddisfatta, certo è un po’ bizzarro portare un fiore di glicine per spilla ma a lei infondo piace perché sente il suo profumo gli ricorda la sua infanzia, e non le fa sentire dentro l’ansia e la paura di un insuccesso.
Sblocca la porta dell’ascensore e pigia sul numero del piano. Si sente padrona del suo mondo.
DOMANI
Sono stanca. Iniziare la giornata sentendosi stanca la demoralizzava. Questa stanchezza non era solo per la routine giornaliera, lei lo sapeva.
Guidando verso la città, Nadia si mise a pensare agli ultimi avvenimenti di quei giorni. Lei sapeva che dietro i silenzi di suo marito c’era un segreto. Il piccolo segreto che gli uomini celano quando hanno altro per la testa. Lei sapeva che Leo non era uno spirito tranquillo. Era stato proprio questo suo essere così turbinoso a fargli lasciare Firenze e il tranquillo destino di futura moglie, per correre dietro alle emozioni che lui gli offriva.
Non un rapporto tranquillo, come quello che aveva con Giacomo, dove tutto era già stato previsto e programmato, ma qualcosa di vivo proprio perché in prevedibile. . Nadia era corsa dietro a Leo fino a che non era arrivato Lorenzo. Poi però si era ritrovata moglie e mamma in un piccolo paese di montagna.
Leo aveva lasciato a lei la decisione, sì perché una donna è in prima linea. Fare la mamma non era quello che voleva, ma poi aveva ceduto all’emozione e Lorenzo era nato. Sola con il bimbo aveva affrontato tutte le difficoltà che si presentavano, anche perché Leo era sempre più assente. Aveva fatto la madre e la moglie a tempo pieno ed ora dopo quattro anni stava ricominciando a pensare a se stessa.
Ormai Leo non la faceva sentire donna da più di un anno, a lui interessava che nel suo piccolo paese fosse mantenuta quell’immagine di famiglia felice, e quindi lei doveva fare la madre e la moglie.
Per non sentirsi più tanto sola aveva spolverato il suo diploma ed era andata a prestare servizio come volontaria. Non guadagnava ma almeno si sentiva viva. Leo sembrava d’accordo e lei aveva ricominciato ad uscire.
Sarà stato il lavoro, il nuovo ambiente o forse la sensazione di non essere soltanto una madre e moglie, che aveva riacceso in lei il vecchio senso sopito.
Dal profondo sonno la donna Nadia si era svegliata. Ancora assonnata ma in ogni modo desta. Così aveva cominciato a vedere con altri occhi Leo, a decifrare i mille segnali. Lui la tradiva. Quella mattina, i suoi sensi incantati si erano svegliati, improvvisamente la mente, come fosse folle aveva riportato dall’oblio, indietro parole sensazioni. Comprendeva finalmente la strana amicizia, il silenzio del suo uomo, il nervosismo, le strane uscite pomeridiane, le telefonate brevi o interrotte in sua presenza. Aveva lasciato il lavoro per correre sotto casa della donna, lì c’era la macchina di Leo. Per un attimo pregò che non fosse lì, ma loro erano scesi furtivamente separandosi e lui aveva fatto finta di non vederla fuggendo via.
La sera a casa la gentilezza di Leo era stata conferma dei sospetti. Non sapeva nemmeno Lei come aveva fatto a rimanere calma mentre discutevano e lui giurava il falso.
Leo l’aveva pregata piangendo miseramente di credere alle sue parole. La cosa che più lo turbava era l’idea che la sua famiglia andasse distrutta, che le apparenze fossero turbate. Come poteva Nadia fare una cosa simile, come per un banale frainteso, potesse distruggere tutto? Questa la sua ansia, l’unica preoccupazione di Leo.
Avevano discusso per due giorni, lei aveva ricordato tutti i dolori di quel rapporto e li aveva vomitati su di lui sperando comprendesse. Leo sembrava terrorizzato da questi nuovi eventi allora aveva pensato che possedendo il suo corpo avrebbe di nuovo posseduto il loro rapporto.
Lei aveva provato a resistere alle manifestazioni virili, ma poi aveva ceduto anche perché i suoi sensi volevano in parte essere soddisfatti.
