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UNA STORIA NUOVA

Alberto era alla scrivania. Il cursore lampeggiava sul foglio bianco del programma di scrittura. Le sue dita digitavano furiosamente sulla tastiera. Ma il foglio era ancora bianco. Ogni frase scritta, veniva impietosamente scartata e cancellata, con la stessa rapidità con cui era stata scritta. Il risultato? Era fermo al punto di partenza.
Aveva aperto la finestra, la giornata era gelida, ma aveva pensato che far entrare il vento freddo, lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee e a concentrarsi. In passato aveva funzionato. Quel giorno no. L’idea l’aveva in mente, ma per quanti sforzi facesse non riusciva a metterla in pratica. Gli risultava troppo artificiosa, troppo forzata, piatta e per nulla adatta. Dov’erano finiti il suo talento e la sua esperienza? Si sforzò ancora di mettere nero su bianco, le poche cose che gli sembravano avere senso, ma le parole gli sfuggivano da tutte le parti, e di discorsi sensati non ne tirava fuori uno. Era furioso con se stesso. Non era mai stato così bloccato in vita sua, e non sapeva come sbloccarsi.
Intanto dalla finestra, giungevano rumori, mischiati alla voce di qualcuno che cantava, vecchie canzoni, e al profumo di dolci. Ma era lunedì mattina. Chi mai poteva cantare il lunedì mattina? E da dove veniva il profumo di dolci? Sotto il palazzo c’era una pasticceria, ma il lunedì era chiusa, e il resto del condominio era quasi del tutto deserto, poiché la gente lavorava, il lunedì. Si era trasferito in quel palazzo da pochi giorni, e anche se era pieno di scatoloni, si era messo a scrivere, perché pensava che quello avrebbe potuto essere il giorno giusto, calmo e tranquillo, per poter scrivere. Più per curiosità che per altro, si affacciò alla finestra. Il suo studio dava sul cortile interno del palazzo, per cui quello che vedeva erano solo le finestre degli altri appartamenti. Non ci mise molto ad individuare l’unica altra finestra aperta, del piano. Al suo interno poteva scorgere una figura femminile, che cucinava, canticchiando qualcosa. Il vento gli portava i rumori e i profumi, ma lui non riusciva a vedere il volto di quella figura, ne riusciva ad indovinarne l’età. Per alcuni minuti, se ne stette inebetito a guardare la scena. Poi preso da un impulso irrefrenabile, si staccò dalla finestra, e corse in cucina. Afferrò il primo contenitore che gli capitò a tiro ed uscì sul pianerottolo. Cosa stesse facendo, preferì non chiederselo.


Giulia, era nel bel mezzo di una nuova prova quando bussarono alla porta. Nessuno, di quelli che conosceva, avrebbe mai bussato alla sua porta il lunedì mattina, a meno che non fosse stato qualcosa di urgente. Prese uno straccio al volo, si strofino alla bell'e meglio le mani e corse alla porta.


