Qui dentro c'è un silenzio scandito da una luce sottile che filtra stancamente dalla finestra, si insinua tra le tende e le accarezza dolcemente vibrando in direzione dello specchio.
Qui dentro ci sono io, soltanto io, eppure sento un vuoto talmente pieno che ho le orecchie compresse come quando ci si tuffa in piscina per toccare il fondo con una mano.
È un vuoto di cose che conosco, che rispetto, è il vuoto che si marginalizza in una camera da letto così viva e così antica; antica come tutte le camere da letto, perché quando dormiamo il buio si accende di spazi lontani e sconosciuti e quando ci svegliamo quello non è solo un altro giorno che si affaccia al balcone, quella è una rinascita.
Me ne sto sdraiato come un Cesare a metà letto, chino su un fianco, lo sguardo in un punto della stanza, gli occhi languidi per la lunga meditazione e il riflesso delle piante in giardino; quest'anno la vite canadese ha il colore dell'assenzio e le sue bacche le stanno appese come brillanti ai lobi di vecchie matrone della Cappadocia.
Ho letto così tante volte gli insegnamenti dei grandi maestri dell'Oriente cristiano che quando batto le palpebre per più di un centesimo di secondo, mi appaiono alcuni caratteri in cirillico su uno sfondo di pergamena color deserto.
Poi torno con lo sguardo al fascio di luce che diventa via via più rosso perché il giorno sta volgendo a quella quiete di cui parlano i poeti.
Quel punto della giornata nel quale gli affanni si anestetizzano e il vento si fa più fresco e l'ossigeno degli alberi è come lo sguardo di una madre per il figlio al mattino: rigenerante.
E allora me ne resto qui ancora per un po', in silenzio.
Un silenzio assordante, il silenzio delle cicale e dei grilli come dice mia nonna, una scala di bemolle e semitoni in crescendo, muta ai miei timpani e reboante al mio esserci qui e adesso.
Prima di lasciare la stanza e di uscire in strada nel grigiore allergenico della città in primavera, scrivo due righe in prosa nella mia mente e le parole me le faccio dettare da una sensazione che non so descrivere senza musica.
I Perfect Circle illuminano il mio cammino, distratto e fugace come un solo istante in una giornata di lancette e cronometri.
Qui dentro ci sono io, soltanto io, eppure sento un vuoto talmente pieno che ho le orecchie compresse come quando ci si tuffa in piscina per toccare il fondo con una mano.
È un vuoto di cose che conosco, che rispetto, è il vuoto che si marginalizza in una camera da letto così viva e così antica; antica come tutte le camere da letto, perché quando dormiamo il buio si accende di spazi lontani e sconosciuti e quando ci svegliamo quello non è solo un altro giorno che si affaccia al balcone, quella è una rinascita.
Me ne sto sdraiato come un Cesare a metà letto, chino su un fianco, lo sguardo in un punto della stanza, gli occhi languidi per la lunga meditazione e il riflesso delle piante in giardino; quest'anno la vite canadese ha il colore dell'assenzio e le sue bacche le stanno appese come brillanti ai lobi di vecchie matrone della Cappadocia.
Ho letto così tante volte gli insegnamenti dei grandi maestri dell'Oriente cristiano che quando batto le palpebre per più di un centesimo di secondo, mi appaiono alcuni caratteri in cirillico su uno sfondo di pergamena color deserto.
Poi torno con lo sguardo al fascio di luce che diventa via via più rosso perché il giorno sta volgendo a quella quiete di cui parlano i poeti.
Quel punto della giornata nel quale gli affanni si anestetizzano e il vento si fa più fresco e l'ossigeno degli alberi è come lo sguardo di una madre per il figlio al mattino: rigenerante.
E allora me ne resto qui ancora per un po', in silenzio.
Un silenzio assordante, il silenzio delle cicale e dei grilli come dice mia nonna, una scala di bemolle e semitoni in crescendo, muta ai miei timpani e reboante al mio esserci qui e adesso.
Prima di lasciare la stanza e di uscire in strada nel grigiore allergenico della città in primavera, scrivo due righe in prosa nella mia mente e le parole me le faccio dettare da una sensazione che non so descrivere senza musica.
I Perfect Circle illuminano il mio cammino, distratto e fugace come un solo istante in una giornata di lancette e cronometri.
Opera scritta il 28/04/2023 - 10:41
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