Dall’alto di una piccola nuvola, in una dimensione spirituale, il giovane Gabriele, vittima di un incidente, osserva la vita degli abitanti della terra da una prospettiva completamente nuova e diversa, in cui egli stesso non sa bene come comportarsi, né quello che deve fare. Una voce bellissima proveniente da una figura di luce, gli ha comunicato che adesso egli è un piccolo angelo, con una importante missione da compiere: cercare di aiutare chi è in difficoltà. Missione non da poco con una umanità in perenne sofferenza. Egli si sente inadeguato ad assolvere un compito così importante, anche perché avrebbe tanto voluto vivere la sua di vita. Improvvisamente intravede una ragazzina in grave pericolo, suggestionata e manipolata da un circuito di malfattori dei social. Da tempo circuita ed incapace di sfogarsi con i genitori afflitti da grave crisi economica, la ragazzina è pronta ad accogliere una sfida: tentare il suicidio. Gabriele interviene e nella foga squarcia una barriera e si rende visibile, di fronte allo stupore della ragazza. Gabriele le racconta la sua storia e le farà capire l’importanza di vivere e di lottare.
Dall’alto della sua nuvoletta Gabriele osservava mestamente la vita quotidiana di tutti i giorni degli umani, con i suoi problemi e le difficoltà, con le ansie e le disperazioni di cui fino a poco tempo prima egli stesso era abituato e di cui aveva fatto parte. Adesso si trovava in una dimensione che ancora non capiva bene e in cui non era per niente contento di essere. Gli sarebbe piaciuto vivere la sua vita, se non fosse stato per quel brutto incidente. Suo padre si trovava ancora ricoverato in ospedale, disperato per aver saputo della sua morte e sua madre malgrado il dolore, cercava di farsi forza per la sorellina Anna. Rimpiangeva il torneo di pallavolo, che stava per iniziare, di cui doveva fare parte con i suoi amici, le corse in bici, avrebbe potuto conoscere delle ragazze, avrebbe potuto esplorare il mondo e studiare le stelle e vivere tutte le occasioni che il destino aveva in serbo per lui, ma che non avrebbero avuto nessun seguito. Tutto era finito quando una manovra sbagliata aveva portato la macchina guidata dal padre, fuori strada. Lo schianto contro il muro, un dolore in tutto il suo essere e poi il nulla. Si trovò a vagare nel buio, un buio denso di nebbia, in cui non riusciva a distinguere nulla e senza rendersene conto, percorreva un tunnel. Era proprio come aveva letto in alcuni libri: il tunnel, poi la luce, un percorso che si concludeva giungendo in una grande luce, una luce strana, abbagliante e poi ecco una voce che gli spiegava qualcosa. Distingueva una figura eterea che parlava e gli spiegava che la sua vita terrena si era conclusa, ma che non doveva aver paura. Adesso era un angelo spirituale e avrebbe potuto aiutare il prossimo.
- Io un angelo? Ma non sono adatto, non lo so fare! - protestava Gabriele
- Vedrai, imparerai e troverai molto bello riuscire ad aiutare qualcuno, perché la vera gioia dell’amore è nel dare, non nell’avere- rispondeva l’essere di luce con saggezza. Adesso vai su quella nuvoletta e scoprirai che la vita non termina con la morte fisica, ma continua e si evolve. Vedrai il mondo terreno con occhi nuovi e diversi -
Così Gabriele adesso era un angelo, un giovane angelo un pò smarrito e confuso.
Dalla sua postazione si mise ad osservare quello che succedeva e gli strani comportamenti umani. Come in un film osservò alcuni furti, senza riuscire a far niente, si trovò ad assistere ad un omicidio di cui ebbe grande orrore, poi si trovò a vedere un disastro della natura : una inondazione di un fiume in piena in un piccolo centro di montagna, per fortuna ma senza vittime. Ecco poi ragazzini spericolati sulle moto, altri giovani in un parco a drogarsi. Si rese conto, man mano che assisteva impietrito, di riuscire a percepire i sentimenti degli uomini che poi inesorabilmente li spingevano a compiere certe azioni: rabbia, invidia, gelosia, avidità, paura, odio, amore.
Infine la sua attenzione si focalizzò su una ragazzina, in una casa di un quartiere apparentemente tranquillo. Si trovava nella sua stanza, davanti il computer con una espressione alterata e il viso estremamente pallido. I capelli biondi e arruffati erano legati in una coda sulla nuca e indossava ancora il pigiama. Sembrava paralizzata, come ipnotizzata da qualcuno che dal monitor le parlava e sembrava darle degli ordini. Lei annuiva, ma si capiva che quella piccola vita era prigioniera di una volontà non sua.
Poi la ragazza disse: - Va bene, lo farò -
Si alzò come un automa, cercò in un cassetto da cui estrasse una cordicella e si recò in bagno. Attraversando il salone vide che i suoi erano davanti la TV, imbambolati a guardare un film e non notarono nulla di strano nel comportamento della figlia, assolutamente ignari del dramma che stava per compiersi. Erano silenziosi e tristi, piegati dall’enorme dramma che li affliggeva: il licenziamento dalla azienda manifatturiera in cui lavoravano da molti anni, ormai prossima a chiudere.
