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LA CHIMICA INCENDIARIA (parte 2 di 2)

Il ragazzo, in un secondo momento, nel servire Pete si scusò confessandogli che alcuni ragazzi erano sulle sue tracce, e che forse era meglio non farsi più vedere qui. Anche quel cameriere sapeva già degli strani – seppur innocenti – movimenti del cliente, e come tutti del settore, restava neutrale, senza offendere, senza minacciare, senza essere troppo da una parte, o dall'altra. Ma Pete aveva una grazia innaturale e non data dall'estetica, bensì dai modi di fare, dal carattere elegante, raffinato, degno di un nobile – o di un uomo d'altri tempi. Era gentile, educato – lasciava sempre mancia come lo faceva suo nonno, offrendo a chi più poteva. Per questo il cameriere oltrepassò una certa linea di – demarcazione – andandogli incontro, aiutandolo e informandolo. Perché Quel ragazzo che stava seguendo sapeva già di Pete, così come tutti i suoi Amici con la quale stava condividendo la diretta degli europei, e Altri che erano lì dentro il locale dove Pete stava consumando il suo solito pranzo, cioè la cena, e il giovane cameriere da una parte cercò di soddisfare gli Amici di quel 98, chiamandolo dentro a vedere la partita e regolarne i conti, dall'altra invece offrì la possibilità a Pete di andarsene al più presto perché poi a fine partita sarebbero usciti e avrebbero raggiunto Il ragazzo portandosi con sé Pete – come ostaggio. Sembrava di essere all'inizio de “I Ragazzi Venuti dal Brasile” quando il reduce nazista in Sud-America fermo a pranzare venne disturbato e informato dell'arrivo di Mengele, richiamandolo quindi all'ordine. Chiese al cameriere quanto sarebbe mancato alla fine della partita, e se stava vincendo. Mancava una decina di minuti soltanto. Così finì in un sorso la birra, lasciandogli la mancia e sparendo per sempre da lì.
Da un po' di tempo, se non da anni, Pete vedeva passare, quando era sua abitudine consumare caffè e dolcezze presso la pasticceria del proprio paese natale, un ragazzo del 2000 che sembrava un mix di attori che andavano da MacGyver al bambino di “Mamma Ho Perso l'Aereo”, a Lucas Till per poi passare dall'eterno River Phoenix. Certo un ragazzo che non era di queste zone, benché pareva ci fosse pure nato. “Tu valla a capire, l'ereditarietà!” si disse fra sé Pete mentre sorseggiava il suo macchiato senza zucchero, osservando quella grazia innaturale. Si faceva circa i 2km di pista ciclabile per poi sparire nei campi che portavano alla cava, contornata da alberi. Capitava spesso infatti di incrociarlo mentre ci passeggiava, fra i boschetti che portavano a delle distese di terra scavate, con enormi dune che pareva essere nella saga di Star Wars, o più semplicemente su Marte. Gli sbucava dal nulla – dritto sulla sua strada, mentre Pete si perdeva nell'Universo, assorto nella Natura. Si sa che la gente esiste da sempre, ma basta che si incrocia una persona la prima volta – come fosse appena arrivata da un altro mondo – e questa poi la si rivede sempre e ovunque. Strani questi meccanismi più che della mente – delle Coincidenze – e sembrava che Pete, di questo, ne fosse stato sempre, in qualche modo... illuminato. Ogni primavera/estate lo vedeva, per poi sparire nella mezza stagione e riprendere col nuovo solstizio, e così a ripetersi di anno in anno. Non abitava lontano da casa sua, anzi erano piuttosto vicini. Capitava spesso di vederlo rincasare a piedi dal proprio giardino, a corsa finita, senza quelle magliette sintetiche aderenti addosso, che teneva sul collo come asciugamano. Con quel fisico, attirava tutti – Pete compreso! Oltre la corsa, lo notava spesso allenarsi o allenare ai giardinetti pubblici, con quelle attrezzature