In riva allo stagno
butto una rete
dentro le ombre,
scritte su foglie
a pelo dell'acqua,
pesco le pietre
che son pugni
dentro il mio ventre,
le coloro di
bianco dal
rosso che
non voglio vedere
dentro il mio
grido scomposto.
Raro sentire fischiare,
eppure io
fischio per
spostare i pensieri
e non farli tremare
perché l'acqua
è nervosa e si
sbuccia come
un'arancia.
Sento sapore
di brina se chiudo
la bocca e
il fischio si gela.
Lo sguardo mi parla,
è riflesso solo
da finta allegria.
Non è così
che vorrei si fosse
e da come si era,
chissà se si torna.
butto una rete
dentro le ombre,
scritte su foglie
a pelo dell'acqua,
pesco le pietre
che son pugni
dentro il mio ventre,
le coloro di
bianco dal
rosso che
non voglio vedere
dentro il mio
grido scomposto.
Raro sentire fischiare,
eppure io
fischio per
spostare i pensieri
e non farli tremare
perché l'acqua
è nervosa e si
sbuccia come
un'arancia.
Sento sapore
di brina se chiudo
la bocca e
il fischio si gela.
Lo sguardo mi parla,
è riflesso solo
da finta allegria.
Non è così
che vorrei si fosse
e da come si era,
chissà se si torna.
Poesia scritta il 16/11/2024 - 17:39
Da Anna Cenni
Letta n.33 volte.
Voto: | su 1 votanti |
Commenti
Si avverte una struggente nostalgia di un trascorso quando l'acqua non era "nervosa" e le pietre non grondavano "sangue". Poe di alta fattura, ciao
Francesco Scolaro 16/11/2024 - 18:10
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