L'aia davanti la casa contadina è lastricata di grosse pietre piane di arenaria, un acero ormai vecchio ne occupa un angolo. La porta d'entrata è quasi al centro della casa, più avanti, di là c'è la stalla, e da questa parte, due finestre in basso e altre quattro al piano di sopra.
La porta di casa si sta aprendo, Giovanna esce con un piatto in mano, una mela nel piatto e un coltellino accanto. Col boccone ancora da finire apre la voce, urla forte perchè mi sta cercando e sa che sono lontano: Bruno! Bruno Mi chiama ancora. Intanto papà ha finito di fumare e si prepara a lavorare. Oggi ha chiamato anche suo fratello Guido e tre vicini che conosco poco.
Oggi sarà un lavoro impegnativo, c'è bisogno di manodopera.
Nino è uscito e gira per l'aia, guarda in basso, strofina il naso, gioca e rotola per terra. Di solito non si allontana; è tranquillo.
Tre uomini portano una vasca di legno al centro dell'aia e papà, gridando verso la porta di casa ordina! Mettete a scaldare l'acqua! Tanta acqua! Avete capito là dentro?
Tre uomini intanto prendono in mano una specie di fagotto arrotolato su se stesso, lo svolgono e lo stendono sulle pietre dell'aia. Il fagotto, nella parte interna, rivela tante tasche una di seguito l'altra e in ogni tasca un attrezzo diverso.
Ho sentito il richiamo di Giovanna e sto tornando verso casa. Giovanna è mia zia, la più giovane dei cinque fratelli del papà. Sta ancora cercando marito. La scena si movimenta, i tre uomini si alzano in piedi, nelle loro mani sono comparsi arnesi pericolosi, un lungo coltello, una corda preparata a cappio e un ferro appuntito lungo e sottile. Si mandano sguardi fugaci, coi gomiti si danno piccole toccate di complicità, è il momento; con noncuranza i tre uomini si avvicinano a Nino, lo circondano e quando gli sembra il tempo giusto, con uno scatto aprono le braccia, allargano le gambe e insieme gli si gettano addosso per catturarlo.
Nino è agile, scarta sulla destra e prova la fuga urlando di paura. Non ha tempo per chiedersi il motivo dell'assalto, certo non se l'aspettava.
Con un tuffo l'uomo sulla destra prova a bloccargli le gambe. Con una mano è arrivato a stringergliene una e lancia un grido. Aiutatemi che l'ho preso! Nino urla più forte, lo sento urlare, ha il terrore nella voce. Arriva l'uomo sulla sinistra e con la corda gli lega la gamba: adesso non scappa più.
I tre adulti si gettano su Nino e lo abbattono a terra, lo tengono forte sdraiato sul fianco.
Nino si dibatte, ancora non lo vedo, ma sento i suoi urli innaturali che mi accapponano la pelle. Urlo anch'io, sento i brividi che mi drizzano tutti i peli e corro veloce per vedere. Basta! Cos'è questo terrore! Smettetela! Lasciate stare il mio amico Nino! Quando sono a cinquanta metri dall'aia salgo sul terrapieno che la domina e vedo. Nino si batte come un leone, è forte, ma niente può contro la forza di tre adulti.
Uno di loro ha impugnato il ferro appuntito lungo e sottile e con un gesto assassino glielo vibra nel petto. Nino è ferito, ma con uno scarto inaspettato si libera dalla presa e scappa. Corre più forte che può lasciando uscire dalla bocca quelle grida che nessuno gli ha insegnato, che non fanno parte del linguaggio di tutti i giorni, che sconvolgono il cervello di chi le ascolta, che escono naturali dettate dal terrore con aggiunto il sapore della morte che sta per arrivare.
Nino mi ha visto e sta correndo verso di me, i tre adulti lo inseguono, papà urla: prendetelo! Prendetelo! La zia si è chiusa in casa tappandosi le orecchie lasciando andare in terra il piatto che si è rotto. Nino sta correndo verso di me, leggo nei suoi occhi lo stesso terrore che ascolto dalle sue grida. I tre adulti l'hanno quasi ripreso e Nino sta correndo da me perchè lo salvi. I suoi occhi fissi nei miei implorano aiuto.
