La stretta finale (seconda parte)
L’ispettore Berger aveva trascorso le ultime sette ore, avvolto da una coltre di fumo, a rileggere il referto del dottor Schug, le oltre centosettanta pagine della scientifica e la cartella clinica della paziente Monika Ziegler e proprio qui notò qualcosa che richiedeva un chiarimento con il direttore. Naturalmente la cartella clinica era fotocopiata ma in una pagina era rimasto il segno di una graffetta dove probabilmente c’era un documento o una fotografia, solo che questo misterioso reperto non c’era.
Mentre spegneva l’ennesima sigaretta nel posacenere sulla scrivania, all’improvviso suonò il telefono facendolo sobbalzare: << Pronto! >>
<< ...Markus, sei ancora lì?! Ascoltami, vai a casa, hai pure un cane che t’aspetta, portalo fuori a fare pipì! >>
<< Andreas, ha tutto il giardinetto a disposizione per la pipì, non ho bisogno di portarlo fuori. >>
<< Fa come vuoi. Cosa hai scoperto? >>
<< E’ una storia lunga, te la racconto domani. >>
<< No, dai. Per la miseria, non puoi lasciarmi così, perché sei scappato via oggi?! >>
<< Ok, Andreas. Non è stato un omicidio, la ragazza si è davvero tolta la vita come ha scritto il dottor Schug. >>
<< Cosa stai dicendo, Markus! Sei stanco, non ragioni più, non riposi da quasi quarantotto ore... >>
<< No, Andreas, ascoltami. Quando a pranzo hai detto “non ci arrivo a prendere il sale” ho pensato ad una cosa; è vero che la ragazza è morta lentamente per asfissia dovuta al cappio e che avrebbe avuto il tempo di strapparsi un’unghia e di scrivere sul muro, ma la domanda è questa: “ci sarebbe potuta arrivare ad appoggiare il dito alla parete nella posizione in cui era appesa?” >>
Dall’altra parte della cornetta era calato il silenzio.
<< La risposta è no, il braccio della ragazza è lungo 68 cm e, nella posizione in cui era appesa, il corpo distava dal muro 92 cm. La ragazza s’è strappata l’unghia e ha scritto il nome prima di togliersi la vita, dopodiché è salita sul gabinetto, ha passato la corda sulla trave, ha fatto il nodo e s’è impiccata; il dottor Schug ha sempre ragione! >>
<< Assurdo, Markus, assurdo...sono senza parole...ma perché si sarebbe tolta la vita? Perché c’erano le tracce del dottor Voigt nel bagno? E soprattutto perché ci ha mentito? >>
<< Credo di sapere il perché ma per il momento le mie sono tutte supposizioni, domattina devo andare a parlare con il direttore e forse ti saprò dire di più. >>
<< Va bene, Markus. Buonanotte. >>
<< Buonanotte, Andreas. E domani goditi il giorno di permesso con i tuoi figli. >>
L’ispettore Berger prese nuovamente la cassetta video e la fece scorrere avanti e indietro una decina di volte, all’improvviso fermò il filmato e ingrandì l’immagine. Forse le sue supposizioni non erano sbagliate, anzi si stavano trasformando in sconvolgenti verità.
Manicomio di Meckenbeuren, sabato ore 11:30
L’ispettore Berger uscì dalla stanza del direttore e si diresse verso il reparto C, attraversò la piazzetta ed entrò nell’edificio.
La dottoressa Herzberg stava completando la cartella di un paziente che si era ricoverato da poco. Berger notò che l’uomo aveva delle escoriazioni lungo le braccia e le gambe e continuava ad agitarsi nel letto.
<< Buongiorno, dottoressa. >>
<< Oh, buongiorno ispettore. >> La dottoressa sembrava sorpresa di vederlo. La notizia dell’arresto del dottor Voigt aveva sconvolto tutti il giorno prima. L’ispettore decise di metterla a suo agio.
<< Cos’ha quest’uomo, perché è così agitato? >>. Chiese Berger con scarso interesse.
<< Delirium tremens. >>
<< Eh? >>
<< Mi scusi ispettore, sindrome da astinenza da alcool, il paziente è un alcolista cronico e ogni tanto viene a disintossicarsi nel nostro reparto. In questo momento è in preda ad allucinazioni, crede di vedere dei ragni o degli insetti che gli camminano su tutto il corpo e cerca di grattarseli via. Fra qualche minuto starà meglio, gli ho già somministrato una dose di alprazolam. >>
Nonostante la digressione scientifica, Berger notò che la dottoressa non era tranquilla, portava istintivamente la mano vicino ai capelli, probabilmente per sistemarseli dietro l’orecchio, ma non concludeva mai l’operazione.
