Ancora in Viaggio (poesia Sociàl, Suidi) -8a tappa
Viaggiano con me in poltrone di varia foggia le ombre di Nicola e Paola, quelle di Marco e Anna R., la sagoma nitida di Adriano. Mirella e Anna C. Mi sono sempre piaciute le ombre senza il fardello dei dettagli. E le qualità dei dettagli. Ma preferisco di gran lunga la presenza.
E a proposito di presenze… I folletti della leggenda mai sopita della Val Scura escono a notte fonda, e al chiarore dei raggi lunari accorrono dove le ombre giocano con gli scampoli di luce e i fantasmi danzano nell’aria frizzante. I più anziani giurano d’aver udito con le proprie orecchie i folletti del Gaver prendersi la libertà di burlarsi degli abitanti delle case in cui avevano preso dimora infrangendo stoviglie, spostando mobili, rovesciando suppellettili, rotolando vasellame, gettando oggetti dalla finestra. Dalle cantine qualcuno udì persino il gorgoglìo del vino spillato dalle botti, dai solai uno strascichio di catene, dalle stalle lo scorrere rugginoso dei catenacci e scoppiettii misteriosi dai fienili.
Per te ho scelto la poesia Sociàl a verso libero, di solito usata come metodo di denuncia, testimonianza o protesta; è netta la distinzione in questo genere letterario del secondo dopoguerra spagnolo tra la forma poetica delle parole su un pezzo di carta e l'effetto, il sentire della coscienza.
I membri di tale movimento vedono la poesia come uno strumento per cercare di cambiare il mondo, denunciare la realtà che li circonda e rendere i propri lettori consapevoli dell'ingiustizia sociale.
Nel mentre scriverò…
Il maiale non è il verro
che nelle notti d’estate
ama stringersi con i suoi simili
e dormire naso contro naso.
Il maiale, ancora, non è il suino
giocherellone che ama inseguire
i suoi simili e rotolarsi
lungo i pendii su è giù per il maso.
Il maiale non è il maschio della scrofa
che sviluppa affetto, ama i balocchi
per sé e i suoi simili; e si annoia facilmente.
Animale pulito, anche schizzinoso.
Il maiale è un essere equivoco che non ama,
che giocherella con intendimento recondito
e si rotola sui suoi simili in tenera età.
Nell’inviolabile spazio defeca, disgustoso.
Allora Alfonso, prenderai posto accanto a me?
L’ispettore del racconto giallo, col curapipe e il suo pigino nella tasca del paltò, appunta sul taccuino: Blas de Otero, uno dei massimi esponenti della poesia socìal, scrisse Apriamo insieme
Spazio
libertà tra linee
o tra inferriate
penne
fogli parole
ansimanti
questo è il mio luogo il vento sibila
una pallottola il
giorno
barcolla
un bambino corre
trascinando una lacrima
spazio
puro
intimo luogo tra virgolette oggi
libero
nudo
di ieri vestito di domani
(B. de O.)
Corre l’anno 2022, invito a salire in carrozza per Bordonaro Alfonso.
Dite con me, amici: <Ispettore, quel D. Mastro è innocente. Gli lasci proseguire il viaggio…>.
A cassetta mi sta seduto accanto un album di ricordi con le fotografie di chi è stato con me nel precedente viaggio da sfogliare con quello stupore nel guardare al lavoro el materazzee che si occupava di “rimettere a posto” i materassi usurati, appiattiti e poco morbidi… in Campania ‘o cardalana. E lo scrivo dietro alla foto sfocata di A. Crispino.
Non solo dopo la cardatura della lana e la fase di riempimento della fodera costui trapuntava il materasso con aghi da 30 cm che poi veniva punzonato e affrancato ai bordi, ma una volta l’anno si recava a domicilio per rendere più voluminosa e soffice l’imbottitura. In tempi più antichi nel materasso vi erano foglie secche o crine, cartocci di granturco oppure paglia… rammentate il pagliericcio e lo scaldino? Un poco di dolcezza non guasta.
Ah, se tornassero i brumisti…
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