Gabriele vide la ragazza legare la corda alla doccia e legarsela al collo. No, no doveva fare qualcosa! Agì allora d’istinto, dando forza a tutta l’energia di cui poteva disporre e cercando di scendere dalla sua nuvoletta, sentì un gran rumore e uno squarcio, attraverso cui scivolò per trovarsi di fronte alla ragazza che vedendosi innanzi lui, comparso dal nulla, abbassò le braccia facendo scivolare a terra la cordicella e stava quasi per gridare di fronte a quella visione improvvisa, ma velocemente egli la zittì e cercò di parlarle:
- No, ti prego non farlo, sono qui per aiutarti, adesso ti spiego.
La sua improvvisa apparizione aveva avuto il buon effetto di spezzare quella specie di incantesimo che aveva ipnotizzato la ragazza, portandola quasi al suicidio.
Si guardavano entrambi esterrefatti e infine Gabriele le chiese di poter parlare tranquillamente, così in silenzio tornarono nella stanza della giovane, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Solo il gatto, un soriano tigrato e grandi occhi verdi, si era alzato dal suo cuscinone e col pelo sollevato si era messo a soffiare verso di loro, emettendo strani miagolii.
Una volta entrati nella stanza, la ragazza si affrettò a chiudere la porta e finalmente gli poté chiedere:
- Chi sei? Come sei entrato? Come hai fatto a comparire dal nulla? - Domandò lei alterata
- Mi chiamo Gabriele e so che ti sembrerà tutto assurdo, ma adesso ti racconto. Mi è stato detto che adesso sono un angelo, un angelo alle prime armi e come vedi combino pasticci.
Lei rise, pensando che scherzasse. Però come aveva fatto a comparire così?
- Tu come ti chiami? - le domandò
- Beatrice, e tu? –
- Gabriele, ma dimmi, perché stavi per ucciderti?-
I grandi occhi chiari si abbassarono nel rispondere:
- Non volevo uccidermi, era una sfida per vedere se avevo coraggio e non mi sarebbe dispiaciuto farla finita. Così mi aveva chiesto il gruppo. E’ una sfida che se non accetti, verrai denigrata per tutta la vita e sei finita.- Il viso grazioso di Beatrice era adesso colmo di ombre e di tristezza, chissà da quanto tempo era vittima di questo gruppo che si divertiva delle sue insicurezze e della sua vulnerabilità.
- Non capisci che sono imbroglioni che volevano farti compiere un gesto bruttissimo: rinunciare alla tua vita!
- Era una sfida, dovevo dimostrare di non aver paura. Non era detto che morivo e poi sai la vita non è poi un granché– rispose lei con tristezza
- Ma cosa dici! Sapessi come rimpiango io adesso la vita. Ma io non ho potuto scegliere, un brutto incidente ha messo fine ai miei sogni.
- Com’ è successo? - chiese lei, come se fosse normale parlare con un ragazzo che diceva di essere morto.
- Andavo con mio padre a prendere le pizze per la cena, pioveva e l’asfalto era bagnato. Mio padre ha imboccato male una curva e la macchina è andata fuori strada, schiantandosi contro un muro.
- Mi spiace - fece lei, poi senti lo strano bisogno di sfogarsi con lui e raccontò:
- I miei sono stati licenziati, sono depressi entrambi e non abbiamo più soldi, Come faremo?
Gabriele rifletté un attimo e poi rispose:
- Vivere non significa non avere problemi, solo che a volte si deve lottare e trovare la forza di affrontarli e cercare delle soluzioni.
- Vuoi convincermi che la vita è bella?
- Certo che lo è. Hai dimenticato il gusto di una passeggiata in riva al mare, o nei campi o nel giocare con gli amici. Io non sono in grado di fare grandi discorsi filosofici o religiosi, però posso dirti che della vita terrena mi manca soprattutto tutto ciò che avrei potuto fare e non ho fatto, le occasioni mancate, le piccole cose di ogni giorno. Avrei voluto la compagnia di un cagnolino e giocare con lui. Io non ho scelto di morire Beatrice e dovrò accettarlo, dovrò adattarmi a vivere una vita spirituale che forse è più importante di quella terrena, ma che non mi sento ancora pronto ad assolvere. Non so se saprò essere un bravo angelo, non so se riuscirò a compiere del bene, non sono Superman, ma farò del mio meglio. Ma tu che hai il dono della vita ancora, non disprezzarlo. I tuoi genitori sono giovani e possono trovare un nuovo lavoro. Anche tu puoi aiutarli.
- E come, che posso fare, ho solo quindici anni.