stile “gabbie da uccelli” poste all'interno e a disposizione per tutti, per chiunque avesse voglia di fare esercizio all'aria aperta. A Pete invece piaceva la bici e, come diceva il suo vecchio compagno di vita Francesco, il giorno che non l'avesse più usata sarebbe... morto. Ma dietro tanta bellezza e soprattutto tanto fisico, ci stava anche un cuore. Quelli della nuova generazione, che Pete considerava banalmente – scopabili – e nulla più, gli parevano tutti senza un briciolo di sentimento, attaccati più che mai al “Dio denaro”, taccagni e venali, perfetti sempre più nell'estetica perchè come gli ricordavano i reduci di Battiato, le nuove generazioni sarebbero incorse all'androginia, come piano evolutivo. Pete al contrario apparteneva oltremodo a quella vecchia, nonostante i gusti particolari o come si scusava – raffinati. Come molti – angeli nascosti – senza sesso, senza età, era incastrato fra il vecchio e il nuovo, nato a cavallo di un'era e un'altra totalmente differente, nuova, futura, nonostante le idee chiare e la presa di Coscienza. Per questo soffrì tanto – perchè mal inserito. Lo rivide nell'inverno 2021 in una fredda sera di novembre, al tramonto delle 17. Andando a fumare presso il parcheggio abbandonato del campo sportivo del paese, posto in mezzo ai campi, vide avvicinarsi un labrador adulto, vedendo poi accorrere il proprio padrone per rimettergli il guinzaglio – era lui! “Mi scusi, signore-” (“Signore a me?” si domandò) “-spero che il mio cane non le abbia dato fastidio – sa, è un po' vivace!” si scusò il giovanotto. “Tu?” domandò Pete, allibito della sua presenza. “Sì? Ci conosciamo?” gli chiese, vedendolo sorpreso. “Mmh, no no, scusa – voi giovani siete tutti uguali...” cercò di giustificarsi Pete, nel panico emozionale. “Mi scusi di nuovo, ora lo porto via.” fece per girarsi quando Pete lo fermò: “Ehi, ehi – ma tu sei quel ragazzo che corre sempre verso i campi e la cava, che fa allenamento e allena i ragazzini nei giardinetti e che ritornava sempre a casa biotto, con la maglietta sul collo?” - “Esattamente. Sa molte cose di me, vedo, signore!” esclamò il ragazzo, con un sorriso alla Sinatra. “A dir la verità so poco e nulla. Ma sono come un elefante, non dimentico mai – specialmente i volti. Spero tu non ti sia offeso.” precisò Pete, scusandosi certamente di lavorare troppo di memoria. “Ma si figuri – signore – fa Piacere essere ricordati!” (-sarebbe stato il primo...). Fece ancora per ritornare sui suoi passi quando Pete lo richiamò: “Sai, io sono un tuo vicino di casa, per questo ti vedevo sempre rincasare, così come quando giravo in bici – ti vedevo correre, o ai giardinetti a fare palestra.” gli confessò. “Ok, ho capito...” fu comprensivo, senza cambiare tono, o umore. “Bene dai, ci tenevo a dirtelo – aspettavo solo il momento.” - “Non c'è male. Mi ha fatto piacere.” - “Anche a me, senti immagino tu non abbia ancora la patente giusto? -vedendoti sempre in giro a piedi. Che ne diresti se una domenica pomeriggio andassimo in qualche parcheggio, o nella zona industriale che ti insegno a guidare? Sai lì nel week-end c'è sempre un traffico di macchine con la P di – pirla – dietro che provano. Così se ti fa piacere.” propose Pete – per non perderselo. “Ok, si può fare. Ci sta!” rispose meravigliato il ragazzo, sempre sorridente. Tante promesse ma nessun scambio di cellulare, così che il tutto rimase... sospeso. Nel contempo Pete conobbe un massaggiatore professionista classe 1994. A dir la verità non lo conosceva affatto, solo che avendo problemi di postura sull'appoggio podalico, era finito in un centro di kinesiologia a C.P. – anche se avrebbe preferito “-di gravità”, come la canzone, e fu seguito da questo ragazzo