Scrivete un testo all’interno del quale ci sia la frase di una canzone che è motivo di ispirazione p
Le istruzioni sono:
Anche in questo caso Vi chiediamo di apporre una nota in calce con il titolo
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Non mi basti mai
Alice giunse a destinazione in un’afosa mattina di giugno. L’attendeva una città di Milano assolata, in contrasto col suo animo cupo di chi è ancora al centro di una tempesta.
Era partita un’ora prima da Bologna ripromettendosi di non cedere, ma quando il treno stava per giungere in stazione, non riuscì a resistere ed indossò gli auricolari del suo lettore mp3. La melodia di una delle canzoni di Lucio Dalla rese Alice ancora più inquieta e depressa; quelle note erano state la colonna sonora degli ultimi mesi.
Nel dicembre dell’anno precedente, appena assunta come ragioniera in un prestigioso studio di Bologna, non stava nella pelle per quell’agognato impiego ottenuto dopo aver tanto studiato.
Il colloquio l’aveva sostenuto con Riccardo, uno dei soci dell’ufficio, dallo sguardo comprensivo e i modi cordiali, che subito l’aveva fatta sentire a suo agio. Alice era stata assunta e tra loro si instaurò subito un rapporto di collaborazione fondato sulla fiducia e sulla stima reciproca. I due si trovarono a trascorrere tanto tempo insieme; Riccardo chiedeva spesso il suo aiuto, mentre la donna accettava volentieri di seguirlo in commissioni anche al di fuori dello studio.
Pian piano Alice cominciò a sentirsi attratta da quell’uomo, di cui ammirava la caparbietà, la determinazione sul lavoro, nonché la disponibilità verso gli altri. Riccardo invece si perdeva nei suoi occhi limpidi ed espressivi quando lei gli parlava dei progetti per l’avvenire o snocciolava le ricette dei suoi piatti preferiti.
All’inizio della primavera tra i due sbocciò un sentimento fresco come una brezza d’aprile e allo stesso tempo impetuoso come un vento di burrasca in pieno inverno. Riccardo aveva circa trent’anni, era sposato e padre di un bambino di alcuni mesi, ma nonostante i buoni propositi non riuscì a resistere a quell’amore che stava per travolgerli. L’entusiasmo di Alice ed il profumo della sua pelle gli avevano rubato il sonno e il cuore.
Le uscite di lavoro si trasformarono di lì a poco in passeggiate romantiche sotto gli interminabili portici di via Indipendenza, da cui si scorgevano le due Torri che emergevano dalla foschia cittadina come alberi di un vascello. Alice aveva l’impressione che gli antichi edifici la scrutassero dall’alto con fare inquisitorio, facendola sentire ancora più colpevole per il fatto di sapere che Riccardo fosse un uomo impegnato.
Avrebbe voluto scappare ma allo stesso tempo non riusciva a stare senza di lui. Ogni angolo di strada diventava l’occasione per sfiorarlo furtivamente e gli androni dei palazzi posti appartati dove poterlo abbracciare e soddisfare l’urgenza di quel giovane amore.
Durante una pausa pranzo nell’ufficio deserto, un giorno Riccardo le confessò: “Dovrei starti lontano, invece ho bisogno di averti vicino, Alice, ho bisogno di te”. Alice lo guardò traboccante d’amore e si lasciò andare tra le sue braccia senza pensare alle conseguenze e al giudizio della sua coscienza.
In un pomeriggio di maggio, mentre passeggiavano lungo via D’Azeglio avvolti dalla tenue luce dell’imbrunire, furono accompagnati dalla romantica melodia di una delle canzoni di Lucio Dalla proveniente dagli altoparlanti posti ai bordi della strada. Riccardo non poté fare a meno di seguirne il testo: “Vorrei essere l’anello che porterai, la spiaggia dove camminerai…così non ci lasceremo mai, neanche se muoio e lo sai. Tu, tu non mi basti mai, davvero non mi basti mai…”.
Si voltò verso Alice: “Chi ha scritto parole così intense, deve averle vissute almeno una volta nella vita”, osservò commosso. La donna ricambiò il suo sguardo e realizzò di non aver mai amato nessuno come Riccardo.