Alberto era sull’uscio di casa di uno dei suoi vicini. E si stava dando dello stupido, e poi chissà aveva anche sbagliato appartamento. La porta si aprì e lui si trovò di fronte una donna, giovane e carina, con indosso un grembiule da cucina, e completamente ricoperta di farina, anche una guancia, chissà si era sfiorata il viso sovrappensiero?
«Posso fare qualcosa per lei?» il tono era gentile ma tradiva una certa impazienza.
«Sono il nuovo vicino…»
«Questo lo avevo intuito.» lei lanciò un’occhiata indietro, alle sue spalle. Perché?
«Ecco…sono Alberto, piacere.» Lei un po’ stupita gli tese la mano.
«Piacere..Giulia… mi scusi ma stavo… sperimentando…»
«Sperimentando?» Era incuriosito.
«Be’ è lunedì…»
«E lei il lunedì… sperimenta?»
«Be’ ecco, ha presente la pasticceria qui sotto?»
«Sì, certo, ma cosa c’entra?»
«È mia. Il lunedì, sono libera, per me è un giorno per sfogarmi, e giocare un po’ con gli ingredienti » Lei si lanciò un’altra occhiata alle spalle. Lui non riusciva a credere di avere incontrato una pasticcera.
«Lei è una pasticcera?»
«Sì. Ma mi scusi, lei perché è qui?»
«Stavo cercando qualcuno, che potesse prestarmi un po’ di caffè…e dalla finestra ho visto che era in casa.» disse, indicando il contenitore, e sperò che funzionasse.
«Capisco. Vedo se ne ho un po’. Non ne bevo molto.»
«Senta, riguardo il suo lavoro…»
«Non faccio dolci a domicilio, e il lunedì non lavoro.»
«No, no. Mi ha frainteso…sono uno scrittore, e sto scrivendo un nuovo romanzo.»
«Cosa c’entra il mio lavoro con il suo?»
«Il mio nuovo romanzo, è ambientato in una pasticceria, e se lei potesse vorrei porle qualche domanda. Quando ha tempo, certo.»
«Qualche domanda…» Lei sembrava pensierosa.
«Mi sarebbe davvero di enorme aiuto. Sono un po’ bloccato.»
«Posso fare di meglio.»
«Di meglio!?!» Lei lo trascinò in casa. e lui si ritrovò dentro un grazioso appartamento, simile al suo, senza quasi rendersene conto.
«Venga, da questa parte.» Disse lei. Nella voce, una nota d’incertezza. O forse lo aveva immaginato? La seguì ed entrarono in una cucina, grande e piena di aggeggi a cui lui non avrebbe saputo dare un nome.
«Ha detto che avrebbe potuto fare di meglio?»
«Sì. E forse evito di bruciare casa. ho qualcosa nel forno.»
« È per questo che era preoccupata?»
«Sì. L’ha notato.»
«Cosa aveva in mente?» Lei sfornò una teglia di biscotti. Poi prese un grembiule, e glielo lanciò.
«Lo indossi.»
«Come scusi?»
«Lo leghi intorno alla vita.»
«So come si mette un grembiule, ma perché dovrei farlo?» era perplesso, e cominciava a pensare di aver commesso un errore.
«Oggi giocherà con me.»
«Non era meglio la mia idea? Non so nulla di dolci!» Lei ridacchiò. Era stupenda quando sorrideva.
«Proprio per questo, la sua idea è pessima!»
«Come scusi?»
«Qualsiasi risposta le potrei dare, la potrebbe trovare in un libro o in un sito di cucina. A lei serva la pratica.»
«Dice?»
«Sì. E ora, la vede quella ciotola? La prenda, ci romba dentro due uova. Aggiunga lo zucchero e poi la farina…»
«Così?»
Lei ridacchiò.
«Devo sembrare ridicolo.»
«No, no. Se la cava molto bene.» Negò lei con veemenza, ma le sue parole furono smentite da una nuova risata.
«E va bene, signora pasticcera, ma è stata una sua idea.»
«Mi faccia capire, quando è stata l’ultima volta che ha cucinato qualcosa?»
«Il ramen istantaneo vale come cucinare?»
«No…» lei ancora ridacchiava.
«Mi faccia pensare, mai?»
«Mai? E come pensava di scrivere un libro, ambientato in una pasticceria?»
«Sono uno scrittore…Ho molta fantasia…»
«Va bene…signor scrittore, vediamo se oltre che con le parole se la cava anche con i fatti…»
Era strano stare lì. Gomito a gomito con lei, che cercava di spiegarli, come evitare che i gusci delle uova finissero nell’impasto, o come pesare i vari ingredienti. Si sentiva come non si sentiva da anni. Era divertente. Anche se probabilmente non lo avrebbe mai ammesso. E lei era…fantastica lo intrigava come nessuna aveva mai fatto. Era spontanea, allegra, sicura, e dolce, ci avrebbe scommesso che somigliava ai dolci che preparava. Ogni tanto si sfioravano, così per sbaglio. Tocchi lievissimi e del tutto involontari, ma lui aveva i brividi, ed era sicuro che anche lei sentisse la corrente che c’era tra loro. Il forno, emanava calore, e anche le varie pentole, con creme e glasse che erano sui fornelli, ma lui era sicuro che a scaldare l’aria fosse qualcos’altro. Si sentiva bene, ed era felice. I lunghi capelli di lei erano legati in una coda, ma qualche ciocca, era sfuggita e le incorniciava il volto in un modo incantevole.
«Bene, prepariamo un’altra teglia, le va?» Si era girata verso di lui. Erano vicinissimi.
«Sì certo…» Nessuno dei due però si muoveva. Continuavano a fissarsi negli occhi. Lui le si avvicinò, seguendo un impulso simile a quello che poche ore prima lo aveva portato lì.
I loro respiri si mischiarono. Lui chinò la testa e le sfiorò le labbra con un bacio. L’atmosfera si caricò d’elettricità. E il bacio, da prima leggero si fece più intenso, più passionale. I loro corpi, si avvicinarono, le mani, si sfiorarono, fino a quando non si ritrovarono abbracciati. Le loro bocche si erano scostate solo un secondo, il tempo di riprendere fiato. Ma era impossibile fermarsi veramente. Era tutto così spontaneo, così vero che non poteva non essere giusto.


Alberto era alla scrivania, nel suo appartamento. Le dita scorrevano frenetiche sulla tastiera, ma questa volta, non c’erano cancellature o ripensamenti, le parole gli venivano facili, come una volta, forse ancora di più. Ormai era calata la sera.
La luce da Giulia era ancora accesa, proprio come da lui. La stava pensando. Sperò che anche lei stesse facendo la stessa cosa. Prima di andare a letto, l’avrebbe chiamata. Non vedeva l’ora di rivederla l’indomani mattina. Non aveva una spiegazione razionale per quello che era accaduto tra loro, ma neanche la voleva. Quello che voleva, era stare con lei. Non avrebbe mai rinunciato. Non sapeva a cosa gli avrebbe portati quella storia, ma sapeva che nelle ore trascorse insieme, era nato un legame, e avrebbe fatto di tutto per farlo crescere e durare nel tempo. Lei aveva portato una nuova luce nella sua vita, e sapeva che quello che sarebbe stato dopo, non poteva che essere un rapporto speciale ed importante e, sperava, duraturo.




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Opera scritta il 22/01/2023 - 19:48
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.406 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Bello, dolce, romantico, quasi fiabesco.
Ottima la scrittura, scorrevolissima!

Marina Assanti 23/01/2023 - 12:37

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Semplicemente superlativo questo racconto che mi ha tenuta con gli occhi incollati allo scritto fino all'ultima riga!
La scorrevolezza che permette una lettura senza intoppi, fa onore all'autrice.
Grazie d'averlo condiviso, l'ho trovato veramente interessante!

Maria Luisa Bandiera 23/01/2023 - 11:46

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Bel racconto. Mi ricordo che scrivevi anche belle poesie. Credo d’averti commentato qualche volta.
Comunque scrivi molto bene.
Un saluto

Loris Marcato 22/01/2023 - 21:25

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