A colloquio con Stendhal (II)
<Buonasera, come direbbe Maria: puntata numero 4713. Qui con noi, Dominique Noir… scrittore e poeta. Dominique, non le chiederò quando ha cominciato a scrivere. O se era sicuro di voler diventare uno scrittore. Ma ho una curiosità che come me forse avranno anche i suoi lettori: alla novelette da pochissimo arrivata nelle librerie seguirà un nuovo romanzo? E se è così, può svelarci il titolo?>.
“Buona sera a tutti. Innanzitutto vi ringrazio per avermi invitato. La risposta è sulle quarte di copertina di ogni autore. Mia sorella mi portava dentro l’incredibile mondo dei libri leggendomeli prima di dormire ed io già da bambino volevo essere dall’altra parte, ovvero nelle vesti del narratore. Pensavo, guardando le foto degli scrittori, che avessero poteri magici e che fossero persone speciali. Perciò sin da quell’età non vedevo l’ora di diventare anche io speciale, un po’ magico. Diventare come loro uno scrittore capace di portare le persone dentro le storie. Non posso smettere di scrivere”. <Il titolo, Noir… ci dica il titolo>. “Non ne sono ancora certo, l’editore mi ha suggerito caldamente La Penna. Ma credo sarà Il Primo Libro”.
<…adesso so’ de più curioso. Non è il suo primo libro!?!>. “In fondo lo è. Narrerà l’antefatto che mi portò a scrivere Il Tomo”.
<Una specie di primo capitolo, insomma>. “Una specie. E, perché no, lei potrebbe essere nel secondo…”. <Troppo buono. Tornando al titolo… In compagnia di due francesi e mezzo a Firenze. D’accordo Firenze: città d’arte ecc ecc. Ma i due francesi sono David e l’artista di strada? E il mezzo è forse lei… ha origini franco italiane?>. “No, no. Sono italianissimo, senza nulla togliere ai cugini d’oltralpe. Vede… la scelta di ambientare il racconto nella culla del Rinascimento è dovuta a Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal, e alla sua sindrome di Firenze. Credo di soffrirne da sempre, anche se in una forma più legata alla scrittura: davanti a un libro di particolare bellezza. Quando scrivo sono in preda ad agitazione, disturbi dell’umore e del pensiero. Quindi uno dei due francesi è Stendhal. L’altro, come giustamente lei diceva, è il pittore Jacques-Louis David. Il mezzo è Marat. Jean-Paul era di origini sardo-svizzere, l'Amico del popolo francese”.
<Ora veniamo alla novelette, ce ne parli…>. “Che dire, l’idea è nata quando Dominique Noir non era che un personaggio del quarto romanzo de Il Tomo, se ricordo bene nel quinto o sesto capitolo di Blue Lobella. Sì, credo il quinto. Proposi a un editore il primo romanzo Reprobi Angelus, ancora aspetto… Eravamo nel suo piccolo ufficio. Lui scriveva con una Parker Sonnet, rispondeva al telefono e si accordava per la serata. Forse con la moglie. Capii solo che parlavano di una galleria d’arte”. <Solo un’ultima domanda, brevemente perché siamo in chiusura… altri progetti per il futuro?>. “Forse. Sto lavorando a una versione per ragazzi del mio precedente libro”. <Si sarà capito che amo i titoli, si chiamerà allo stesso modo?>. “Spero di no per i miei giovani lettori. Pensavo a qualcosa tipo Lettere al cuore dal padre… di un Enrico Bottini”. <Curioso. Ringraziamo e salutiamo il nostro ospite. Dal Teatro Parioli in Roma, una buonanotte a tutti>.
