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Ab iniquitate mea

Di nuove solitudini dimora
quest’altra afosa notte esausta giace
- prive di senso le sue forme e chiome
di fronte al deprecabile esercizio
di esistere disgiunta dall’amare
cede le redini ad una atarassia
plebea, che non convince e svuota.


Traccio sequenze, al margine del mondo
di lontananze assurde dal reale
e nessuno che s’accorga o mi dia fede
e un’ansia corrosiva decompone
tutte le mie instabili alleanze
evaporando i cicli e le sembianze.


Non credo di sapere
mi pare di non essere.


E l’ignoranza consuma il tempo, atroce.



G_Vai©2024



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Poesia scritta il 28/07/2024 - 16:13
Da GABRIELLA VAI
Letta n.448 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Le mie colpe io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

Mirko D. Mastro 28/07/2024 - 16:27

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