<< Dottoressa, possiamo parlare in un luogo tranquillo? >>
<< Si, si, certo. Andiamo nella stanza medici. >>
Uno strano lampo passò negli occhi azzurri della dottoressa. L’ispettore non potè non notare la magrezza delle gambe e delle braccia e l’assenza quasi totale del seno, un moto di tristezza attraversò il cuore dell’ispettore, quella donna sembrava veramente più vecchia della sua età e lui sapeva il perché.
<< Dottoressa, ho letto la cartella clinica di Monika Ziegler. >>
La dottoressa non disse nulla, aspettò che l’ispettore decidesse di continuare da solo.
<< Monika Ziegler si ricovera in questo istituto due settimane fa, la diagnosi di entrata è disturbo post-traumatico da stress dovuto a violenza sessuale. Come ha scritto lei in anamnesi, la signorina si presenta sola quando entra in manicomio, non un parente né un’amica ad accompagnarla, forse è fuggita da casa. >>
Berger notò che una piccola lacrima trasparente cominciò a solcare una guancia della dottoressa.
<< Poi d’improvviso si interrompe, perché non ha scritto più niente in cartella? >>
La dottoressa si asciugò la lacrima con un dito e decise di parlare: << Non scriviamo tutto, ispettore. Segnaliamo solo le cose più importanti. La ragazza probabilmente era scappata da una casa d’accoglienza o dalla sua famiglia e... >>
<< No, dottoressa. Lei sa benissimo da dove era scappata, perché non ha scritto chi è stato il violentatore della ragazza? >>
<< Non me l’ha detto. >> Rispose in modo deciso.
<< Ah, non gliel’ha detto. >> L’ispettore si fece incalzante. << E allora, dottoressa, lasci che le racconti una storia:
Monika Ziegler nasce a Zurigo nel giugno del 1951, figlia unica di una famiglia benestante, suo padre era un ricco bancario ma la sfortuna volle che perdesse entrambi i genitori nel disastro aereo avvenuto il 24 gennaio del 1966. La ragazza all’epoca aveva quindici anni e viene affidata al suo unico zio. Questi purtroppo pensa solo ai soldi e non si occupa della nipote che, sola e disperata, non trova di meglio che rifugiarsi nella droga. Lo zio un giorno lo scopre e la fa rinchiudere in un centro di recupero, mette una firma e abbandona la nipote senza più cercarla. Qui Monika incontra il suo violentatore, colui che la sevizia per quasi tre anni, si chiamava Karl Fisher ed era il medico dell’istituto. Monika all’età di diciotto anni esce dall’istituto ma è una ragazza sola e trova vitto e alloggio in varie case famiglie dove svolge qualche lavoretto. La notizia della morte di Fisher, avvenuta due mesi fa in seguito ad un incidente stradale, riaccende nella mente di Monika le violenze subite e mai dimenticate e così decide di ricoverarsi nel vostro istituto.
Son sicuro che il giorno che si presenta da lei, dottoressa, la ragazza avesse con sé una foto di Fisher ritagliata da un articolo del Bild. Ma poi succede qualcosa mentre lei allega la foto in cartella, probabilmente mette il pollice sopra la parte superiore del ritaglio e il viso di Fisher si trasforma magicamente in quello del dottor Voigt, stessi occhi, stessi baffi, l’unica differenza stava solo nei capelli. A quel punto mette da parte o butta la foto ma dimentica di togliere la graffetta che verrà poi fotocopiata nella pagina della cartella clinica in mio possesso. >>
<< Che cosa vuole insinuare, ispettore? >> La voce della dottoressa sembrava arrivare dall’oltretomba.