massaggiatore che lo aiutò così tanto che un giorno, confessandogli della sua passione innata per i calciatori (-ma l'odio per il calcio!), con le loro – gambe aperte – cioè le ginocchia vare, gli fece mettere il camice improvvisandolo suo assistente, permettendogli così di praticare un massaggio ad un suo – cliente – sportivo della squadra del L., un classe 1995. Fu una cosa completamente inaspettata, improvvisa, e parzialmente un regalo, nonché un – riscatto – a tutti Quei “precedenti” che Pete commise anni prima con ragazzi più giovani. Certo niente di male – nessun reato, nessuna colpa. La passione per i gusti alternativi, la frequentazione di certe grazie, ragazzi d'alto rango, dannati, per non parlare delle innumerevoli opportunità, ben retribuite per la soddisfazione dei propri ormoni, l'esuberanza, gli eccessi, portarono Pete a pagar caro – e non solo economicamente – il prezzo della propria Diversità. Eppure ora era lì – anche se non doveva essere lì, senza proposte indecenti, ubriachezze, richieste imbarazzanti. Stava da parte al suo massaggiatore seduti davanti ad un giovane calciatore sdraiato sul lettino, pronto ad affiancarlo mentre gli spiegava la tecnica per il massaggio ai piedi. Finito quell'innocente piacere di 1 ora, andò per cambiarsi, ma probabilmente avendo capito male finì in un'altra stanza dove un altro sportivo stava aspettando sul lettino per il trattamento – era il suo vicino atleta. Così il piacere venne raddoppiato.
Arrivarono così in quel pub sul canale uno ad uno, di week-end in week-end, per congiungersi tutti e 7 come se inseguissero la strada – una strada spianata dal destino: il 2002, Paul Weller, per fuggire dai giri dello spaccio e in cerca di nuovi giri... o guai. Il 96 perchè continuava a inseguire Peter o meglio, il suo furgoncino come fosse un concorrente del suo Pick-up, e alla domanda: “Cosa trasporti?” Pete rispose seccamente: “Cadaveri.” per poi sdrammatizzare elegantemente tutto a tiro con “Stavo scherzando, stavo scherzando.” alla James Stewart in “Nodo alla Gola”. Il 98 semplicemente per curiosità, dato che il suo – branco – in paese non faceva altro che parlare di Lui, il 2000 – correndo – chiedeva di poterlo fare guidare, avendo ora il foglio rosa, come promessa da mantenere. Il 94, massaggiatore, stava sulle tracce di un – genio – ma la verità è che voleva provare – Emozioni – allo stesso modo di quelle che gli aveva fatto provare a Pete. e il calciatore 95 si ritrovò per caso, riconoscendo il 94 ma Pete gli confessò poi di aver già messo le “mani su di lui”... Quindi se li ritrovò tutti e 6 lì senza più spostarsi di un millimetro – lui che era ovunque, e sempre solo. Un susseguirsi di eventi, apparentemente causati da Pete, ma soprattutto di dubbi e tanti perché, nonché di – misteri – li portarono finalmente congiungersi, unirsi finendo per fare – cose nuove – che difficilmente possono realizzarsi in una compagnia normale, o più specificamente uscire dalla mente perfino della gente più perversa e trasformarsi in... realtà. Si ritrovarono allora in questo cascinato abbandonato e recintato – un edificio in cui un tempo ci abitavano famiglie povere, poi rifatto per per farla diventare una centrale del latte, poi un caseificio, infine venduto per farci quelle prove alle forze dell'ordine per addestrarle a sparare, con bersagli fatti a mò di manichino e fantocci. Ma la passione di Pete per i luoghi abbandonati confermò che quel posto situato alla periferia di B.A. fosse in disuso ormai da anni. Si riunirono lì, arrivando tutti col Pick-up del 96, caricati 2 davanti, e gli altri 5 dietro. Aveva sempre sognato questo momento, col panorama stupendo si un rosso all'orizzonte e un cielo sempre più