A volte è meglio non aprire certe porte..
Probabilmente non era consigliabile
aprire come un ladro
quella porta color viola acido.
Passi di scarpe su legno chiaro,
un tavolino sfiorato,
un piccolo vaso di ceramica blu
a terra rotto.
In fondo al corridoio una luce.
Si sentivano piccoli rumori,
voci sommesse, leggeri gemiti.
Gli occhi videro nella camera da letto,
su lenzuola bianche, quasi nudi..
Il seno, i capelli biondi
e la borsetta bianco perla di lei,
il petto, le mani e le scarpe nere di lui.
Quelle espressioni piene di stupore,
forse di paura, di dolore..
quasi fossero stati colpiti da un fulmine.
Le luci dei lampioni
attraversavano le tende viola della stanza.
Candele accese
illuminavano quei volti senza parole.
Una pistola di piccolo calibro
con intarsi di madreperla
puntata su di loro.
In quel momento
un desiderio di tingere di rosso
le lenzuola..
era così forte.
I secondi e i pensieri
erano così pesanti da sostenere.
Ogni cosa doveva crollare..
Un sapore amaro come veleno in bocca,
respiro corto, mozzato,
mani fredde.
Il cappello grigio cenere sulla testa
era pesante
come intriso di pioggia.
Un sigaro acceso
bruciava il suo tabacco
su un piattino d’argento,
accanto un bicchiere
con un goccio di whisky.
Non vedevo, ma sentivo
le nuvole grigio-viola in cielo,
con occhi e bocche come spettri del vento.
Tutto era immobile.. come in un quadro.
Fuori un rumore secco e allungato
il clacson di un’automobile!
E poi..
uno sparo
e.. un altro colpo di pistola.
Nell’aria rossa e violacea della prima notte
lasciai passi invisibili sul pavimento,
come un fantasma me ne andai
da quel palazzo del peccato.
Altri passi leggeri su un cemento
con ampie
macchie di olio da motore.
Gli occhi dei due peccatori
mi osservavano
da una delle finestre.
I proiettili avevano colpito
un’antica radio costosa
e un pregiato vaso di giada orientale.
Nel cappotto beige che mi riparava,
il mio cappello,
un bastoncino di liquirizia in bocca..
Abbandonai il mio respiro
nelle strade oscure,
nelle luci gialle-arancio
e blu elettrico di questa città.
Con il vento in faccia,
con le note di una musica blues
proveniente da un bar..
Nelle facce deformi che turbano l’anima,
in questa notte amara, assonnata,
è come sentirsi addosso
un vestito di velluto viola bruciato.
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