Oggi era lunedì e dopo due giorni di fuoco lei poteva finalmente stare da sola e si sentiva stanca mentre guidava verso la città. Che cosa poteva fare lei? Andarsene via, fuggire dare retta al suo orgoglio ferito? Sopportare, cercando di salvare il salvabile? Pensare a questo la stancava, pensare in continuazione l’abbatteva. Sperava che il suo cervello tornasse a dormire, ma lui quando era di nuovo vigile folleggiava.
Doveva prendere una decisione, ma quale? Ma quale se lei non guadagnava, cosa poteva fare da sola? Ma perché un errore gli doveva costato tanto? Nadia sentiva che tutte le sue scelte erano state sbagliate. Anche i suoi sentimenti erano stati un errore? Questo non poteva pensarlo al contrario sarebbe impazzita. Forse il tempo avrebbe permesso di dimenticare e suoi sensi e il suo cervello sarebbero tornati a dormire inghiottiti dall’oblio.
Ora non poteva più pensare era in città. Domani avrebbe pensato ancora
LA CORSA
Dina corre veloce lungo la strada, pedala quasi debba essere lei il nuovo Pantani. Deve arrivare prima di tutti a casa.
Si era fatto tardi e c’è ancora da preparare il pranzo. Dal fruttivendolo c’era la fila e la signora aveva sempre voglia di raccontare o di sapere qualche nuovo pettegolezzo ma Dina non aveva tempo di parlare andava di fretta.
Gino sta per tornare e se non la trova a cucinare inizia a predicare, lui strilla sempre e la gente sente e questo a Dina non piace, per questo pedala lesta.
Il fruttivendolo è lontano ma ha le primizie della stagione a poco prezzo. La grande vuole sempre le primizie fresche.
Forse non è necessario arrivare fin lì per risparmiare, ora la grande lavora i soldi ci sono, ma c’è la piccola appena laureata che ha ancora bisogno.
Dina pedala lesta è quasi ora di pranzo.
Avrebbe preparato la pasta con il pomodoro e basilico.Mentre l’acqua bolle il sugo è pronto. Poi ci sono le fettine quelle basta girarle un paio di volte in pentola e sono pronte, per contorno c’è l’insalata.
Il pranzo è fatto ma a casa bisogna arrivare prima di tutti.
Gino è un buon uomo ha sempre lavorato e risparmiato, prima in Germania e poi in fabbrica, non frequenta il bar, non beve. Ha solo un interesse la pesca. Non è cattivo ma il carattere quello si che lo è. Basta un piccolo inconveniente per farlo esplodere. Non riesce a contenersi. Aveva provato a lasciarlo ma dove va una donna sola con due bambine da crescere, così aveva sopportato ed imparato a parlare sommessamente a correre veloce perché tutto fosse a posto al suo rientro.
Dina pedala lesta, lesta ci sono i panni da stendere e da stirare.
A Sonia serve il vestito di lino per il pomeriggio e per quello ci vuole tempo, va stirato con cura perché al contrario lei si sarebbe arrabbiata ed avrebbe cominciato a strillare. La gente sente e non è bello. La figliuola è brava si è laureata senza problemi dopo aver studiato tanto e che emozione averla vista discutere la tesi, però basta un poco per farle perdere la pazienza. Non è cattiva ma il carattere quello sì, come suo padre. Forse l’aveva viziata un po’ perché il marito non aveva mai voluto sentire la confusione.
Dina pedale lesta, lesta.
Però questa mania delle primizie Tea se la poteva far passare, ma dopo una giornata di lavoro lei se le aspettava. Tanto brava questa figliuola, aveva occupato il posto da maestra in Veneto che era ancora una bambina, e per due anni aveva fatto su e giù per l’Italia. Forse l’anno prossimo si sarebbe sposata e non l’avrebbe più avuta lì. Lei ci soffriva in quelle casa così chiusa tra le altre e si lamentava ma lo faceva tra i denti non le piaceva che la gente sentisse o guardasse.
Dina pedala lesta, lesta, per le primizie, per il pranzo, per il vestito.
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