blu e punteggiato da infinite costellazioni, perfettamente nitide e luminose, in contrasto con quella che sarebbe diventata una meravigliosa notte, stellata. Da quella stessa sera in avanti, per tutta estate, iniziò il sodalizio più illecito, irregolare e perverso che un gruppo di ragazzi potesse mai realizzare. Quell'edificio fu il loro posto di “comando”, nonché – accampamento – e proprio da lì iniziarono a mettere giù le proprie fantasticherie in contrasto con la monotonia che li circondava da quando erano nati. Iniziarono col coprire le targhe e andare lunghi viali e statali dove sapevano ci fossero le telecamere per i limiti di velocità: una serie di flash li abbaiavano da dietro le proprie macchine per sanzioni che non sarebbero mai arrivate. Anche durante i posti di blocco, provarono a non fermarsi fuggendo alle autorità senza mai farsi beccare, perdendosi o meglio, facendosi perder traccia in stradine di campagna, a luci spente, nelle zone che conoscevano centimetro per centimetro – proprio dove erano nati. E a proposito di autorità, a qualcuno gli venne la brillante idea, data la passione per la recitazione, di procurare abiti in uniforme fatti ad hoc e fingersi poliziotti, divertendosi a farne la ronda nelle ore più piccole della notte e umiliare i ragazzini della nuova generazione in giro a fumare o fare chiasso di altri paesini proponendogli di fare cose sconce a turno o fra di loro, spesso in ginocchio e contro il muro – pena il finto arresto. Successivamente, in tenuta di guardia-vedetta, spacciandosi per “quelli della sicurezza”, gustarono l'imbarazzo dei ragazzi o di alcuni viscidi adulti che nei parcheggi industriali, o dei campi da calcio o ancora meglio dei cimiteri, accostavano per qualche momento di piacere e intimità – in macchina. Poi cambiarono costumi per passare alle maschere sataniche, animalesche o aliene per far paura ai passanti in macchina del dopo party per diminuire il traffico dei ventenni dementi che volevano fare le 5 del mattino col casino che facevano per rincasare – sbronzi. Progettarono perfino le vacanze estive, a Riccione – e dove sennò? Partendo alle 2 del mattino per essere godersi l'alba dell'est sulla spiaggia piena di ragazzi – andati – che ancora dormivano, e qualcuno a caso approfittò per qualche toccatina maliziosa. Per non parlare delle porcate in albergo, a far casino la notte in corridoio bussando di porta in porta per svegliare tutti, o entrare nelle camere di ragazze – ma anche di ragazzi. E ad uno gli venne in mente, nella sua – cioè loro – più totale perversione, di aprire la finestra di una delle loro camere al terzo piano che dava sul viale D. e a gara fare lo schizzo più lungo del proprio seme cercando di colpire perlomeno qualcuno, cosa molto probabile data la quantità di passanti. Poi si trasferirono a Bordighera, sfruttando i due casinò di SanRemo e MonteCarlo per portarsi a casa un po' di fortuna, non senza qualche trucchetto barando a poker, mettendosi d'accordo col croupier della roulette, e facendo andare in tilt qualche slot per fare un bel “7-7-7”, così da ripagarsi l'intera trasferta al mare. Ritornati indietro, decisero di regolare qualche conto in sospeso con alcuni bifolchi mettendo al rogo uno spaventapasseri che dei campagnoli avevano realizzato presso il proprio campo, anche come “attrazione” e pubblicità della loro campagna, risparmiandone la testa e impiccandola davanti ad uno dei loro orti sopra un ramo di ciliegio con un messaggio: “WE'RE EVERYWHERE NOW”. Se l'erano presi col ragazzo contadino che Pete aveva seguito al supermercato, il 98, perché questi s'era staccato per unirsi ai 6. L'estate finì con la festa del paese di Pete e dell'ex campagnolo, quando un