26 giugno 2021, ma poteva essere il 1973
Questa mattina in un alloggio uniforme e scontato per famiglie a basso reddito muore Elda Franchini, mia nonna. Nonna materna, ma non mi sento triste. Questo sentimento lo provai fino a una decina d’anni fa, poi subentrò l’abitudine.
Nei primi anni ’70 Lissone vantava la presenza della fabbrica Montana di via Don Minzoni, quella della carne in gelatina che da bambino riempiva la mia tavola in quasi tutte le sere d’estate. Nonna ci lavorava come donna delle pulizie e un mattino all’inizio del turno precipitò da una scala mentre puliva le finestre all’ultimo piano della palazzina adibita a uffici. Da allora il grave infortunio e le malattie venute con gli anni ne fecero l’ombra di racconti lontani, un corpo e una storia da tramandare. Forse solo l’inevitabile ritorno a quello che nonna è da sempre stata, la Mata Capina del bosco bello, il punto più lontano dagli occhi di tutti, del Parco di Monza.
Da stanotte torneremo ad aspettare il 12 settembre, il plenilunio, per cercare da lontano con lo sguardo nel buio un'ombra enorme, l'inseguirsi delle luci, un carro carico di oggetti e ferri vecchi e cianfrusaglie che sferragliano e che arranca dietro a una janara dal passo incerto vestita di stracci che si mostri tra le foglie.
Dieci anni prima della sfortunata caduta nonna aveva anche un marito, Dante Mariani. Nonno lavorava in un’anonima fabbrica di Lissone, o per lo ferrovie… qui il racconto si fa confuso.
Quel che so è che il nonno di sabato e domenica faceva il “bauscia”, letteralmente bava. Non nel significato di tifoso dell’Inter contrapposto a quello milanista chiamato invece “casciavit”, ma il famoso accalappia clienti assoldato dai mobilieri brianzoli. A partire dagli anni Cinquanta lungo il tratto lissonese della Valassina, che a quel tempo non aveva svincoli e viadotti come oggi ma incroci e semafori anche con la svolta a sinistra, si potevano vedere gruppetti di giovanotti intenti a scrutare con occhio clinico gli automobilisti di passaggio. Non si trovavano solo lungo la nuova SS26, ma anche in tutte le altre strade trafficate della città e nel piazzale della stazione ferroviaria. Il loro compito era di abbordare nuovi clienti, per lo più giovani coppie in procinto di sposarsi, e convincerli ad acquistare mobili nel negozio che li pagava.
Nonno era uno di quei bauscia capaci di vomitare lodi e apprezzamenti per i prodotti da loro reclamizzati come se fossero bava. Fu proprio in questi anni che il binomio fra Lissone e i mobili conquistò l’immaginario collettivo e quando i mobilieri decisero di abbinare anche un premio per la pittura, il tutto si trasformò in un evento culturale capace negli anni Sessanta di scomodare il Corriere della Sera nella penna di Dino Buzzati.
Oggi il nonno abita le storie nate intorno alla fagiolaia della Reggia di Monza. Da ragazzo, allo stesso chiaror di luna che stamane è rimasto ad accompagnare nonna in cielo, andavo a sedere per ore nei prati intorno al parco con la speranza di sentire il rumore degli zoccoli del destriero del cavaliere fantasma della leggenda. E talvolta rincasavo convinto di aver visto il profilo diafano del nonno.
28 giugno 2021, ore 14
“Gravava ormai (…) il sentimento della notte, quando le paure escono dai decrepiti muri e l'infelicità si fa dolce, quando l'anima batte orgogliosa le ali sopra l'umanità addormentata”, metto il segnalibro a pagina 55 e lascio a domani Il deserto dei Tartari.
Sotto il balcone passa il corteo funebre, qualcuno sillaba El-da tra le lacrime e una preghiera dal breviario… l’ombra del nonno arrotola una sigaretta mentre lo spirito di nonna si lascia andare a un sorriso compiaciuto per la folla in processione dietro il carro con la sua salma.
Nel fumo della sigaretta credo di aver scritto l’elaborazione del mio lutto.
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Sei bravissimo Mirko... a raccontare e a poetare con il cuore e l'anima!
Se mai si dovesserò incontrare nelle cortine d'azzurro, tua nonna il mio Manuel, so, che, gli sarebbe piaciuta.
Memorie e ricordi ... 5***** racconto piaciuto e apprezzato.