Sapeva però che lui non gli apparteneva. Ne ebbe triste conferma un sabato pomeriggio, mentre camminava con un'amica lungo i viali dei Giardini Margherita. D’improvviso intravide da lontano proprio Riccardo con a fianco la moglie ed il loro bimbo nel passeggino. Fece finta di non vederli, ma si sentì impazzire e provò un forte senso di nausea. Quell’incontro la riportò con i piedi per terra. L’indomani, al rientro in ufficio, si mostrò sfuggente nei confronti del suo capo.
“Mi vuoi dire cosa ti prende?”, le chiese Riccardo appena ne ebbe l’occasione. “Non capisco, ti ho fatto qualcosa?”
Guardandolo negli occhi, Alice non riuscì a trattenere il pianto. “Mi dispiace, ho sbagliato tutto. Sei un uomo sposato ed io non ho alcun diritto di intromettermi nella tua vita”.
“Se è per questo, abbiamo sbagliato entrambi, anzi io mi sento un marito deplorevole. Ho intenzione di parlare con mia moglie”.
“Ma io non voglio privarti della tua vita, soprattutto di tuo figlio. Non riuscirei più a guardarmi allo specchio ed anche tu, con il tempo, mi vedresti come la donna che ti ha allontanato da lui”, replicò Alice con voce roca.
Riccardo la strinse a sé. “Non so cosa accadrà in futuro, ma so che non ho mai amato nessuna come te”.
Poi aggiunse: "Forse si ama una sola volta nella vita"
L’indomani Alice, disperata, rassegnò le dimissioni e inviò a Riccardo un messaggio sul cellulare. “Domani parto per Milano, sarò ospite di mia cugina per qualche tempo”. Poi aggiunse: “Mi dispiace tanto”.
La mattina seguente Alice, seduta al bar della stazione, si aspettò di vedere Riccardo correrle incontro. Ma non accadde.
Così pagò il caffè e raggiunse il binario.
Era partita un’ora prima da Bologna ripromettendosi di non cedere, ma quando il treno stava per giungere in stazione, non riuscì a resistere ed indossò gli auricolari del suo lettore mp3. La melodia di una delle canzoni di Lucio Dalla rese Alice ancora più inquieta e depressa; quelle note erano state la colonna sonora degli ultimi mesi.
Nel dicembre dell’anno precedente, appena assunta come ragioniera in un prestigioso studio di Bologna, non stava nella pelle per quell’agognato impiego ottenuto dopo aver tanto studiato.
Il colloquio l’aveva sostenuto con Riccardo, uno dei soci dell’ufficio, dallo sguardo comprensivo e i modi cordiali, che subito l’aveva fatta sentire a suo agio. Alice era stata assunta e tra loro si instaurò subito un rapporto di collaborazione fondato sulla fiducia e sulla stima reciproca. I due si trovarono a trascorrere tanto tempo insieme; Riccardo chiedeva spesso il suo aiuto, mentre la donna accettava volentieri di seguirlo in commissioni anche al di fuori dello studio.
Pian piano Alice cominciò a sentirsi attratta da quell’uomo, di cui ammirava la caparbietà, la determinazione sul lavoro, nonché la disponibilità verso gli altri. Riccardo invece si perdeva nei suoi occhi limpidi ed espressivi quando lei gli parlava dei progetti per l’avvenire o snocciolava le ricette dei suoi piatti preferiti.
All’inizio della primavera tra i due sbocciò un sentimento fresco come una brezza d’aprile e allo stesso tempo impetuoso come un vento di burrasca in pieno inverno. Riccardo aveva circa trent’anni, era sposato e padre di un bambino di alcuni mesi, ma nonostante i buoni propositi non riuscì a resistere a quell’amore che stava per travolgerli. L’entusiasmo di Alice ed il profumo della sua pelle gli avevano rubato il sonno e il cuore.
Le uscite di lavoro si trasformarono di lì a poco in passeggiate romantiche sotto gli interminabili portici di via Indipendenza, da cui si scorgevano le due Torri che emergevano dalla foschia cittadina come alberi di un vascello. Alice aveva l’impressione che gli antichi edifici la scrutassero dall’alto con fare inquisitorio, facendola sentire ancora più colpevole per il fatto di sapere che Riccardo fosse un uomo impegnato.
Avrebbe voluto scappare ma allo stesso tempo non riusciva a stare senza di lui. Ogni angolo di strada diventava l’occasione per sfiorarlo furtivamente e gli androni dei palazzi posti appartati dove poterlo abbracciare e soddisfare l’urgenza di quel giovane amore.