suo vecchio amico che non aveva gradito Quel messaggio lo prese sottobraccio per allontanarlo dagli altri, ma il calciatore del 95 lo afferrò subito dicendogli: “Ehi amico, non t'azzardare a toccarlo – è dei nostri ora!” poi da lì il pandemonio nella piazzetta. Al loro aiuto dei “Magnifici 7”, subentrarono un gruppo di albanesi che non gradivano, anche loro, quel gruppetto di bambini viziati che altro che piccoli lavoratori campagnoli – erano dei dannati eccentrici e indisciplinati che si credevano padroni del mondo al quale dovevano farsi dare delle belle lezioni... di vita! Dopo questo fatto – si fecero “buona” (-cioè, troppa!) pubblicità e uscirono purtroppo allo scoperto. Certo si fecero rispettare, ma ora tutti li conoscevano e non potevano esagerare con le proprie “raffinate libertà”! Il sodalizio si prolungò ben oltre l'estate. Benché ognuno avesse un proprio lavoro, e vivessero ciascuno all'interno di una famiglia con le proprie – funzioni – il gruppo cercava di stare più unito che mai, incontrandosi sempre presso l'ex-stabilimento di B.A. che era diventata una vera e propria casa – la loro. Non litigarono mai, preoccupandosi solamente di divertirsi. Erano come dei bambini, quando non erano in “missione” se ne stavano fra loro, solitamente qualcuno portava da mangiare – o se lo facevano portare dal solito porta-pizze appena conosciuto al quale non esitavano chiedergli di intrattenersi un poco, in cambio di una bella mancia – e lui accettava!
Nel frattempo Pete, che mantenne i suoi giri solitari per – riossigenarsi – e tenere del tempo per sé, intravide presso i giardinetti di P. - proprio dove ebbe la prima conversazione con “Paul Weller”, un tipo strano. Cosa aveva di singolare? Proprio nulla – era uguale a tutti gli altri ragazzini che incrociava, ma con un'eccezione: se ne stava solo a leggere. Ed era una cosa rara vederlo lì seduto su una panchina in un posto che solitamente era frequentato da ragazzi che in branchi fumavano. Lo osservò a distanza per una buona mezz'ora di un sabato pomeriggio qualunque. Poi si alzò e s'incamminò all'uscita del parchetto e via per le stradine di periferia. Così fece Pete, a distanza, notando attentamente che il ragazzo passeggiava, forse per rincasare, giocando col suo libro passandolo di mano in mano. Poi lo vide fermarsi presso la cancellata di un condominio verso i campi da gioco, in collegamento con N. Pete notò che fissava un albero, aggrappato alla ringhiera di quella che doveva essere casa sua. Ma ad un tratto la scavalcò con una tale facilità che in men che non si dica stava già dentro il giardino del condominio. “Te guarda 'sto tipo!” si disse fra sé Pete che, con un coraggio acquisito in quel periodo, si fece avanti per presentarsi. “Ehi ciao – companiero – come va?” si girò senza rispondergli. “Niente di speciale – come gli altri!” si disse Pete, per l'indifferenza e la diffidenza della nuova generazione. Ma il ragazzo alle troppe frecciatine di Pete si scusò: era sordo-muto. Gesticolava, ma Pete naturalmente non poteva capirlo, così si mise la mano sul cuore e gliela porse in segno di Pace. Il libro che teneva era la prima edizione di Harry Potter, che proprio Pete in quel periodo per coincidenza lo stava leggendo – così si misero, o perlomeno tentarono, di parlarne assieme. Gli piaceva stare con lui e non lo presentò a nessuno del gruppo, tenendoselo tutto per sé. Quello sguardo candido, semplice – quasi fuggente, segnato dall'handicap che l'ha costretto rifugiarsi in un mondo tutto suo, che poi non era tanto diverso da quello di Pete – fra pensieri e parole. Promise anche a lui di insegnargli a guidare, dopo tutti i permessi speciali che doveva chiedere per poter conseguire l'esame.
