Ancora in Viaggio (Katauta P, come polvere) -3a tappa
Viaggiano con me in poltrone di varia foggia le ombre di Nicola e Paola.
Mi sono sempre piaciute le ombre senza il fardello dei dettagli. E le qualità dei dettagli.
Ma preferisco di gran lunga la presenza.
Su Ponte Fabricio ho un giramento di testa… qui si respirano più di 2000 anni di storia. Vi aleggia una leggenda che ruota intorno alla diatriba tra i quattro architetti incaricati per il restauro del ponte: alla fine dei lavori il Papa li condannò alla decapitazione, facendo realizzare un monumento con quattro teste in un unico blocco di marmo.
Per questo è conosciuto oggi come Il ponte quattro capi.
Per te ho scelto il katauta, un'altra forma di breve poesia giapponese simile all'haiku, composta di 17 o 19 sillabe disposte in tre versi di 5-7-7 o 5-7-5. È considerato un mezzo poema dal contenuto non più naturalistico ma emotivo, incompleto perché indirizzato a un affetto da cui ci si aspetta una qualche risposta. Gli scambi di tali poesie costituiscono il sedoka.
Nel mentre leggerò…
farai ritorno-
alma nella cenere
nudo della tunica
Allora Mirella, prenderai posto accanto a me?
L’ispettore del racconto giallo, col curapipe e il suo pigino nella tasca del paltò, appunta sul taccuino: quella che segue è la traduzione di uno dei componimenti dell’autrice italo-olandese Anna Maria Domburg-Sancristoforo
oh primavera
non straziare il cuore
con cotanta dolcezza
Corre l’anno 2022, invito a salire in carrozza per Narducci Mirella.
Dite con me, amici: <Ispettore, quel D. Mastro è innocente. Gli lasci proseguire il viaggio…>.
A cassetta mi sta seduto accanto un album di ricordi con le fotografie di chi è stato con me nel precedente viaggio da sfogliare con quello stupore nel guardare al lavoro el rizzadin, il selciatore… in Puglia lu cazzafricciu. E lo scrivo dietro alla foto sfocata di T. Peluso.
Consapevole della fatica e del sacrificio, egli svolgeva il lavoro seduto per terra col vento e a volte anche con la pioggerella ma soprattutto quando vi era il sole che insieme a lui spaccava le pietre. Spesso metteva in testa un fazzoletto colorato legato a nocche, quasi sempre bagnato o per il sudore o per limitare il calore dei raggi solari. Le giornate per lui passavano tutte uguali, a gambe divaricate e con un martello in mano intento a fare un breccione minuto di ogni singola pietra grossa. Viottoli e strade così tenevano asciutte le ruote dei mezzi leggeri; i ciottoli battuti uno ad uno osservavano i piedi dei passanti con sguardi meravigliati. Un poco di dolcezza non guasta.
Ah, se tornassero i brumisti…
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Splendido!
Racconto molto apprezzato
Grazie