L'ira rocka della Tanzia (di Anna C. e Mirko D. M.)
"Ehi, Tanzia... balla. Che c'è, non ti piacciono i Decibel?".
Intanto Tancredi con un piede sul portaombrelli da terra puliva il muso a Crice-cretino, come diceva lui per fare rabbia all'Anzina, e canticchiava "Chi sei contessa? -zum pal là "Tu non sei più la stessa".
Quando la donna ancora scossa entrò a casa, in una mano la gabbietta del cricetino e per l'altro braccio Tancredi che continuava a cantare della Contessa e zum pappà, aveva la voce roca dal tanto sbraitare. Se ne accorse quando salutò la vicina di pianerottolo che fece le moine all'animaletto "Cretti... mmm cicci bellino di Mariuccia tua".
Irabonda per la serata, Tanzia salutò di nuovo e mise il marito nel letto a scomparsa senza aprirlo; Cricecrettino nella pantofola che gli avevano regalato i suoi coscritti del circolo degli etologi, e si coricò.
Era così messo, mesto al risveglio dopo una notte strana praticamente in piedi nel letto, Tancredi che disse tra sé e Cricecrettino che aveva bisogno di una pausa dalla voce di Tanzia; che sì, le voleva tanto bene ma non ne poteva più del suo cicalare nervoso e querulo da notte a dì.
Alla radiolina del cucinotto Il mare d’inverno del Ruggeri, che chissà per quale diavolo che non fa i coperchi –si limitò a pensare, critico- decise di lasciare i Decibel…
“Oh, sì. Al mare in inverno, ah senza nessuno a rigirar mestoli e bla bla a vanvera sulle pentole; che poi se non era per me che sganciai i soldi del biglietto, la Tanzia mica andava a farsi un giro sul pullman dove svendevano padelle. Avessero almeno comprato lei!!” e sghignazzò piano piano “Mai che avesse avuto voglia di lavorare, eh no lei solo voglia di sferruzzare!”.
Intanto la sentiva parlare al telefono della serata al circolo, lasciare in attesa la malcapitata nella cornetta tra i gerani per ripetere il racconto dalla finestra alle condomine del palazzo di fronte. Ogni volta aggiungendo qualcosa di più.
"Tanzia… Anzinaa a aa, io vado" lui sulla porta, solito zaino in spalla e tutto sbarbato.
"Ma cosa, ma dove, con chi, perché, e quando torni?! E se stai male!? Il cellulare?" lei con la torta, soliti ferri da maglia e tutta sbalordita.
"Ma sì, il cellulare… così mi chiami ogni ora. L'ho lasciato a Cretti, chiama lui! Torno quando torno, tu intanto fammi un pullover!".
In vespa però era lontano, così Tancredi prese un tram attaccandosi alla maniglia; anche perché voleva provare quel modo di dire Attaccati al tram.
Arrivò al mare, e quando scese la sciarpa per la brezza decembrina si fece rigida come a Fantozzi in un certo film.
L'immensità del mare lo rapì istantaneamente e in men che non si dica, su un lettino di fortuna coi cartoni lasciati liberi da un senzatetto, si assopì. E sognò: la spiaggia assolata, un caldo che nemmeno in Tanzania ad Agosto! Nessuno all'orizzonte, palme e acqua cristallina.
"Ma sorbole, dove son mai capitato! " si ripeteva il Tancredi del sogno che non era più assiderato. E si mise a far le sabbiature. Sempre nel sogno sul mare in lontananza un ragazzetto abbronzato, molto rosolato col surf sull'onda planava. Appena quello fu a riva, incuriosito si precipitò a rubargli la tavola e pancia in sotto nuotò sul surf verso l'orizzonte. Si mise in piedi ma pluff, giù a dirotto nel blu profondo… intorno polpi, pesciolini variopinti, e una stella marina con la bocca dell’Anzina tentò di baciarlo lasciandogli del sale sulla guancia. Nuotava sott'acqua ma ansimava: i pesci lo chiamavano, lo tiravano sbattendolo di qua e di là, parlavano e i suoni increspavano l'acqua.
Lo svegliò una voce gracchiante che lo chiamava per nome: non poteva crederci, la Mariuccia vicina di pianerottolo che gli chiedeva di Tanzia!
(Le giornate del Tancredi in pensione)
Voto: | su 3 votanti |