Fra le bizzarrie, si divertirono poi a giocare con le lanterne cinesi – si ma presso l'aeroporto, mandando in tilt il traffico aereo notturno durante il mese d'agosto! Nelle notti bianche dei paesini della zona, era abitudine togliere o addirittura rimettere dopo gli eventi a fine serata le transenne per limitare il traffico, prolungando la serata e far rimanere in mezzo alla strada la gente in festa senza essere disturbati dalle auto. Iniziarono i primi freddi, e il gruppetto continuava a divertirsi rubando dai giardinetti ben curati di case tutte uguali presso C. i nani da giardino, per collezionarli e tenerseli come trofei, ciascuno con le proprie – referenze – o meglio, tracciabilità, trascritte sotto ogni statuetta. Così di bar in bar conservando i boccali di birra, firmati. Non mancarono di scippare denaro in chiesa fino alle case di cura, spacciandosi per nipoti o assistenti e facendosi dare mance e offerte libere. Intanto i giornali locali incominciarono a raccontare tutti questi fatti, attribuendoli a ragazzi più giovani. Loro per il momento non volevano uscire allo scoperto, perchè non gliene fregava nulla di apparire – avevano già passato quella fase eccentrica adolescenziale in cui è il mondo a girare intorno a loro. Lo facevano semplicemente per puro divertimento, passatempo e per certi atti, più fra loro, in intimità, per esigenze ormonali (…), ma anche perchè effettivamente si volevano davvero bene. Fecero certamente una sotto-specie di pubblicità, così da lasciare qualche indizio, per far dare un nome e – accontentare – chi ne voleva parlare, fra gli abitanti dei paesini e quei viscidi giornalisti da 4 soldi, e una fine la vollero fare la vigilia del Natale, quando uniti tutti e 7 in fondo la chiesa per la messa di Natale, fecero tremare il prete che fu costretto a interrompere la celebrazione incominciando a invocare lo Spirito Santo in latino o chissà quale lingua antica per esorcizzare quei dannati, cioè loro 7, che indossavano le maschere sataniche di tutti i tipi, spaventando tutti i presenti presso la chiesa di N. La verità è che volevano semplicemente ricevere la benedizione e mangiare il “corpo di Cristo”, in modo simpatico – come allegoria del cattivo o dei maligni che si redimono, affidandosi al Divino.
Furono eterni ragazzi, dei mattacchioni, perchè alla fine non furono aggressivi contro nessuno. Non compirono omicidi o delitti, o crimini seri – nessuno di loro alzò le mani contro nessuno, eccezion fatta per quel gruppetto di ragazzini del paese, ma più per difesa. E si consegnarono facilmente alla Legge che li avrebbe aspettati fuori dalla chiesa, sorridendo, cioè sorridenti – col sorriso sulle labbra, probabilmente ripensando a tutte le – goliardate – che si sono fatte in questo periodo, e magari pensando con tutta calma a nuovi progetti per la Primavera che sarebbe tardata ad arrivare, almeno per Loro. Pete, appena entrano nell'auto dei carabinieri, si voltò al finestrino notando l'ultimo ragazzino conosciuto, presente certamente a messa e godendo di tutta quella pagliacciata che lo fece sorridere, compiaciuto. Era quel – sorridere – candido e innocente che tanto mancava sui volti della nuova generazione, che a Pete tanto ricercava. Chiese allora all'agente di tirare giù il finestrino, mentre stavano partendo, così da cacciare fuori la testa e urlandogli lentamente per fargli leggere le labbra: “Sventola foglio rosa, sventola foglio rosa – quando l'avrai!”.



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Racconto scritto il 25/06/2022 - 10:39
Da Pietro Valli
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