Durante una pausa pranzo nell’ufficio deserto, un giorno Riccardo le confessò: “Dovrei starti lontano, invece ho bisogno di averti vicino, Alice, ho bisogno di te”. Alice lo guardò traboccante d’amore e si lasciò andare tra le sue braccia senza pensare alle conseguenze e al giudizio della sua coscienza.
In un pomeriggio di maggio, mentre passeggiavano lungo via D’Azeglio avvolti dalla tenue luce dell’imbrunire, furono accompagnati dalla romantica melodia di una delle canzoni di Lucio Dalla proveniente dagli altoparlanti posti ai bordi della strada. Riccardo non poté fare a meno di seguirne il testo: “Vorrei essere l’anello che porterai, la spiaggia dove camminerai…così non ci lasceremo mai, neanche se muoio e lo sai. Tu, tu non mi basti mai, davvero non mi basti mai…”.
Si voltò verso Alice: “Chi ha scritto parole così intense, deve averle vissute almeno una volta nella vita”, osservò commosso. La donna ricambiò il suo sguardo e realizzò di non aver mai amato nessuno come Riccardo.
Sapeva però che lui non gli apparteneva. Ne ebbe triste conferma un sabato pomeriggio, mentre camminava con un'amica lungo i viali dei Giardini Margherita. D’improvviso intravide da lontano proprio Riccardo con a fianco la moglie ed il loro bimbo nel passeggino. Fece finta di non vederli, ma si sentì impazzire e provò un forte senso di nausea. Quell’incontro la riportò con i piedi per terra. L’indomani, al rientro in ufficio, si mostrò sfuggente nei confronti del suo capo.
“Mi vuoi dire cosa ti prende?”, le chiese Riccardo appena ne ebbe l’occasione. “Non capisco, ti ho fatto qualcosa?”
Guardandolo negli occhi, Alice non riuscì a trattenere il pianto. “Mi dispiace, ho sbagliato tutto. Sei un uomo sposato ed io non ho alcun diritto di intromettermi nella tua vita”.
“Se è per questo, abbiamo sbagliato entrambi, anzi io mi sento un marito deplorevole. Ho intenzione di parlare con mia moglie”.
“Ma io non voglio privarti della tua vita, soprattutto di tuo figlio. Non riuscirei più a guardarmi allo specchio ed anche tu, con il tempo, mi vedresti come la donna che ti ha allontanato da lui”, replicò Alice con voce roca.
Riccardo la strinse a sé. “Non so cosa accadrà in futuro, ma so che non ho mai amato nessuna come te”.
Poi aggiunse: "Forse si ama una sola volta nella vita"
L’indomani Alice, disperata, rassegnò le dimissioni e inviò a Riccardo un messaggio sul cellulare. “Domani parto per Milano, sarò ospite di mia cugina per qualche tempo”. Poi aggiunse: “Mi dispiace tanto”.
La mattina seguente Alice, seduta al bar della stazione, si aspettò di vedere Riccardo correrle incontro. Ma non accadde.
Così pagò il caffè e raggiunse il binario.
Il Frecciarossa fendeva l’aria densa ed afosa di Milano centrale, mentre negli auricolari sfumavano le note della loro canzone. Poco dopo la donna recuperò il bagaglio e scese facendosi largo tra i passeggeri; fu allora che vide sua cugina agitare le braccia per farsi riconoscere. Cercò di ricambiare con entusiasmo il saluto, nascondendo lo sguardo arrossato dietro gli occhiali da sole.
Poi si avviarono verso l’uscita, dove Alice finse di ascoltare gli ultimi pettegolezzi di famiglia, ma già nella sua mente si insinuava, prepotente, un dubbio.
Forse Riccardo aveva ragione, pensò. Si ama una sola volta nella vita.
Nota: "Tu non mi basti mai - Lucio Dalla
Dedicata alla città di Bologna.
Scrittura creativa scritta il 27/10/2024 - 09:42
Letta n.165 volte.
Voto: | su 1 votanti |
Commenti
Ti ringrazio, Maria Luisa, per la lettura e il commento
PAOLA SALZANO 28/10/2024 - 18:25
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Complimenti: un romantico, seppur triste racconto, ben raccontato.
Brava!
Brava!
Maria Luisa Bandiera 28/10/2024 - 09:01
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