<< Mi lasci finire, dottoressa. Adesso viene la parte migliore. La ragazza sta ricoverata nel suo reparto una settimana ma incredibilmente invece di migliorare peggiora, nonostante le cure. E così lei chiede il trasferimento, mettendo la ragazza dalla padella alla brace. Son sicuro, dottoressa, che lei abbia rinforzato giorno dopo giorno le paure della ragazza e le abbia tolto il sonno, non posso sapere con precisione le parole che ha usato ma sono certo che abbia convinto la ragazza che Fisher era ancora vivo e che sarebbe tornato a cercarla. Insomma le ha fatto credere che quell’incubo non sarebbe mai finito se non con il suicidio... >>
<< Ma la ragazza è stata uccisa! Avete arrestato ieri il dottor Voigt! >>
<< No, dottoressa. Non è stato un omicidio, la ragazza s’è tolta la vita da sola. >>
<< Come fa a dirlo? La notizia era stamattina su tutti i giornali, il dottor Voigt ha mentito, è stato lui ad impiccare la ragazza, ha lasciato le sue tracce sul luogo del delitto! >>
<< No, non è andata così. Il dottor Voigt ha detto la verità, quella sera era a casa sua. La telecamera ha ripreso semplicemente qualcuno che gli somigliava che entrava in reparto e quella persona era lei, dottoressa. Ha inscenato un travestimento perfetto, sfruttando anche la scarsa risoluzione della telecamera, però ha commesso un errore, ha indossato il suo camice che ha l’attaccatura dei bottoni da destra verso sinistra, tipicamente femminile. È entrata nell’atrio, ha salutato con un cenno della mano il portiere che è miope di venti diottrie, ha indossato dei guanti in lattice, ha staccato la corda della campanella della mensa ed è andata a posizionarla nel bagno. Dopodiché non le restava altro da fare che mettere paura alla ragazza, magari fermandosi davanti alla porta della stanza e indirizzarla verso il bagno. Ma qui è successa una cosa che non poteva prevedere, la ragazza in preda alla disperazione si strappa un’unghia e col sangue scrive sul muro il motivo del gesto che sta per compiere, poi prende la corda e si impicca. Probabilmente è ancora viva quando lei entra nel bagno per posare per terra un pelo del dottor Voigt e qui fa il secondo errore, forse per colpa del sudore le si stacca un baffo e cerca di rimetterlo a posto e nel fare questo rompe una piccola fibra sintetica che si deposita sulla chiazzetta di sangue per terra. Non si agiti, dottoressa! Abbiamo già verificato. La fibra è compatibile con il paio di baffi ritrovati a casa sua questa mattina. Sinceramente credo che non avremmo mai potuto dimostrare niente se non fosse stato per questa fibra. Lei doveva essere sicura che il dottor Voigt sarebbe stato incolpato dell’omicidio e questo ancora non riesco a spiegarmelo...perché?! E come ha fatto a prendere il pelo del dottore? >>
L’ispettore vide il muro di reticenza che si sgretolava sotto i suoi occhi, l’espressione della dottoressa adesso era diventata serena, a tratti malinconica, cominciò a parlare con grande calma.
<< Lei mi chiede perché, ispettore. Bene, le dirò tutto. Quando arrivai in questo istituto cinque anni fa ero ancora giovane ed inesperta, mi aiutarono molto ad inserirmi il dottor Voigt e il dottor Frahnert. Naturalmente rimasi molto colpita dalla bellezza di Matthias, lui era sempre molto gentile e disponibile con me e poi aveva un modo di fare con i pazienti che mi piaceva molto e così giorno dopo giorno me ne innamorai. Purtroppo scoprì quasi subito che era già fidanzato ma non mi diedi per vinta e così spesso gli inviavo dei fiori con dei bigliettini anonimi nella speranza che lui capisse. Non ho potuto fare molto di più, pochi mesi dopo scoprì che ero malata di cancro alle mammelle, “carcinoma duttale infiltrante” sentenziava il referto della biopsia e così fui sottoposta a mastectomia bilaterale accompagnata da radio e chemioterapia. La mia vita si trasformò presto in un calvario, cominciai a dimagrire, persi i capelli. Diventai così brutta che rinunciai a confessare il mio amore a Matthias. Mi sentivo morire dentro, ispettore, e non era il cancro. Una vita senza amore non vale la pena d’essere vissuta. Inoltre, come ciliegina sulla torta, qualche settimana fa arriva sulla mia scrivania l’invito al matrimonio di Matthias. Ho pensato di togliermi la vita, ispettore. >>
La dottoressa aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori una Luger P08. Berger sentì i battiti accelerare.
<< Dove ha preso la pistola, dottoressa? >>
<< Era di mio padre, faceva il poliziotto ma teneva una pistola in casa dentro il cassetto del suo studio. Diceva sempre che la sicurezza non è mai troppa. >> Abbozzò un sorriso.
<< Me la dia per favore. >> Disse con voce calma l’ispettore.
