spaventando pagine e lenzuola,
fermando orologi e rumori,
frugando tra pensieri e appunti del giorno.
Entra nell’inventario delle illusioni
maturate tra il bicchiere e l’odore del treno,
quelle che si accendono al rintocco delle ossa
e trovano rifugio negli occhi,
dove si contano goccia a goccia
tra ombre di fuoco e conati di rabbia.
Entra nella conta dei compromessi,
stampati tra le rughe del viso e tra seni di donna
sui quali semplicemente si piange, stanchi degli Ulissi,
che ancora urlano, chiamano e si perdono
tra altre e lontane colonne.
Entra a spulciare il filo delle speranze
quelle nascoste in orizzonti rimasti,
quelle sotterrate vicino al bordo del pozzo
e quelle dimenticate in buchi di tasche
o nell’angolo usato,
dove cadono sempre i silenzi.
Rimane immobile la morte, tra porta e finestra
e mi guarda negli occhi
senza cattive intenzioni,
solo paziente espressione d’attesa.
E allora riprende la fretta del sangue,
che corre a riannodare fili e orologi
tornati a contare il tempo
di un mondo addormentato,
che da solo mi trova
a dar fiato alla tiepida brace
ritrovata nelle mani colme di cenere.
Entra la morte nella stanza,
una volta al giorno almeno.
Entra, nemmeno in punta di piedi
a ricordarmi ancora, che è viva.
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entra sicuramente ogni giorno in qualche
porta anche non richiesta,