Il giallo… e il viola
…ci chiesero di ricostruire il fatto. Vollero da noi molti dettagli su come avevamo passato le ore tra le dodici, quando ci avevano visti tornare dalla chiesa con un pallone da basket sotto il braccio fino a quell’esatto momento in cui, varcato il portone di via Festa del Perdono 7, ci eravamo trovati di fronte a loro. Loro, due assistenti dalle facce svogliate e il Professor Casiraghi Antonio che del più conosciuto Alberto amava ripetere < Il giallo di cadmio mi commuove come una fragola addormentata>. Appunto, avrei voluto rispondere io… in questo periodo le fragole è come se dormissero. Così il cadmio nella sigaretta che si fuma tra le tue dita e le macchie di nicotina. E vedi, caro professore, quella cosa grande di colore giallo nel cielo? Il mondo gira intorno a quello, non a te! Ma ripensai invece al giallo degli alberi quando cede al peso dei giorni, vestendo i piedi dei passanti. Al fumo dall’elicottero di quel 26 di gennaio. Di fronte al mio silenzio il Professore, forse per sollecitarmi < Vincent van Gogh, lo conosce spero, diceva pressappoco così Non c’è blu senza giallo e senza arancione -e rosso direi io- e se si aggiunge del blu, bisogna aggiungere anche del giallo e dell’arancione. E quel rosso, me ne parli… rapportandolo con la nascita del genere giallo che si può far coincidere con I delitti della via Morgue di Poe>.
Mentre parlava imprigionando per poi liberare le parole, come nell’arresto e tiro a canestro, pensavo che dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i fogli dal notes di mio padre e a “lanciare immaginari tiri della vittoria” nel cestino “ho saputo che una cosa era reale”: mi ero innamorato della scrittura. <Insomma, mi dica… Correva l’anno 1841 e…>.
<<No professore, correva l’anno 2020 e la vita di un uomo cessava di correre. Tingendosi di rosso, direi io. Quel giorno il cielo della California imparò che non c’è blu senza il giallo della maglia di un Laker… Mi scuseranno Poe e van Gogh se le ore tra le dodici e quando ci avete visti tornare dalla chiesa, io e i miei pensieri, non le abbiamo passate tra delitti e tinte. Ma ricordando quel 8 sulla schiena all’inizio della carriera che “era l'adrenalina e la voglia di emergere”.
Lo faccio spesso accartocciare un foglio di carta, un appunto che non serve più. Senza badarvi molto. Poi talvolta vado a riprendere il foglio spiegazzato, perché forse l’idea non era da buttare. Ristendo il foglio e mi concentro su quello che avevo scritto. Ho corso su e giù per ogni opportunità dietro ad ogni occasione persa per lei. Ha chiesto il mio impegno… le “ho dato il mio cuore, perché c’era tanto altro dietro”. Ha fatto “vivere a un bambino di sei anni il suo sogno”. Ho continuato “nonostante il sudore e il dolore non per vincere, ma perché mi aveva chiamato”. Ho fatto tutto per la scrittura, “perché è quello che fai quando qualcuno ti fa sentire vivo” come lei m’ha fatto sentire.
Varcando il portone della Statale il mio pensiero è andato alla maglia col 24 che Kobe definiva “la sua crescita, la maturità>>.
Mentre parlava imprigionando per poi liberare le parole, come nell’arresto e tiro a canestro, pensavo che dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i fogli dal notes di mio padre e a “lanciare immaginari tiri della vittoria” nel cestino “ho saputo che una cosa era reale”: mi ero innamorato della scrittura. <Insomma, mi dica… Correva l’anno 1841 e…>.
<<No professore, correva l’anno 2020 e la vita di un uomo cessava di correre. Tingendosi di rosso, direi io. Quel giorno il cielo della California imparò che non c’è blu senza il giallo della maglia di un Laker… Mi scuseranno Poe e van Gogh se le ore tra le dodici e quando ci avete visti tornare dalla chiesa, io e i miei pensieri, non le abbiamo passate tra delitti e tinte. Ma ricordando quel 8 sulla schiena all’inizio della carriera che “era l'adrenalina e la voglia di emergere”.
Lo faccio spesso accartocciare un foglio di carta, un appunto che non serve più. Senza badarvi molto. Poi talvolta vado a riprendere il foglio spiegazzato, perché forse l’idea non era da buttare. Ristendo il foglio e mi concentro su quello che avevo scritto. Ho corso su e giù per ogni opportunità dietro ad ogni occasione persa per lei. Ha chiesto il mio impegno… le “ho dato il mio cuore, perché c’era tanto altro dietro”. Ha fatto “vivere a un bambino di sei anni il suo sogno”. Ho continuato “nonostante il sudore e il dolore non per vincere, ma perché mi aveva chiamato”. Ho fatto tutto per la scrittura, “perché è quello che fai quando qualcuno ti fa sentire vivo” come lei m’ha fatto sentire.
Varcando il portone della Statale il mio pensiero è andato alla maglia col 24 che Kobe definiva “la sua crescita, la maturità>>.
Il giallo, e il blu e il rosso che insieme danno il viola sono il mio omaggio a lui, ispirato alla lettera all’amore della sua vita “Caro basket…”
Guardo le pieghe del foglio, penso “Quel che fate” leggendomi autori “è di gran lunga superiore a quello che faccio io per voi” scrivendo.
(Kobe Bryant, 23 agosto 1978-26 gennaio 2020)
Opera scritta il 25/08/2020 - 06:06
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Commenti
Quello che scrivi è ricco di spunti e riflessioni, scrittura creativa che lega suspense, arte e sport...
Bravissimo!
Bravissimo!
Grazia Giuliani 26/08/2020 - 17:59
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Un elogio alla scrittura che fa trovare la propria realizzazione personale, un omaggio al famoso cestista che in quello sport aveva trovato se stesso, un aforisma (ricordati che il mondo gira intorno al sole e non a te stesso),...e tanti altri temi in questa originale scrittura creativa.
Anna Maria Foglia 25/08/2020 - 10:25
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Scivola tra la punta della penna ed il foglio l'inchiostro di Mirko a scrivere una bellissima "scrittura creativa" nata non come thriller ma tra i colori dei giocatori di basket. Complimenti, splendido racconto!
Maria Luisa Bandiera 25/08/2020 - 09:34
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