La dottoressa ignorò la richiesta dell’ispettore e continuò: << Ho comprato anche le munizioni, sa? L’ho caricata ma non l’ho mai provata. Ma poi un giorno si presenta in reparto Monika Ziegler e come ha detto lei, ispettore, noto immediatamente la somiglianza del suo violentatore con il dottor Voigt. Non è stato difficile per me farle credere che Karl prima o poi sarebbe ritornato, “certi incubi non finiscono mai”, “tornerà dalla tomba per ucciderti” e lei tremava di paura. Naturalmente invece dei calmanti le somministrai un placebo e così giorno dopo giorno peggiorava sempre più, fin quando chiesi il trasferimento. Purtroppo, appena arrivò al reparto B, la ragazza fu subito sedata e dormì per quasi quattro giorni. Il giorno del suicidio, il dottor Voigt uscì prima dall’istituto e così capì che era arrivato il momento di agire. Mi tolsi la parrucca, mi attaccai dei baffi finti e andai nel suo reparto, il resto è andato esattamente come ha immaginato lei, ispettore. La ragazza in passato aveva subito le violenze durante la notte e spesso non riusciva a dormire, così quando mi vide sulla soglia della porta cominciò a correre verso il bagno dove le avevo già posizionato la corda e si chiuse dentro. Le dissi che ero tornato per violentarla non una ma mille volte e a quel punto sentii un lamento di sofferenza. Il tempo che aprì la porta con la mia chiave di servizio e la trovai ancora agonizzante appesa alla corda, poggiai il pelo di Matthias per terra ed uscì. >>
<< Dove ha preso il pelo, dottoressa? >>
<< Ispettore, quando si è innamorati si diventa un po’ feticisti. Trovai quel pelo di Matthias in un libro sulla schizofrenia che mi prestò lui stesso. Naturalmente lo conservai come una reliquia fino a due giorni fa. Si rende conto? Aveva deciso di sposarsi, lo stavo perdendo per sempre, non me lo potevo permettere, se non poteva essere mio non lo sarebbe stato di nessuno. >>
D’improvviso Berger vide un’ombra che si andava materializzando dietro la porta alle spalle delle dottoressa, era Andreas Schneider e teneva una pistola puntata in mano.
<< Butti la pistola e alzi le mani, dottoressa Herzberg! >> urlò Schneider.
La dottoressa sembrò non sentirlo neanche, continuava a ripetere come in una cantilena “o mio o di nessuno, o mio o di nessuno” accompagnato da un movimento avanti e indietro della testa e del corpo.
Berger provò a farla tornare alla realtà: << Dottoressa, è tutto finito, mi sente? Metta giù la pistola, lei ha bisogno di cure, vedrà che... >>
<< Ha ragione, ispettore...è tutto finito! >> E con un movimento veloce, che colse di sorpresa i due ispettori, si infilò la pistola in bocca e sparò.
Un flutto di sangue e materia cerebrale partì dalla calotta cranica come l’esplosione di un vulcano in eruzione. Il corpo si accasciò a terra con la stessa grazia di un burattino a cui avessero tagliato i fili, mentre una pioggerellina di polvere da sparo e sangue che colava dal tetto si andava a depositare sul viso della dottoressa ricoprendola come un sudario.
Berger non dormì per altre due notti, poi capì che lui in fondo non poteva farci niente per quello che era successo, a volte il destino fa il suo corso, dopotutto la dottoressa aveva già deciso di togliersi la vita una settimana prima d’incontrare Monika Ziegler. L’amore e l’odio, la vita e la morte, a volte il legame è così sottile che la mente umana non può capire le invisibili leggi della natura.
Cimitero di Meckenbeuren, giorni nostri
Con uno scricchiolio di articolazioni l’uomo smonta dalla macchina e si incammina verso il cimitero, passa sotto l’arco d’entrata e, dopo aver sceso con grande difficoltà le scale, tira fuori dal taschino un fazzoletto e si asciuga l’ampia fronte sudata. Una volta giunto davanti all’obiettivo, si inginocchia con estrema lentezza e inizia a recitare una silenziosa preghiera muovendo le labbra sotto i folti baffi bianchi.
La foto ormai ingiallita di Jane Herzberg osserva da dietro il vetro una mano sinistra senza fede che ancora una volta le poggia delicatamente un mazzo di fiori accanto.
Esattamente ad un palmo da terra a circa due metri di distanza, nascosta fra le foglie, una mantide religiosa sta divorando il suo partner dopo essere stata fecondata. Il rumore della cuticola che si frantuma fra le potenti fauci si confonde nei suoni dell’ambiente circostante. Le zampe si muovono avanti e indietro in una danza dell’orrore. Lei lo guarda negli occhi e sembra quasi baciarlo nella sua stretta finale.
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