- Comincia ad aiutare tua mamma e rimettere in ordine la casa. Lei è depressa e non se ne accorge., ma in una casa sistemata l’umore migliora e tua mamma si sentirà aiutata-
-Gabriele, dimentichi la cosa più importante, mancano i soldi. -
- Abbi fiducia, cerca anche tu un lavoretto. -
I due giovani uno spirituale e una terrestre, rimasero in silenzio guardandosi, consapevoli di quanto fosse straordinaria e piena di mistero quella situazione, e per la prima volta Beatrice sorrise.
- Forse sei davvero un angelo! appena lo sapranno le mie amiche.
-No no ti prego. Ho fatto io un pasticcio, forzando con la mia energia la barriera che ci divide e di mostrarmi a te. Sono sicuro che dovrò giustificarmi. -
Si era fatto buio e dopo la cena, cui Gabriele poté assistere da un angolino, Beatrice sparecchiò e ripulì la cucina con stupore della madre.
- Ma che fai Bea, non devi studiare? -
- Non preoccuparti, mamma lo farò dopo. Tu riposati-
La madre sorrise guardandola con occhi nuovi.
- Sai mamma, la famiglia della villetta di fronte, ha due bimbi piccoli e ho sentito che la signora cerca un aiuto per andare al lavoro.
- Ma io non so fare la baby sitter-
- Hai cresciuto me, prova!
- E tuo padre, se rimane solo sono sicura che si metterà a bere.
- Papà sa aggiustare le auto meglio di tanti altri. Perché non prova a chiedere lavoro in qualche officina?
La madre scosse la testa, ma sorrideva, ed era già un passo avanti. Beatrice che fino a poche ore prima sentiva di non contare nulla, riacquistava speranza ed era riuscita a far sorridere sua madre.
Gabriele aveva ragione. Ma dov’era? Era andato via? Salì di corsa nella sua stanza e con un sospiro di sollievo lo trovò ancora lì ad attenderla.
- Grazie Gabriele, avevi ragione. Bisogna lottare e non piangersi addosso.-
Il piccolo angelo, guardava incantato e con nostalgia, fuori dalla finestra, il cielo stellato.
- Guarda che meraviglia -
- Si è proprio bello - Poi dopo una pausa – Adesso andrai via?
- Si, dovrò farlo, però non pensare di esserti liberato di me. Sai io credevo di dover compiere un miracolo, come fanno tutti i bravi angeli, invece il miracolo è stato fatto a me. Credevo di non potere più godere della vita e invece ho sentito ancora il suo respiro, i suoi profumi, ho ammirato le sue meraviglie, ho parlato con te, una mia coetanea di cui forse in vita mi sarei innamorato e ho potuto scorgere la purezza del tuo cuore. Sono cose di cui prima non mi accorgevo.
I due giovani si sorrisero, accomunati da una grande emozione. Un gran fascio di luce dal cielo buio, si fece strada ed entrò nella stanza investendo Gabriele.
- Devo andare, però devi farmi un favore- disse l’angelo spiegandole qualcosa.
Sul volto della ragazzina scorrevano delle grosse lacrime, ma era consapevole che tutto adesso sarebbe stato diverso, che avrebbe respinto per sempre quel gruppo di malfattori che volevano la sua morte e avrebbe affrontato ogni difficoltà passo dopo passo e l’avrebbe fatto con coraggio, perché ormai sapeva di non essere più sola.
Poi il fascio di luce avvolse Gabriele e in attimo lo portò via.
Gabriele sulla sua nuvoletta, pensava sarebbe stato rimproverato, ma la creatura di luce sembrava quasi accarezzarlo e gli disse che, anche se con qualche pasticcio, aveva agito bene con Beatrice e che da adesso era veramente un angelo.
Erano trascorsi alcuni giorni e Giovanni, il papà di Gabriele era tornato a casa. Era da solo poiché sua moglie era andata al lavoro e la piccola Anna era appena andata via col pulmino della scuola.
Giovanni era sprofondato nella poltrona ancora sofferente, la sua officina era chiusa perché l’operaio che vi lavorava si era trasferito e lui ancora non se la sentiva di ricominciare. Il dolore era troppo grande. Accese la tv dove venivano trasmesse le previsioni del tempo. Ancora pioggia. Improvvisamente sentì bussare alla porta. Chi poteva essere a quell’ora?
Aprì e stupito si trovò dinnanzi una ragazzina con tanti capelli biondi e ricci, grandi occhi chiari e un bel sorriso. Vestiva come tutte le ragazze, jeans, maglione e giubbotto.
- E’ lei il signor Vicari?
- Si, sono io. Ma tu chi sei?
- Mi chiamo Beatrice e so che le sembrerà assurdo, ma vengo da parte di Gabriele. Ho un messaggio da parte sua. Se permette le spiegherò tutto.
Così la giovane eseguì il desiderio del suo amico angelo, suscitando nell’uomo una emozione violenta, ma che nemmeno per un attimo, anche se assurdo, mise in dubbio il suo racconto. Nel cuore dell’uomo era scesa come una carezza una improvvisa pace. Suo figlio non poteva essere che un angelo.
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