I suoi urli sono ferite che mi lacerano l'anima. Che posso fare per salvarlo?
I tre adulti, anche loro, gridano forte. Grida blasfeme, grida di tattica per raggiungere lo scopo della cattura, adrenalina in bocca, mani graffiate, sudore e sudore puzzolente.
Tutti corrono verso di me e anch'io grido di terrore.
Chi mi vuole vivo e chi mi vuole morto? Nino vorrebbe buttarsi tra le mie braccia e lì sentirsi sicuro come quando giocavamo insieme. Mi alzo per andargli incontro, poi indietreggio, ho paura degli adulti. Sono un codardo, scappo indietro e guardo i tre adulti che gli arrivano addosso.
Lo abbattono di nuovo, gli legano una gamba e con la corda lo trascinano fino dov'era prima. Un adulto sguaina un lungo coltello, un altro con forza gli tira indietro la testa mettendo la gola in mostra. Un fendente centra la carotide e uno squarcio pieno di sangue sgorga e bagna il terreno, le grida di Nino si perdono nel gorgogliare del sangue, ma non si spengono. Per lunghi secondi Nino continua a cacciare urla sempre più flebili nel ribollire del sangue. Ora si dibatte con tremiti alle gambe e gesti incontrollati del corpo, tutto. Gli occhi sono velati. Questi lunghi secondi non passano mai. Adesso il mio corpo trema insieme al suo.
Quanto ci vuole per morire?
Nino è morto. Adesso lo hanno trascinato e messo nella vasca di legno.
Sull'aia è tornato il silenzio, la zia è uscita di nuovo e mi sta cercando, apre la voce e grida: Bruno! Bruno! Mi chiama ancora. Papà chiede l'acqua calda. Acqua, ancora acqua calda, ne serve di più. Lo zio Guido è venuto a prendermi, mi tiene per mano, mi guarda negli occhi e non dice niente.
La porta di casa si sta aprendo, Giovanna esce con un piatto in mano, una mela nel piatto e un coltellino accanto. Col boccone ancora da finire apre la voce, urla forte perchè mi sta cercando e sa che sono lontano: Bruno! Bruno Mi chiama ancora. Intanto papà ha finito di fumare e si prepara a lavorare. Oggi ha chiamato anche suo fratello Guido e tre vicini che conosco poco.
Oggi sarà un lavoro impegnativo, c'è bisogno di manodopera.
Nino è uscito e gira per l'aia, guarda in basso, strofina il naso, gioca e rotola per terra. Di solito non si allontana; è tranquillo.
Tre uomini portano una vasca di legno al centro dell'aia e papà, gridando verso la porta di casa ordina! Mettete a scaldare l'acqua! Tanta acqua! Avete capito là dentro?
Tre uomini intanto prendono in mano una specie di fagotto arrotolato su se stesso, lo svolgono e lo stendono sulle pietre dell'aia. Il fagotto, nella parte interna, rivela tante tasche una di seguito l'altra e in ogni tasca un attrezzo diverso.
Ho sentito il richiamo di Giovanna e sto tornando verso casa. Giovanna è mia zia, la più giovane dei cinque fratelli del papà. Sta ancora cercando marito. La scena si movimenta, i tre uomini si alzano in piedi, nelle loro mani sono comparsi arnesi pericolosi, un lungo coltello, una corda preparata a cappio e un ferro appuntito lungo e sottile. Si mandano sguardi fugaci, coi gomiti si danno piccole toccate di complicità, è il momento; con noncuranza i tre uomini si avvicinano a Nino, lo circondano e quando gli sembra il tempo giusto, con uno scatto aprono le braccia, allargano le gambe e insieme gli si gettano addosso per catturarlo.
Nino è agile, scarta sulla destra e prova la fuga urlando di paura. Non ha tempo per chiedersi il motivo dell'assalto, certo non se l'aspettava.
Con un tuffo l'uomo sulla destra prova a bloccargli le gambe. Con una mano è arrivato a stringergliene una e lancia un grido. Aiutatemi che l'ho preso! Nino urla più forte, lo sento urlare, ha il terrore nella voce. Arriva l'uomo sulla sinistra e con la corda gli lega la gamba: adesso non scappa più.