“Buona sera a tutti. Innanzitutto vi ringrazio per avermi invitato. La risposta è sulle quarte di copertina di ogni autore. Mia sorella mi portava dentro l’incredibile mondo dei libri leggendomeli prima di dormire ed io già da bambino volevo essere dall’altra parte, ovvero nelle vesti del narratore. Pensavo, guardando le foto degli scrittori, che avessero poteri magici e che fossero persone speciali. Perciò sin da quell’età non vedevo l’ora di diventare anche io speciale, un po’ magico. Diventare come loro uno scrittore capace di portare le persone dentro le storie. Non posso smettere di scrivere”. <Il titolo, Noir… ci dica il titolo>. “Non ne sono ancora certo, l’editore mi ha suggerito caldamente La Penna. Ma credo sarà Il Primo Libro”.
<…adesso so’ de più curioso. Non è il suo primo libro!?!>. “In fondo lo è. Narrerà l’antefatto che mi portò a scrivere Il Tomo”.
<Una specie di primo capitolo, insomma>. “Una specie. E, perché no, lei potrebbe essere nel secondo…”. <Troppo buono. Tornando al titolo… In compagnia di due francesi e mezzo a Firenze. D’accordo Firenze: città d’arte ecc ecc. Ma i due francesi sono David e l’artista di strada? E il mezzo è forse lei… ha origini franco italiane?>. “No, no. Sono italianissimo, senza nulla togliere ai cugini d’oltralpe. Vede… la scelta di ambientare il racconto nella culla del Rinascimento è dovuta a Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal, e alla sua sindrome di Firenze. Credo di soffrirne da sempre, anche se in una forma più legata alla scrittura: davanti a un libro di particolare bellezza. Quando scrivo sono in preda ad agitazione, disturbi dell’umore e del pensiero. Quindi uno dei due francesi è Stendhal. L’altro, come giustamente lei diceva, è il pittore Jacques-Louis David. Il mezzo è Marat. Jean-Paul era di origini sardo-svizzere, l'Amico del popolo francese”.
<Ora veniamo alla novelette, ce ne parli…>. “Che dire, l’idea è nata quando Dominique Noir non era che un personaggio del quarto romanzo de Il Tomo, se ricordo bene nel quinto o sesto capitolo di Blue Lobella. Sì, credo il quinto. Proposi a un editore il primo romanzo Reprobi Angelus, ancora aspetto… Eravamo nel suo piccolo ufficio. Lui scriveva con una Parker Sonnet, rispondeva al telefono e si accordava per la serata. Forse con la moglie. Capii solo che parlavano di una galleria d’arte”. <Solo un’ultima domanda, brevemente perché siamo in chiusura… altri progetti per il futuro?>. “Forse. Sto lavorando a una versione per ragazzi del mio precedente libro”. <Si sarà capito che amo i titoli, si chiamerà allo stesso modo?>. “Spero di no per i miei giovani lettori. Pensavo a qualcosa tipo Lettere al cuore dal padre… di un Enrico Bottini”. <Curioso. Ringraziamo e salutiamo il nostro ospite. Dal Teatro Parioli in Roma, una buonanotte a tutti>.
Le luci dell’alba su Le Rouge et le Noir mi svegliano, sulla notte intorpidita dal finestrino della tratta Santa Maria Novella-Santhià. Lo sguardo mi cade sulla giacca del tizio di fronte, ma è solo una Parker Vector acciaio quella che ha nel taschino. Niente a che vedere con la penna sulla scrivania dell’editore. Ho bisogno di allungare le gambe. Lo farò dopo il cambio del treno, e mezza sigaretta.
-la risposta alla prima domanda è ispirata a un pensiero dello scrittore Christian Mascheroni
Opera scritta il 22/10/2020 - 18:18
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Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Sempre bravo Mirko.
Antonio Girardi 24/10/2020 - 17:46
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“Lo scrittore è colui che sa portare le persone dentro le storie” bella definizione Mirko
Anna Maria Foglia 23/10/2020 - 20:33
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Cambiano le penne, s'incrociano le tue storie...speranze, sogni e delusioni che lasci sulla carta...
Più difficile rispetto al primo...
Un abbraccio
Più difficile rispetto al primo...
Un abbraccio
Grazia Giuliani 23/10/2020 - 18:33
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