Novembre volgeva quasi alla fine e mentre tornavo a casa da lavoro pensavo che avrei dovuto lavare i vetri delle finestre: dopo gli ultimi temporali le macchie si erano fatte più grosse. Avevo lasciato le ricerche in biblioteca, mi accorsi, frugando nello zaino. Poco male, non avrei avuto tempo stasera. Infilai la chiave nella toppa e girai. Una volta entrato lasciai tutto sul divano, posai le chiavi, e mi diressi subito in cucina. Erano quasi le otto, stavo morendo di fame. Aprii il congelatore, preparai la padella con un filo d’olio, qualche condimento, misi a scongelare la carne e intanto mi versai un bel Chianti nel calice, dimezzando la bottiglia già iniziata sere prima. Avrei dovuto comprare un’altra bottiglia prima di tornare, non sarebbe bastata per due. Mentre la carne scongelava a mollo nell’acqua calda, andai a preparare la tavola; volevo che fosse perfetta, e per l’occasione tirai fuori le candele rosse, la tovaglia buona, il servizio blu e i calici, per il vino, quel poco che avanzava, e per l’acqua, che tanto non avremmo bevuto. In sottofondo un po’ di atmosfera jazz. Mi preoccupai di riporre nel cassetto la foto di Federico, che conservavo sul tavolo all’ingresso di modo che, quando ritornavo a casa fosse la prima cosa che vedessi. Mentre mi apprestavo a completare le portate, suonarono alla porta. Aprii, ciao, mi salutò. Gli diedi un bacio e vidi che in mano aveva una bottiglia di Chianti, proprio quello che serviva, dissi, come lo sapevi? Chiesi io stupito, io so tutto, disse lui abbozzando uno dei suoi sorrisetti furbi.
È quasi pronto, dissi. Ho l’acquolina in bocca, mi rispose lui, sfregandosi le mani, spero la ricetta vada bene, di solito, dissi, si usa un altro tipo di carne, asserii ironico. Lui mi cinse col braccio, mi fece voltare e mi stampò un bacio sulle labbra, Federico sarebbe orgoglioso di te, disse, e io credendo fosse vero arrossii e sorrisi di rimando.
Preparai la pietanza sui piatti, li servii a tavola ed entrambi prendemmo posto. Iniziammo a gustare quel manicaretto preparato col doppio dell’amore, mentre intanto le due fiamme delle candele traballavano nei nostri occhi che si cercavano.
Delizioso disse lui, meglio della volta scorsa, sì, delizioso, confermai, Federico sarebbe soddisfatto. Sì, dissi io, sarebbe proprio soddisfatto, parte di te e parte di me, per sempre dentro di noi.
Ne vuoi un altro pezzo, Carlo? chiesi.
Certamente, per Federico ho sempre un po’ di spazio extra, rispose.
Non mi sentii mai più diverso.
È quasi pronto, dissi. Ho l’acquolina in bocca, mi rispose lui, sfregandosi le mani, spero la ricetta vada bene, di solito, dissi, si usa un altro tipo di carne, asserii ironico. Lui mi cinse col braccio, mi fece voltare e mi stampò un bacio sulle labbra, Federico sarebbe orgoglioso di te, disse, e io credendo fosse vero arrossii e sorrisi di rimando.
Preparai la pietanza sui piatti, li servii a tavola ed entrambi prendemmo posto. Iniziammo a gustare quel manicaretto preparato col doppio dell’amore, mentre intanto le due fiamme delle candele traballavano nei nostri occhi che si cercavano.
Delizioso disse lui, meglio della volta scorsa, sì, delizioso, confermai, Federico sarebbe soddisfatto. Sì, dissi io, sarebbe proprio soddisfatto, parte di te e parte di me, per sempre dentro di noi.
Ne vuoi un altro pezzo, Carlo? chiesi.
Certamente, per Federico ho sempre un po’ di spazio extra, rispose.
Non mi sentii mai più diverso.
Opera scritta il 12/11/2021 - 22:27
Da Matih Bobek
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