I tre adulti si gettano su Nino e lo abbattono a terra, lo tengono forte sdraiato sul fianco.
Nino si dibatte, ancora non lo vedo, ma sento i suoi urli innaturali che mi accapponano la pelle. Urlo anch'io, sento i brividi che mi drizzano tutti i peli e corro veloce per vedere. Basta! Cos'è questo terrore! Smettetela! Lasciate stare il mio amico Nino! Quando sono a cinquanta metri dall'aia salgo sul terrapieno che la domina e vedo. Nino si batte come un leone, è forte, ma niente può contro la forza di tre adulti.
Uno di loro ha impugnato il ferro appuntito lungo e sottile e con un gesto assassino glielo vibra nel petto. Nino è ferito, ma con uno scarto inaspettato si libera dalla presa e scappa. Corre più forte che può lasciando uscire dalla bocca quelle grida che nessuno gli ha insegnato, che non fanno parte del linguaggio di tutti i giorni, che sconvolgono il cervello di chi le ascolta, che escono naturali dettate dal terrore con aggiunto il sapore della morte che sta per arrivare.
Nino mi ha visto e sta correndo verso di me, i tre adulti lo inseguono, papà urla: prendetelo! Prendetelo! La zia si è chiusa in casa tappandosi le orecchie lasciando andare in terra il piatto che si è rotto. Nino sta correndo verso di me, leggo nei suoi occhi lo stesso terrore che ascolto dalle sue grida. I tre adulti l'hanno quasi ripreso e Nino sta correndo da me perchè lo salvi. I suoi occhi fissi nei miei implorano aiuto.
I suoi urli sono ferite che mi lacerano l'anima. Che posso fare per salvarlo?
I tre adulti, anche loro, gridano forte. Grida blasfeme, grida di tattica per raggiungere lo scopo della cattura, adrenalina in bocca, mani graffiate, sudore e sudore puzzolente.
Tutti corrono verso di me e anch'io grido di terrore.
Chi mi vuole vivo e chi mi vuole morto? Nino vorrebbe buttarsi tra le mie braccia e lì sentirsi sicuro come quando giocavamo insieme. Mi alzo per andargli incontro, poi indietreggio, ho paura degli adulti. Sono un codardo, scappo indietro e guardo i tre adulti che gli arrivano addosso.
Lo abbattono di nuovo, gli legano una gamba e con la corda lo trascinano fino dov'era prima. Un adulto sguaina un lungo coltello, un altro con forza gli tira indietro la testa mettendo la gola in mostra. Un fendente centra la carotide e uno squarcio pieno di sangue sgorga e bagna il terreno, le grida di Nino si perdono nel gorgogliare del sangue, ma non si spengono. Per lunghi secondi Nino continua a cacciare urla sempre più flebili nel ribollire del sangue. Ora si dibatte con tremiti alle gambe e gesti incontrollati del corpo, tutto. Gli occhi sono velati. Questi lunghi secondi non passano mai. Adesso il mio corpo trema insieme al suo.
Quanto ci vuole per morire?
Nino è morto. Adesso lo hanno trascinato e messo nella vasca di legno.
Sull'aia è tornato il silenzio, la zia è uscita di nuovo e mi sta cercando, apre la voce e grida: Bruno! Bruno! Mi chiama ancora. Papà chiede l'acqua calda. Acqua, ancora acqua calda, ne serve di più. Lo zio Guido è venuto a prendermi, mi tiene per mano, mi guarda negli occhi e non dice niente.
Opera scritta il 21/08/2022 - 09:52
Da Rochi Pinto
Letta n.360 volte.
Voto: | su 1 votanti |
Commenti
Bello, avvincente e molto ben scritto il racconto, peccato che si tratti di un racconto dell'uccisione di un povero maialino!...
Io sono vegetariana e quindi mi dispiace doppiamente per il povero animaletto!!
Io sono vegetariana e quindi mi dispiace doppiamente per il povero animaletto!!
Maria Luisa Bandiera 22/08/2022 - 08:32
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Non mangio più prosciutto da tempo, ma salame si, ed ogni volta penso a Nino, e giuro, mi sento io l'animale!!
Anna Cenni 21/08/2022 - 14:54
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